di SAMANTHA TARANTINO Ci sono tradizioni che sembrano fermare il tempo. Ripercorrerle è necessario, affinchè non muoiano mai. E come si suol dire "Paese che vai Tradizione che trovi",a Rossano nel giorno della Vigilia di San Giuseppe - che il calendario festeggia il 19 marzo - in molte famiglie rivive una ricorrenza che affonda le sue radici nella storia."
U mmit e San Giusepp", l'Invito di San Giuseppe, è un rito tradizionale. Ed allo stesso tempo una rievocazione storica.
U mmit è
l'offerta di
taddjarin e cicer, tagliolini e ceci, che la tradizione vuole rigorosamente fatti a mano. E poi donati per devozione al vicinato o alle persone più indigenti. La storia racconta che il primo "invito" ha origine, con molta probabilità, nelle contrade rossanesi. Dovrebbe risalire al periodo del primo conflitto mondiale. Quando tra povertà e carestia,una mamma chiese la grazia a San Giuseppe. Il ritorno del suo amato figlio dalla Prima Guerra. Del resto non dimentichiamoci che al conflitto mondiale appartengono molte ricorrenze e tradizioni antiche. In quel cordone quasi inscindibile che lega il popolo ai suoi santi e patroni. San Giuseppe è particolarmente venerato nella nostra terra di Calabria, considerato il padre putativo di Gesù. A lui si devono prodigi e protezioni e non c'è paese, rione, contrada che non abbia il suo simulacro.
U MMIT E SAN GIUSEPP: LA TRADIZIONE ROSSANESE
Ma è nel dono che risiede tutta l'importanza de
"U mmit". Un tempo la disparità economica e il divario sociale erano molto più evidenti, rispetto ad oggi. Nelle famiglie rossanesi e del territorio circostante, piatti e pentoloni colmi di
taddjarin e cicer fumanti e profumati, venivano offerti alle famiglie più bisognose. Quelle benestanti e possidenti poi donavano agli ospizi o agli orfanelli. C'era chi si vedeva bussare alla porta con le mani protese per ricevere "u mmit". E c'erano donne caritatevoli e generose, come Donna Maria Labonia che faceva del giorno della vigilia una vera festa per tutta la zona Foresta. Con la processione del Santo che percorreva l'intera contrada. E così che "U mmit e San Giusepp" di Donna Maria Labonia appartiene alla tradizione rossanese. E poi c'erano le "Monac e Vulanzun" sorelle suore che, vivendo totalmente di carità, nel giorno de
U mmit ricevevano pentoloni pieni di
taddjarin e cicer. Le due sorelle erano note nel paese in zona Cappuccini perchè raccoglievano i bimbi trovatelli e abbandonati. Pratica molto in uso fino agli anni '60.
TADDJARIN E CICER: ACQUA, FARINA E TRADIZIONE
I Taddjarin e cicer, è un piatto considerato povero per eccellenza, oggi per la semplicità degli ingredienti, è entrato prepotentemente nei piatti della tradizione e nella dieta mediterranea. Tagliolini fatti in casa con acqua e farina, gustosi ceci e un filo di olio extra vergine rigorosamente a crudo. E perchè no, una spolverata di buon pepe piccante. E per chi vuole baccalà, considerato il merluzzo dei poveri. Devozione e rispetto, tra fede e tradizione. In quel connubio insito nel DNA di ogni paese.