9 ore fa:La Vignetta dell'Eco
11 ore fa:Cimitero Cassano: Papasso preoccupato delle condizioni di alcune aree
13 ore fa:Terme Sibarite Spa chiude in utile il bilancio 2023
13 ore fa:Nasce Ethnikitchen, il progetto sulle cucine del mondo accolte presso il Sai di San Basile
14 ore fa:Paludi, fratelli Fonsi: «Non c'è qualità senza benessere animale»
8 ore fa:Chi ostacola il progresso genererà la desertificazione sociale di questo territorio
8 ore fa:Calabria Film Commission a Corigliano-Rossano, Straface: «Faremo della città un set cinematografico»
12 ore fa:Straface: «Stasi porta avanti la campagna elettorale con i soldi dei cittadini»
9 ore fa:Vaccarizzo Albanese fa un bilancio degli ultimi 10 anni: «25mln di investimenti in identità e servizi»
9 ore fa:La resilienza delle periferie: «Occorrono servizi e nuove opere altrimenti sarà il baratro»

Tra reddito di cittadinanza e costo del lavoro alle stelle non si trova più un operaio

2 minuti di lettura

Nei centri per l’impiego di Corigliano-Rossano non ci sono più proposte per “reclutare” manodopera in vista della stagione della raccolta

A.A.A. lavoratori cercasi. Appena un anno fa scrivemmo che con l’avvento del Reddito di cittadinanza non si riuscivano a trovare più persone disposte a lavorare come camerieri, colf, commessi, scaffalisti, barman e anche segretari. Ancor più drammatico era il bilancio in agricoltura dove, manodopera straniera a parte (spesso, per fortuna non sempre, sottopagata e sfruttata), non si riuscivano a trovare più persone disposte a lavorare nei campi, negli uliveti o negli agrumeti. La situazione oggi, ad un anno di distanza, non solo non è cambiata ma è addirittura peggiorata. Lo dicono i dati dei Centri per l’impiego. Dove in un anno, complice l’emergenza coronavirus, non solo sono calate le candidature ma anche le richieste di lavoro. E questo in quasi tutti i campi. Unica eccezione, per Corigliano-Rossano, la fa un’azienda subappaltatrice di Enel, impegnata nello smantellamento dei gruppi produzione della centrala di Cutura-Sant’Irene, che ha richiesto agli uffici di collocamento una serie di figure professionali. E per l’agricoltura? Né ne vanno, né ne vengono, utilizzando un gergo dialettale. Infatti, sono pochissime le posizioni aperte per l’agricoltura. Ce n’è qualcuna nel CI di Corigliano per una decina di braccianti, a Rossano, invece, per quello che abbiamo avuto modo di apprendere non c’è nulla. Una tabula rasa che stride, invece, con la richiesta incessante di lavoro che si sta organizzando per l’ormai imminente stazione olivicola e agrumicola. Il paradosso è notevole e ha un perché. La manodopera maggiore nei campi della Sibaritide è rappresentata da persone asiatiche o dell’est Europa. Tutta gente che, nella primavera scorsa, una volta conclusa la campagna di raccolta è rientrata in patria e oggi non può più ritornare per via dell’emergenza Covid. E questo ha creato un vuoto, difficile da colmare. Poi, a giocare contro il “sistema” sono le “trappole” messe in piedi dal sistema stesso: il reddito di cittadinanza e il costo del lavoro troppo alto. Entrambi interlacciati tra loro. Il primo dà la possibilità ai percettori di incassare una mensilità senza fare nulla, l’altro mette nelle condizioni i datori di lavoro di andare sul nero. Già, perché le cose vanno dette senza ipocrisia: gli italiani non vogliono più lavorare nei campi per raccogliere olive e agrumi. Siamo diventati tutti vagabondi? No, semplicemente c’è una sperequazione tra il mondo legale e quello reale. Se andiamo a vedere, legge alla mano, un bracciante agricolo per una giornata lavorativa dovrebbe avere una diaria di 80 euro, più i contributi. Ma come fanno le imprese agricole ad essere competitive, se in Italia arriva una quantità esorbitante di prodotti ortofrutticoli a prezzi stracciati? Come fanno ad essere competitive se nei Paesi che esportano in Italia ortofrutta il costo del lavoro agricolo è venti volte inferiore al costo del lavoro agricolo italiano? Ecco le contraddizioni e le trappole del sistema. Lo Stato da un lato spende soldi per rimpinguare il fondo del reddito di cittadinanza, producendo disoccupati a dismisura; dall’altro non trova risorse per incentivare l’impresa e abbassare il costo del lavoro, favorendo di fatto il lavoro nero. Piaccia o non piaccia ma è così. Non si vuole togliere il reddito di cittadinanza che, oggi, sta diventando sempre più un reddito di dignità? Benissimo. Che si utilizzino, allora, i fondi europei – quelli che ogni anno mandiamo indietro a vagonate - pagando con questi i due terzi della retribuzione che spetta ad ogni operaio agricolo. Senza lagnanze ma solo guardando in faccia la realtà. Una volta finita la parentesi del Reddito di Cittadinanza (perché finirà) e le imprese saranno distrutte, cosa resterà? Nulla. Solo la vecchia e cara valigia di plastica (quella di cartone è superata) per andar via e non tornare mai più.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.