Nulla è impossibile: diabetica e celiaca partecipa alla Maratona di Berlino e si classifica tra le migliori corritrici
La storia di Deborah Ferraina che non si è lasciata fermare dalle sue patologie invalidanti: «Quando ho visto la porta di Brandeburgo, sapevo che ancora mancava un po' ma il mio cuore è esploso di gioia perché ero lì e c’ero riuscita»
CORIGLIANO-ROSSANO - Stanca ma felice. Anzi no, al settimo cielo. Deborah Ferraina sa di aver fatto l'impresa e, nel suo mondo, di aver scritto la storia con la penna della caparbietà, della volontà, dell'immenso amore per la vita. Quando la sentiamo sono trascorsi già cinque giorni da quel 25 settembre, quando a Berlino, nella città simbolo dell'inclusione e della speranza, Deborah è riuscita a terminare una competizione sportiva che è stata, in primo luogo, competizione con se stessa ed i mostri che aveva in testa. in 6 ore e 5 minuti netta è riuscita a concludere la Bmw Berlin Marathon una delle competizioni sportive più famose al mondo, al pari di quella di New York, Roma, Parigi e Atene. 42.195 metri affrontati l'uno dopo l'altro senza mai fermarsi in una bella giornata di sole.
Una impresa nell'impresa. Già perché la poliedrica ed eclettica maratoneta di Corigliano-Rossano ha corso insieme ad uno, anzi due compagni "fastidiosi" all'interno del suo corpo: il diabete e la celiachia. Tutti e due a dirle, fino all'ultimo istante, "ma Deborah, dove vuoi andare? Non ce la fari mai!" Eppure lei non si è data per vita. Anche quando a farle visita è arrivato il Covid (e poi il long Covid) e anche due "crack", prima al ginocchio sinistro e poi al ginocchio destro. Non si è fermata se non davanti alla gradinata finale al termine della quale c'era la linea del traguardo, davanti alla effige bronzea "Der Rufer", la statua dell'urlatore. Un segno del destino? «Ho urlato la mia gioia - ci ha raccontato Deborah - il mio orgoglio di persona, donna e invalida che è riuscita in qualcosa che il predicato comune credeva fosse impossibile».
È la normalità delle cose che, spesso molto spesso, rende speciale la vita e l'esistenza di ognuno di noi. Quella stessa normalità che Deborah, nella sua straordinarietà, ha cercato e inseguito in due anni di caparbietà e durissimo lavoro. «Sono passata dalla modalità divano a quella di sportiva e maratoneta compiendo un'impresa». Già perché la giovane corissanese non solo ha partecipato alla maratona berlinese ma è riuscita, rimanendo nei tempi della competizione, a risultare tra le migliori maratonete in gara.
«Da quando ho scoperto di essere diabetica - racconta ancora Deborah Ferraina - ogni volta mi è sempre stato detto che dovevo praticare sport ma nessuno mi dava le giuste indicazioni, quindi iniziavo e dopo un po' smettevo proprio perché mi sentivo sola. Ma non mi sono data per vinta, non è nel mio carattere. A ottobre dello scorso anno, allora, inizio con gli allenamenti e da lì il primo infortunio al ginocchio sinistro». Poi la convalescenza e la ripresa. «A Marzo arrivano i miei primi 12 km e ahimè arriva anche il Covid insieme a long covid, quindi un altro stop. Trovo fatica a ripartire finché anche il ginocchio destro cede e mi fermo». Ma è uno stop fisico, non mentale. Perché Deborah nel frattempo si mette in gioco in un'altra avventura: un Campo di sopravvivenza. «Una settimana in Trentino senza cibo e dove devo superare delle prove di forza e di team building».
Il ginocchio continua a dare impicci e «la mia maratona rischiava di saltare, avevo paura di non farcela… Berlino si avvicinava ogni giorno sempre di più e io non potevo fare altro che andare dal fisioterapista e attendere la ripresa. Il 16 di agosto si riparte e da lì non mi sono più fermata!»
In tutto questo il diabete continua a bussare ogni giorno come un diavoletto cercando di dissuadere e "guastare volontà". Deborah, però, ha messo tappi alle orecchie e bende agli occhi per non cedere alle tentazioni della malattia. E arriva a Berlino per partecipare alla maratona dei record. E non è stato facile. «Se penso alla ore precedenti alla gara mi vengono ancora i birividi» ci dice con lo sguardo di chi sa di aver scritto una pagina importante della sua vita con l'inchiostro delle endorfine. «La sera prima ho avuto una grave ipoglicemia - racconta con la voce di chi ha saltato il fosso - e la mattina della maratona un rimbalzo con glicemia 400! Sembrava che tutto andasse per il verso storto». Tutto remava contro quell'impresa.
Poi il racconto di quelle sei ore intense. «Mi sono trovata davanti al nastro di partenza e sono partita. Ho avuto diversi momenti in cui ho dovuto rallentare ma non mi sono mai fermata. C'era paura ma mai sconforto. Al km 38 mi sono detta "Deborah, ora è il momento di spingere, ora devi correre come non hai mai fatto"». E così è stato. «Quando ho visto la porta di Brandeburgo sapevo che ancora mancava un po' ma il mio cuore è esploso di gioia perché ero lì e c’ero riuscita».
«Oggi so che sono in grado di poter affrontare qualsiasi sfida e di potermi prefissare qualsiasi obiettivo… perché se sei focalizzata, hai pianificato e hai studiato le strategie per poter raggiungere il tuo obiettivo lo puoi fare - grida Deborah - e poi se ci sono riuscita io che oramai ero intima amica del divano e mi avevano fatto odiare lo sport credo sia un obiettivo alla portata di tutti. Insomma al miglioramento non c’è mai fine, al volersi bene non c’è mai fine. È lo stare fermi che ti può portare finito!»