San Lorenzo Bellizzi, la denuncia del Sindaco Cersosimo: «I paesi montani vivono un abbandono sanitario»
Nel 2020 l'impossibilità di ricorrere all'elisocorso nelle ore notture ha contribuito alla dipartita di un cittadino di San Lorenzo Bellizzi. Da allora il piccolo comune montano lotta per ottenere il servizio, senza ricevere risposte dall'autorità.
Il Comune di San Lorenzo Bellizzi, come tante piccole realtà montane, vive un costante problema di emergenza sanitaria, indipendente da ogni pandemia. Il deficit di presidi sanitari di intervento è diventato una piaga che va incancrenendosi sempre più. Una possibile soluzione sarebbe l’attivazione di un servizio di elisoccorso anche nelle ore notturne, proposta avanzata oltre un anno fa del Consiglio comunale della cittadina sita all’interno del Parco Nazionale del Pollino. Alla proposta ad oggi non è giunta nessuna risposta. Nel frattempo le problematiche restano. Ne abbiamo parlato con il sindaco Antonio Cersosimo.
Sindaco, l’emergenza sanitaria dei piccoli borghi montani è costante da anni, ma ultimamente si è ulteriormente aggravata con risvolti, purtroppo, tragici. Cosa è successo?
«Nel novembre del 2020 la nostra comunità ha vissuto un’esperienza tragica: un nostro concittadino ha subito una dissecazione dell’aorta. Per il semplice fatto che ciò sia successo alle 17.00 del pomeriggio, invece che in un altro orario, ciò ha portato delle complicazioni per quanto riguarda il soccorso. In Calabria, o meglio in una parte della Calabria perché so che nella zona di Vibo e Gioia Tauro c’è una realtà diversa, l’elisoccorso non presta servizio nelle ore notturne. Non effettua servizio né direttamente nei luoghi dove avvengono le emergenze, che siano traumi o infarti ad esempio e che necessitino di soccorso immediato, né tanto meno esiste nelle ore notturne un collegamento tra i presidi ospedalieri. Ciò perché i mezzi aerei non sono in condizioni di poter operare nelle ore notturne, e i punti di atterraggio in quelle ore non hanno le autorizzazioni perché c’è tutta una serie di procedure da fare per renderli agibili».
Il ritardo, o meglio, l’impossibilità di intervento non ha permesso che ci fosse quella azione tempestiva che avrebbe potuto impedire il decesso del suo concittadino?
«L’elisoccorso, in alcuni casi, nelle ore diurne ha salvato tante vite. Ma i problemi sorgono nelle ore pomeridiane e notturne. Il nostro concittadino, Leonardo Rago, dal momento in cui ha avuto il problema della dissecazione dell’aorta è arrivato prima all’Ospedale di Castrovillari. Comprendendo la situazione, che era abbastanza grave è stato indicato il trasferimento a Catanzaro. A Catanzaro è arrivato dopo 5 ore e mezza ma non c’era già più nulla da fare. Neppure da Castrovillari a Catanzaro è stato possibile poterlo trasportare con l’elisoccorso, perché dato l’orario non era attivo».
Come ha reagito la comunità?
«Dopo questo episodio, che non è l’unico avvenuto nei piccoli centri montani e non distanti dai presidi ospedalieri di primo soccorso, abbiamo pensato di portare la questione in Consiglio comunale in modo da attenzionare questa problematica alle autorità competenti, alla Prefettura, alla Regione Calabria, alla gestione del servizio di elisoccorso».
Ci sono state risposte?
«C’è stata nel marzo del 2021 una circolare del Commissario Asp di Cosenza La Regina che ha interessato un po’ tutti i comuni. In questa circolare veniva chiesta la disponibilità delle aree che potevano essere utilizzate per l’atterraggio dell’elisoccorso da parte dei vari comuni. In sostanza i campi di calcio che sono le zone dove di solito gli elicotteri atterrano. Si chiedeva di relazionare se il campo da calcio fossero illuminato o meno, in modo tale da pensare ad un servizio di elisoccorso anche nelle ore notturne. Ovviamente abbiamo risposto positivamente e dato la nostra disponibilità. Da allora non abbiamo avuto più nessuno riscontro».
È passato oltre un anno.
«Non abbiamo notizie sullo stato dell’arte».
Ma rendere idoneo un campetto da calcio per un eventuale atterraggio notturno, soprattutto nei paesi montani dove c’è un problema di carenza di presidi sanitari, in base a quanto avete appurato, è particolarmente complesso?
«Il primo ostacolo è quello della pista di atterraggio. Il campo da calcio deve essere illuminato, non ci devono essere ostacoli che determinino situazione di pericolo. Ma il problema principale è che chi gestisce il servizio di elisoccorso deve avere mezzi dotati di tecnologia tali da poter percorrere i tratti aerei in notturna, oltre a personale specificatamente formato. In Basilicata ad esempio esiste questo servizio ed è nato grazie ad una rete dei comuni. Un’altra questione, che sta portando avanti anche il Soccorso alpino è l’assenza di verricello in molti mezzi. Ciò impedisce gli interventi direttamente sul posto. Per piccoli centri montani che puntano sul turismo escursionistico, che a volte può essere oggetto della necessità di interventi in loco, è un passaggio importante. La mancanza di possibilità di un soccorso immediato, anche per piccole problematiche, ha una sua valenza anche sotto l’aspetto turistico».
Chi decide di vivere nei piccoli centri è svantaggiato sotto questo punto di vista?
«Certo, e ciò favorisce lo spopolamento. Tanto per chi abita, ma anche per chi frequenta i nostri piccoli centri montani, le nostre comunità, il nostro territorio, vive una condizione di svantaggio rispetto a chi frequenta realtà forti di strutture ospedaliere o anche solo di primo soccorso tali da poter avere dei tempi di assistenza che possono fare la differenza tra la vita e la morte».
Quindi c’è uno svantaggio di carattere sociale, di carattere sanitario, di carattere turistico.
«La situazione è ancora più grave se pensiamo alla quotidianità. Chi decide di abitare nelle nostre comunità è consapevole di vivere in un rischio giornaliero che è dettato dal fatto che i medici di base ormai hanno degli orari prestabiliti e gestiscono l’ambulatorio in maniera autonoma, come se fossero dei liberi professionisti. Quindi ci sono dei momenti della giornata in cui, a San Lorenzo Bellizzi, ma non solo a San Lorenzo Bellizzi, non c’è nessuno a cui fare riferimento, tenendo conto che ovviamente il medico di base non abita in loco».
Neanche la guardia medica?
«No, neanche la guardia medica. Tranne che nei giorni festivi e nei fine settimana, la guardia medica è presente dalle 20.00 alle 08.00 di mattina. Di giorno, in cui il medico di base viene 4 volte a settimana, e se viene di mattina non viene di pomeriggio. Ci sono giornate o lunghissimi periodi del giorno scoperte, durante le quali, se succede qualcosa non sappiamo a chi rivolgerci. Noi eravamo abituati ad un medico che abitava a San Lorenzo e che quindi anche nelle emergenze, anche se l’ambulatorio era chiuso, interveniva immediatamente. Il dott. Leonardo Larocca lo fa ancora oggi, anche se in pensione, ma non è un sistema che può funzionare. Non abbiamo la stessa percezione di tranquillità».
Qual è una possibile soluzione a questi problemi?
«É un problema condiviso da tutti i comuni delle aree interne. Tenga conto che nella migliore delle ipotesi, anche per far arrivare un’ambulanza a San Lorenzo Bellizzi, tramite il 118 ci vuole, se va bene, più di un’ora per raggiungere il paese e più di 50 minuti per trasportare il malato al punto di intervento. Il tutto non tenendo conto di avverse condizioni metereologiche, che nei paesi montani di alta quota possono verificarsi.
E molto spesso sulle ambulanze che arrivano non ci sono medici.
Abbiamo anche pensato ad un’ambulanza medicalizzata fissa, ma resta il problema del personale formato e a disposizione. Una prima soluzione sarebbe avere il servizio di elisoccorso h24, farebbe la differenza tra la vita e la morte.
In secondo luogo va immaginata una sanità che preveda un presidio di intervento nei piccoli centri, vuoi con un medico presente h24 o con un’ambulanza medicalizzata. È logico che ci sono dei costi, ma dobbiamo pensare questi costi che differenza di vita generano nei piccoli borghi».
Se tutto resta come è, cosa succederà?
«Se non saranno attivati questi servizi i Comuni montani andranno a morire, così come il turismo ad essi collegato. Chi abita e chi arriva nei nostri paesi deve avere la sicurezza di poter essere curato in caso di bisogno».