di SAMANTHA TARANTINO Quando si alza il sipario di un teatro, si vedono tutti i protagonisti della rappresentazione andata in scena. Esistono storie, in cui mancano alcuni tasselli che, di fatto, le rendono monche. I protagonisti sono quei minori che vuoi per un motivo, vuoi per un altro, non possono più vivere nelle famiglie originarie e si ritrovano a girovagare tra tribunali, centri e comunità, in balìa di chi dovrà decidere per il loro benessere e far respirare loro uno spirito il più possibile familiare. È a questo punto che entrano in gioco il ruolo delle
famiglie affidatarie o persone singole che decidono di farsi carico della tutela e sopravvivenza di bambini o spesso giovani adolescenti. A
Rossano manca, ormai da 4 anni, il contributo spettante alle famiglie affidatarie che si fanno carico del sostentamento dei
minori al fine di garantire una vita dignitosa. Prevalentemente è la Regione che non trasferisce le somme necessarie. Quando si inizia un percorso per niente facile, tra l’altro, si ha necessità di essere seguiti passo passo, quasi imboccati verso una strada che non sarà sempre in discesa. Le figure assistenziali che giocano un ruolo fondamentale in questi contesti sono tre: l’
assistente sociale, lo psicologo e l’educatore. Se tutto funzionasse per il meglio e tutte le figure facessero la loro parte non ci sarebbero lamentele e disagi perché ci si sente abbandonati e non sostenuti. Nel territorio manca una rete tra i tre professionisti, un lavoro di team funzionante che possa sollevare le famiglie affidatarie da carichi spesso onerosi da sopportare. E manca il lavoro di équipe poiché non vi sono specialisti. Il percorso standard che una famiglia deve seguire passa dai colloqui, alle visite domiciliari, agli incontri di gruppo. I colloqui che si svolgono tra le famiglie e il minore devono essere fatti in una continua sinergia tra l’assistente sociale e lo psicologo, necessaria per far emergere le difficoltà ed apporre le giuste soluzioni a quei problemi che emergono durante la quotidianità. Lo psicologo deve monitorare lo sviluppo del bambino o adolescente e delle sue relazioni. L’obiettivo è sempre il mantenimento delle relazioni con le famiglie d’origine e un costante affiancamento con quelle affidatarie. E l’educatore? Altra figura importante nella fase centrale del processo di affidamento: il suo ruolo è mediare con entrambe le famiglie. Le visite invece sono necessarie ai servizi, per monitorare il proseguimento dell’affido. Gli incontri di gruppo sono fondamentali per le famiglie, in quanto parlando con altri che hanno le stesse problematiche, fa sentire meno soli. La condivisione aiuta molto. Le varie figure devono aiutare prima, durante e anche dopo l’affido, quando al momento cruciale, il minore è pronto per ritornare nella famiglia originaria. Gli esperti parlano di genitorialità sociale che ha come obiettivo l’aumento del numero delle famiglie affidatarie, dato ancora lontano. Venendo meno una o più di queste tre figure professionali si può dire che il servizio di supporto e tutela delle famiglie e soprattutto dei minori non è garantito al meglio. Il benessere di questi ultimi è il cardine su cui si basano società che si ritengono civili e che devono garantire accoglienza, sostegno e supporto. Tre semplici parole, ma tanto efficaci.