IL REDAZIONALE
Oggi da questo spazio di coscienza e riflessione che da qualche tempo abbiamo inaugurato tra le ricche colonne de L’Eco dello Jonio, vogliamo partire da un suggerimento alla lettura: quella buona, quella che stuzzica e mette in crisi l’animo. Sulle battute finali di questa estate ionica, calda anche se un po’ troppo apatica e sottotono, abbiamo avuto un impatto forte con un libro, edito da Raffaello Cortina Editore e scritto da Duccio Demetrio filosofo dell’educazione all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dal titolo chiaro quanto eloquente: “Ingratitudine. La memoria breve della Riconoscenza”. È un viaggio spettacolare che tra l’irriconoscenza e la gratitudine, in quel canyon profondo che divide due sentimenti dell’animo così vicini, così diversi. L’una è prova di arroganza e disprezzo; l’altra di amicizia indissolubile. Se la gratitudine evoca i motivi del tradimento, la riconoscenza sancisce la benevolenza verso chi ci ha aiutato. È una lettura sicuramente profonda che induce a fare i conti con se stessi – per citare un’altra grande opera firmata da Indro Montanelli – a riflettere e, come si dice dalle nostre parti, a farsi “Na ‘votata ‘e ‘arret!”. A scrutarsi nel profondo e scoprire che poi questi due sentimenti, ingratitudine e riconoscenza, li troviamo sempre in misure diametralmente opposte nel corso della nostra vita: con la seconda sempre in misura inflazionata rispetto alla prima. Beh, l’irriconoscenza è un male dilagante nella nostra società. E sapete perché? Perché non sappiamo vivere sempre il favore di un altro. E siamo sempre pronti a chiederlo, a sfruttare l’onda positiva dell’amico di turno (o sarebbe meglio dire di comodo) per
surfare a bordo della nostra tavola finché quell’onda ed il vento ci sostengono. Poi, finito il vezzo, il piacere e raggiunto il traguardo ci si dimentica di tutto e di tutti. È questa l’ingratitudine. Anzi, da queste parti si fa di peggio. Non solo ci si dimentica dell’amico di comodo, che è stato utile al momento del bisogno, quanto lo si attende al varco per farlo cadere nel malvagio tranello dell’offesa.
INGRATITUDINE E DISPETTO. MALA TEMPORA CURRUNT!
Dicevano i romani e questo sicuramente non è affatto un periodo buono per chi presta il fianco alla generosità. E di esempi ne potremmo dare a iosa. Lo raccontano le cronache della settimana. Offensive, di dileggio e spregio rivolto in questi giorni nei confronti della Diocesi di Rossano-Cariati per aver manifestato la disponibilità ad accogliere parte dei migranti sbarcati dalla nave “Diciotti”. Ne abbiamo sentito e letto di tutti i colori. Quasi come se a creare l’emergenza migranti fosse stato l’Arcivescovo Satriano o la Chiesa di Rossano. È normale – anzi sarebbe paradossale e a-normale – che la chiesa si occupi dei bisognosi, a prescindere dalle dinamiche socio-politiche che accompagnano questi tempi e che lasciano ad un condivisibile lamento della gente. È vero, però, che tra i “lamentatori” che in questi giorni hanno gridato allo scandalo contro la Diocesi ne abbiamo visti e registrati alcuni che hanno il perfetto identikit dei falsi e degli ingrati. A queste persone che si sono spese in commenti fin troppo coloriti e di comodo, ricordiamo che l’umanità è un valore universale e si manifesta a prescindere dal colore, dalla razza e dalla provenienza. Punto. Una divagazione che non vuole essere la difesa d’ufficio di nessuno ma che riesce a far capire bene e a memoria fresca l’essere ingrati e irriconoscenti. E l’ingratitudine – tenetelo sempre bene a mente - non è desiderio d’oblio, ma è disincanto, supponenza, dominio, complicità, arroganza, tradimento, smarrimento, ladrocinio, avarizia e menzogna. Diffidate da quelli che ad un vostro cenno di chiarimento sul perché siano d’un tratto spariti dalla vostra vita, dopo che gli avete dato tutto quello che potevate dargli, vi rispondono tra spallucce, visi tristi e contriti, dicendovi: “Eh sapessi!”, “Eh quante ne sto passando!”, “Eh quanti problemi che ho!”… Sono quelli che per primi si sono dimenticati di voi e di quello che gli avete dato in cambio di stima e amicizia. Sono gli irriconoscenti. Perché non puoi fottertene dell’amicizia, in primis, e di tutto il rispetto e la dignità che un amico ti ha dato, così, a cuor leggero! Magari alla fine siamo un po’ tutti ingrati. È vero. Buona fine d’estate!