Il mito delle Air Jordan inventato da un calabrese: la storia di Sonny Vaccaro
L’uomo che chiese alla Nike di mettere sotto contratto l’atleta: «Inizialmente non erano molto convinti, ma insistetti. Anzi feci di più: mi giocai lo stipendio»
CATANZARO - «L’uomo dalla scarpa d’oro», come lo definisce Emanuela Audisio su Repubblica, è originario della Calabria, e per la precisione di Falerna, in provincia di Catanzaro. Sonny Vaccaro è l’imprenditore che ha puntato tutto su Michael Jordan. Lo ha messo sotto contratto quando non era ancora un’icona globale del basket Nba e con le Air lo ha reso un mito e anche un valore miliardario in dollari.
Alla storia di Vaccaro, che è nato 83 anni fa a Trafford in Pennsylvania ma ha radici calabresi, è ispirato il personaggio interpretato da Matt Damon nel film “Air” che racconta proprio la storia di quell’idea rivelatasi (eufemismo) fortunata. È la prima volta che il suo ruolo finisce sul grande schermo ma pare inevitabile che l’onore vada a chi ha generato una vera e propria rivoluzione commerciale.
Vaccaro racconta a Repubblica come convinse Jordan. «Era l’84, Giochi di Los Angeles, chiesi a Michael chi nella vita contasse di più per lui. Mi aspettavo dicesse il mio coach, i compagni di squadra. Invece rispose: i miei. Così trovai il numero di casa, non era ancora tempo di cellulari, mi rispose la madre, Deloris, e parlammo a lungo. Michael aveva 21 anni, giocava per North Carolina, la sua come la mia era una famiglia di lavoratori, papà era operaio metallurgico a Pittsburgh. Con Jordan non scattò nessun colpo di fulmine, era riottoso, non sapeva chi fossimo, preferiva Adidas che faceva tute belle. All’azienda diedi un consiglio: abbiamo un budget di due milioni e mezzo di dollari, non spalmiamolo su una serie di giovani, diamolo tutto al ragazzo. Bè non è che fossero molto convinti, ma insistetti. Anzi feci di più: mi giocai lo stipendio». A Jordan spettava anche il 25 per cento su ogni scarpa venduta.
Vaccaro prova a mettere in prospettiva il ruolo di Jordan, non soltanto per il basket. «Con le Air Jordan abbiamo cambiato il mondo —dice – sono ormai icone presenti nei musei, alle aste dei collezionisti, ai piedi di quindicenni che non hanno mai visto Jordan giocare dal vivo. Michael è stato un change maker, ha aperto le porte a un commercio che non esisteva, ha permesso a tanti giocatori neri di firmare i loro prodotti, di poter essere anche partner e soci. È stato un innovatore. Il primo e l’ultimo della sua specie. Steph Curry e LeBron James seguono le sue orme, ma non ci sarà più nulla di simile, come se stessimo parlando della prima Ferrari. Il suo contribuito all’umanità è più grande di quello di Bill Gates. In campo è stato meraviglioso, ma la cosa più importante l’ha fatta fuori, creando un mercato dove in tanti fanno soldi, anche se l’idea originale non era questa. Nessuno pensava che il marketing sarebbe diventato la parte più importante e brillante della sua abilità. Il brand Jordan ormai è famoso come Nike, anche se tanti non lo ammettono. E se nel mondo dici Air nessuno pensa al cielo o all’aria, ma al marchio. Gli auguro lunga vita, ma quando lui e noi non ci saremo più, la sua scarpa gli sopravviverà. Sarà sempre viva».
(fonte Corriere della Calabria)