Javier Girotto a La Città della Musica: racconta il mondo con il sassofono
Ospite alla XVII edizione de La Città della Musica. Il sassofonista argentino, accompagnato dalla Girotto Saxtet, racconta il suo mondo con la musica
Sono circa le otto di sera. Per capirci è quel momento in cui il cielo si tinge di mille splendide sfumature di blu e poi di arancione e neanche le nuvole più scure riescono a coprire la luce. Uno di quei momenti alla Sorrentino, usati per raccontare la bellezza e allo stesso tempo per rendere tutto epico, importante, umano e decisivo.
Quando la notte cala sulla Tenuta Ciminata Greco, restano le lampadine appese ad un filo, che ballano mosse dal vento, ad accarezzare con la luce calda dell'accoglienza il pubblico, ed il suono di cique sax a riempire l'aria di idee di storia e futuro. Alla XVII edizione della Città della Musica, è ospite Javier Girotto accompagnato dalla Girotto Saxtet, composta da Alfredo Santaloci al sax soprano, Mattia Catarinozzi al sax alto, Maurizio Schifitto al sax tenore e Giovanni De Luca al sax baritono.
Indossano tutti un completo nero, che si confonde con il cielo scuro, Girotto è quasi sempre in piedi, perchè è sua la responsabilità dell'improvissazione. Ha un codino lungo da vero artista argentino e quando suona si chiude nelle spalle, come se dovesse rannicchiarsi in un posizione comoda per poter sognare.
La sua musica racconta la sua postura, il suo modo di stare al mondo. Uno sguardo unico sulle cose della vita che si traduce in una nota, in un ritmo, in un tempo scandito dalla pioggia. Il sassofono parla. Ripassa dai luoghi del cuore: c'è l'Argentina, il Sud America, raccontati attraverso gli elementi di folklore, miscelati a quelli dell'innovazione. Il tango mantiene quel sapore nostalgico, ma si aggiungono gli schizzi di jazz; la milonga non è struggente, ma lascia comunque intravedere le scarpe luccicanti dei ballerini che si muovono sul legno. Le fughe sono veloci, incalzanti, appassionate. Quanto fiato che ci vuole e quanta tecnica. Poi però c'è la melodia che unisce tutti e abbraccia la comprensione, semplifica e traduce.
Ci sono solo due modi di fruire di questa musica: ascoltandola o vivendola.
Viverla significa lasciarsi andare all'immaginazione, al sogno o ai ricordi, come in un corto di Leonardo Dalessandri. Così mentre le dita affusolate di Girotto volano sul sassofono, sembra di vedere il vento che fa tremare la fiamma della candela, come quando passava Pantani in picchiata; si perde la struttura del tempo e le rette diventano cerchi, come in Rayuela di Cortazar, dove è il lettore a poter scegliere da dove iniziare a leggere il libro; l'empatia diventa il sentimento più forte tra i sentimenti e i pensieri scorron come i film che iniziano in medias res, con i battiti cardiaci accellerati; tutto ha la bellezza della sapienza artigianale, quella poesia di chi con le mani sa costruire, creare e modellare, e torna in mente Gabriel Garcia Marquez che scrive indossando una tuta da meccanico, perchè anche la scrittura è un prodotto artigianale.
E nella musica di Girotto ritrovi l'argentindad, l'identità, ma senza confini, senza barriere e senza muri. Navi che entrano e storie da condividere. Si sente anche l'odore della salsa chimichurri tra la milonga e il tango.
Non si può non chiedere il bis.
Ed ecco il bis: Maradona es mas grande que Pelè.