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Speciale alluvione - Storia di un fallimento, inesistente la gestione del rischio idrogeologico

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de L'INDIGNATO CALABRESE* Ci metti una vita a costruire un'azienda, a farla crescere con amore, non dormendo la notte... Poi un giorno arriva l'alluvione! Perdi tutto: proprietà, clienti, posti di lavoro, merce, prodotto. Ricominci da capo con fatica, dopo aver spalato il fango e ripulito ad uno a uno i documenti. Lo Stato dice che ti aiuterà...ed è lì che iniziano i veri problemi." (tratto da Alluvioni Cambiò di Luca Matteja) Le alluvioni sono tutte uguali. Chiunque sia stato colpito ricorderà sempre le stesse cose. L'acqua, il fango e la paura...se si riesce a raccontarle. La natura che si riprende i suoi spazi. Il fiume, l'acqua che si ribellano e una comunità in ginocchio che piange i suoi ingenti danni. Ma l'alluvione è anche il giorno dopo, quello che ti fa guardare attorno stordito dal ciclone che è passato e ha travolto tutto senza un apparente senso logico e che non ha avuto rispetto per nulla e nessuno. E poi c'è lo Stato. Le Istituzioni. Soggetti racchiusi in ingranaggi farraginosi e statici, grossolani nei modi, incompetenti nella gestione della prevenzione, dell’emergenza e della ricostruzione. Questo è quanto avviene da sempre nei nostri territori. Comunità colpite che non trovano sostegno o vengono risarcite con 4 spiccioli per ricominciare a vivere del proprio lavoro, sempre che un'altra alluvione non le sommergerà. Già, perché la vita va avanti nonostante tutto e ripiegarsi su sé stessi serve a poco. Tanta rabbia, ma anche tanto orgoglio: Rossano è una città che non piange, se non, magari, fra le mura di casa. Orgoglio di vedere uomini e donne che, sporchi perfino in viso, rimuovono il fango, puliscono pavimenti umidi e ammonticchiano i danni. Quello che non era e non è fisiologico è, piuttosto, qualcos’altro, che non è riconducibile a specifici individui, ma che dipende da una responsabilità condivisa dalle classi dirigenti regionali, provinciali e cittadine degli ultimi decenni. Quello che non era e non è fisiologico, cioè, è il sistematico fallimento dell’intera catena della prevenzione e gestione del rischio idrogeologico. È mancata la capacità di anticipare e porre in essere adeguate misure di salvaguardia per quello che sarebbe stato un evento importante ma non estremo e di lanciare le opportune allerta: la manutenzione degli alvei dei torrenti,  del sistema drenante, la predisposizione della macchina dei soccorsi, ecc.. Tutto ciò, a nostro avviso, non è “colpa” di qualcuno in particolare, se non nella misura in cui questi siano stati complici dello status quo e non siano riusciti ad imprimere una svolta nelle dinamiche della prevenzione dal rischio dalle calamità naturali. Anche a prescindere dall’efficacia dell’allarme e dunque della risposta, va da sé che la sequenza di alluvioni che ha colpito negli ultimi decenni denuncia la totale assenza della prevenzione del rischio idrogeologico. Perché, allora, non si fa niente? Le risposte standard sono due, entrambe vere ed entrambe, al tempo stesso, false: troppa burocrazia e pochi soldi. La burocrazia è, evidentemente, una piaga. Il che conduce al tema dei soldi. Certo, mancano i soldi: o, almeno, mancano se si pensa di cavarli dal nulla dall’oggi al domani. Ma i soldi non mancano oggi: mancano sempre. La scomoda verità è che i soldi non è che non ci siano: è che molto spesso sono  spesi altrove, dando la priorità ad altre spese. Ma veniamo a fatti più tecnici, sulla base delle analisi fornite dai meteorologi. Si è trattato di un evento alluvionale nel complesso paragonabile a quelli che nel recente passato hanno interessato le nostre aree, con ripetuti temporali “rigeneranti” stazionari per più ore sulla città e sull’entroterra, ma con una dinamica meteorologica in parte differente che ne ha probabilmente causato la minor predicibilità. Sono eloquenti le immagini satellitari che mostrano la persistenza di celle temporalesche organizzate. Queste venivano alimentate e sostenute non solo dall’apporto di aria molto calda e umida, (negli ultimi 40 giorni si sono registrate punte oltre i 35°C), per il contributo del mare molto caldo e per l’effetto orografico di sbarramento delle montagne. Questi fattori hanno favorito la continua formazione di celle temporalesche stazionarie e rigenerantisi, con un meccanismo dinamico a scala più ampia, presente nelle alluvioni degli ultimi anni, che può essere più facilmente individuato dai meteorologi e dai modelli di previsione. Sono 6.633 i Comuni italiani con aree a rischio idrogeologico, l'82% del totale, con oltre 6 milioni di cittadini che si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni. Oltre 4000 eventi, milioni di chilometri quadrati distrutti, quasi 13.000 fra morti, dispersi e feriti. Non sono le cifre di una guerra, ma quelle delle alluvioni dal 1950 al 2014. Da qualche anno a questa parte, molti dei territori più popolosi del nostro Paese sono colpiti da vere e proprie catastrofi. Quanto queste distruzioni siano naturali, è ormai molto dubbio. Se fino a vent'anni fa le colpe erano quasi sempre date alla natura, oggi si sta facendo strada una consapevolezza diversa, cioè che un fiume è un corpo vivo, che quindi in determinate stagioni ha necessità di crescere, ed in altre dimagrisce. Da quello che è stato possibile osservare, attraverso l’infinita quantità di foto e video pubblicate in concomitanza di questo evento, nel caso dell’esondazione del Torrente Citrea, che ha completamente distrutto tutta l’area di S. Angelo, l'argine non è stato scavalcato dall'acqua, ma ha ceduto, franando. É avvenuto, molto probabilmente, quello che in gergo si definisce un fenomeno di “sifonamento”: l'acqua si è scavata una via dentro l'argine, provocandone il crollo, per oltre 40 metri. Considerato che questi argini sono in esercizio da decenni ed hanno resistito a piene di queste dimensioni decine di volte, è molto probabile che in questa occasione ci sia stato il contributo determinante di qualche maldestro intervento che ha rimosso o modificato il terrapieno di sostegno, determinando, di fatto, la crisi strutturale dell’argine, proprio nel punto più delicato, ossia il tratto in cui il Torrente curva sensibilmente. Un’altra delle cause dell’esondazione è certamente riconducibile all’enorme velocità dell’acqua lungo l’asta del Citrea, a causa di una inopinata ed insulsa impermeabilizzazione dell’alveo. Spesso, in passato, si adottava la prassi di cementificare, ritenendo più semplice la gestione della manutenzione dei torrenti. Oggi si è dimostrato che è necessario, anche andando contro ai nostri “istinti” di allontanare la piena, aumentare la capacità di ritenzione dell'acqua che consente di ridurre la sua velocità. Prima di tutto con la manutenzione della montagna e del territorio, in modo da riportare i boschi e altri terreni alla loro funzione: trattenere l'acqua delle piene. Poi rispettando il fiume, il suo corso e il suo divagare, ovviamente nei limiti imposti dal rispetto delle attività umane. Oltre ad una pianificazione corretta della gestione delle acque di piena, con casse di espansione e di laminazione, aree golenali allagabili in caso di emergenza, che sono interventi da pianificare a scala di bacino, sono necessarie periodiche manutenzioni di ripristino di profili di alvei e argini. Va effettuata la pulizia dalla vegetazione che in caso di piena potrebbe essere trascinata via ed accumulata contro opere trasversali al corso d'acqua (ponti, briglie...) trasformandoli in dighe e facendoli crollare. Parlare con il senno del poi è sempre molto facile; però una cosa è certa: eventi come l’alluvione che ha colpito Rossano e Corigliano il 12 agosto ci devono pur insegnare qualcosa per il futuro. *Lettera firmata
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.