San Nilo, l'uomo che unì scienza e spiritualità
Un santo che ha segnato indelebilmente la storia della Calabria e del monachesimo bizantino, restituendo la complessità di una figura ascetica che continua a parlare alla contemporaneità attraverso un messaggio universale e senza tempo
CORIGLIANO-ROSSANO - Oggi, 26 settembre, la comunità rossanese festeggia il Santo Patrono Nilo. Una figura che ha segnato indelebilmente la storia della Calabria e del monachesimo bizantino, restituendo la complessità di un personaggio che continua a parlare alla contemporaneità attraverso un messaggio universale e senza tempo. L'esempio di Nilo, come ricorda il professore Mercogliano, offre «una via di equilibrio tra scienza e spiritualità. Il suo impegno ascetico e la sua profonda connessione con la cultura del suo tempo mostrano come sia possibile unire l'aspirazione al trascendente con una rigorosa attività intellettuale». Nilo, icona umana prima ancora che religiosa, ci insegna dunque che «la conoscenza non deve essere fine a se stessa, ma deve sempre servire a un più alto scopo di elevazione morale e spirituale».
Un po' di storia del Santo
Nato verso il 910 da una delle prime famiglie di Rossano (i Maleinos originari dell’Asia Minore) ricevette un'educazione molto accurata. A trent'anni dopo grave malattia abbandonò il mondo, per condurre vita penitente nella regione del Mercurion sotto la guida dei Ss. Giovanni, Zaccaria e Fantino. Le frequenti incursioni dei Saraceni lo ricondussero alle montagne presso Rossano, dove fondò il monastero di S. Adriano. Per sottrarsi alla ressa dei visitatori e alla dignità episcopale offertagli dai suoi concittadini, partì per la Campania, e dall'abate di Montecassino Aligerno ottenne un territorio, su cui fondò il monastero di S. Michele di Vallelucio. Dopo quindici anni cercò un rifugio più aspro e più remoto nei pressi di Gaeta, dove eresse il monastero di Serperi. Qui ricevette una visita dell'imperatore Ottone III, il quale invano tentò di condurre con sé a Roma il santo che vi era andato qualche mese prima per impetrare un trattamento più umano verso il deposto antipapa Filagato (Giovanni XVI), suo compatriota.
Trascorso un decennio, fuggì anche dal ducato di Gaeta, trovando ospitalità nel monastero di S. Agata, ai piedi del Tuscolo. Avuto in dono dal conte Gregorio di Tuscolo un vasto possedimento, gettò fra i ruderi grandiosi di ville romane (tra cui la grotta o Crypta ferrata, sotto l'attuale campanile) le fondamenta di un nuovo monastero. Ma venne a morte poco dopo, il 26 settembre 1004, e la salma fu deposta nell'oratorio, dove stava per sorgere la celebre badia di Grottaferrata.
La biografia del santo attribuita al discepolo S. Bartolomeo, per la dovizia dei particolari e per i non scarsi pregi letterarî è il capolavoro dell'agiografia bizantino-calabrese. Essa pone in chiara luce l'attività civile e culturale di S. Nilo. Amante degli studî e buon calligrafo, questi dedicava e faceva dedicare ai suoi monaci ore fisse alla trascrizione di codici e allo studio del canto. Esistono tuttora manoscritti copiati da lui e dai suoi discepoli. Delle sue lettere, che a detta del biografo avrebbero formato un libro, non ce n'è pervenuta nessuna; soltanto si ha notizia di lettere ai giudici di Bisignano, al notario dell'emiro di Palermo per ottenere la liberazione di tre suoi monaci fatti schiavi, a Leone abbate dei Ss. Bonifacio e Alessio sull'Aventino in favore di S. Adalberto di Praga, suo ospite a Vallelucio, e a Filagato antipapa per indurlo a rinunciare alla sede usurpata. Si conservano di lui un ufficio in onore di S. Benedetto, un contacio in onore di S. Nilo Sinaita, giambi all'apostolo S. Paolo e pochi altri versi.
La sua voce però continuò a camminare, i suoi splendidi libri e la sua tecnica di scrittura dettero vita ad uno stile “Rossanese”, il santo Nilo che ci piace riconoscere come cittadino d’Italia e del mondo in un’epoca in cui non si parlava ancora di uinità.
fonti info storiche: Treccani.it