4 ore fa:Anche a Corigliano-Rossano si celebra il Baby Loss Awereness Day
57 minuti fa:Slow Food racconta la Calabria attraverso il cibo
4 ore fa:A Co-Ro torna la seconda edizione di "Escape Inquisition"
26 minuti fa:Trasporto del Quadro Miracoloso della Madonna: a Schiavonea si rinnova il rito tra fede e Amore
1 ora fa:In Calabria aumentano le vittime di incidenti stradali
3 ore fa:Sila, vipera si rifugia sotto un’auto in una zona abitata: messa in salvo
2 ore fa:Trebisacce in festa per nonno Vincenzo che spegne 100 candeline
2 ore fa:Il fiume Lao, il giro dell’acqua e altre storie
3 ore fa:Calabria protagonista al primo Vertice G7 dedicato all'Inclusione e alla disabilità
1 ora fa:La Regione acquista le ambulanze, ma sono inutilizzabili. Tavernise (M5s): «Continuano gli sprechi»

Quanto vale il centro storico: turismi, il mare da solo non fa più la differenza

5 minuti di lettura
di LUCA LATELLA e LENIN MONTESANTO Vale di più il centro storico o la marina? La città alta o lo scalo? Senza scomodare Franco Cassano, sociologo del Pensiero Meridiano e la sua affascinante distinzione tra l’uomo di costa, l’oceanico ed il montanaro, la storia degli ultimi cinquant’anni, con i pessimi risultati odierni in tutti i settori (siamo gli ultimi della classe in tutto!), ci consegna una regione complessivamente più povera rispetto ai primi decenni del Dopoguerra: gravemente dissestata sulla costa e spopolata in collina e montagna. Non spetta a noi ergerci a censori di quanto accaduto fino ad oggi. Ma analizzare e riflettere sui danni prodottisi in questa giovane e piccola parentesi repubblicana, forse sì. Quanto meno per evitare di ripetere scempi e di battere strade rivelatesi errate; e per tentare di ricucire le fila di un percorso bruscamente interrotto (indotto da politiche nazionali sostanzialmente distruttive dei patrimoni e delle risorse identitarie) e che ha prodotto soltanto macerie. Tanto sulla costa quanto nei centri storici, lasciati in stato di abbandono e di degrado. In cambio di nulla, se si considera ad esempio il dato dell’emigrazione da questa terra che non ha mai conosciuto una vera pausa d’arresto. Anzi, con l’ulteriore paradosso, forse tutto calabrese, di ritrovarci a subire oggi le conseguenze tipiche e nefaste di un’epoca post industriale, senza esser mai stati a tutti gli effetti un’area industriale. Perché siamo stati per millenni e restiamo una regione prevalentemente agricola, ricca di centri storici, ciascuno covo di esclusività storiche, culturali, architettoniche, enogastronomiche e antropologiche che da sole, oggi, con la mutata sensibilità internazionale in tema di politiche per i turismi, potrebbero far campare di ospitalità e ricettività diffusa 365 giorni l’anno. È, del resto, quanto sta già timidamente accadendo e con successo in tanti piccoli e piccolissimi comuni di tutte e cinque le province, segnatamente nella Sibaritide e nel Pollino, con le prime esperienze di albergo diffuso e di riqualificazione urbana dei centri storici. Divenuti ormai, e non poteva andare diversamente, l’unica via d’uscita e di sviluppo sostenibile per quanti hanno deciso di restare qui o di ritornare ad investire nelle proprie terre d’origine. D’altronde, che il mare, considerato da solo e nella sola parentesi estiva, non possa più fare la differenza nel mercato mediterraneo e mondiale del turismo balneare è un dato che, nonostante qualche resistenza istituzionale e imprenditoriale, si sta imponendo per la sua evidenza. Guardare ai centri storici e ritornarvi ad investire significa oggi, soprattutto per le nuove generazioni, non soltanto recuperare una storia interrotta e riappropriarsi della propria identità. che sarebbe già il primo passo. Non è solo un fatto romantico, insomma. Vuol dire soprattutto incrociare in concreto domanda e offerta turistica destagionalizzate. Vuol dire dare risposta all’esigenza di esclusività, qualità della vita e autenticità del viaggi-attore contemporaneo, in fuga da tutto ciò che è globalizzato e dai cliché del fast food ed in cerca di emozioni e di storie. Esattamente quelle di cui, nonostante i guasti prodotti, resta ancora ricco il nostro territorio.   AREA URBANA – Tra spopolamento e tentativi di recupero. I centri storici di Rossano e Corigliano, oggi vivono una vita surreale: bellissimi, ricchi di storia, cultura, tradizioni eppure così abbandonati. Da decenni, infatti, imperversa la migrazione verso gli scali o quelli che fino a 40 anni fa erano soltanto degli scali, per lo più disabitati. DISCESA A VALLE. Le zone “nuove” offrono maggiori servizi ed una migliore qualità della vita tanto da svuotare i le due città alte, sin dagli anni ’60 del secolo scorso. A Rossano sono proprio quelli gli anni in cui inizia la discesa a valle, favorita da nuove occasioni di sviluppo ed economiche. Anni nei quali solo il centro storico conta 22 mila abitanti. La regressione nell’andamento demografico prosegue: nel decennio ’70-’80 gli abitanti sono 15 mila, negli anni ’90 10 mila, sino a giorni nostri nei quali Rossano Alta conta 5015 residenti. Corigliano vive una situazione parallela. Fino agli anni ’80-’90 – ci conferma il vice sindaco Francesco Paolo Oranges – il centro storico contava fra i 15 e i 18 mila abitanti. L’abbattimento demografico si registra nel 1991 quando un crollo nella zona dei Vasci, a ridosso della Chiesa di Santa Maria Maggiore ed una conseguente ordinanza sindacale, favoriscono la migrazione verso lo scalo. Ad oggi, Corigliano Alta conta circa 6000 abitanti. UNA VITA MIGLIORE. Insomma, se lo spopolamento ha segnato la storia recente delle nostre città, oggi la sfida è rappresentata dalla volontà di attuare un’inversione di tendenza, ripopolando, magari attraverso una serie di agevolazioni e una serie di interventi di riqualificazione. A Corigliano, il miglioramento del centro storico è cosa recente. Tanti i cantieri aperti grazie a finanziamenti Pisu e regionali attraverso i quali l’amministrazione in corso, che per lo più ha ereditato progetti già in itinere – ha spiegato l’assessore ai Lavori Pubblici e Urbanistica, Raffaele Granata – sta portando avanti. Tra i più significativi, la riqualificazione di Piazza del Popolo (500 mila euro), il completamento per la ristrutturazione di Palazzo Bianchi (1,2 milioni), il recupero e restauro del Convento delle Clarisse (1,8 milioni) e del Palazzo del Pendino (1,750). Vi sono poi, tutta una serie di altri lavori minori sino a raggiungere 6,65 milioni di euro di investimenti complessivi. Sul colle rossanese, la riqualificazione è stata programmata con un Piano di recupero redatto nel 2003. Renderlo più funzionale, accogliente e migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti: con questo scopo sono stati progettati tutta una serie di interventi. Partendo dal rifacimento del manto stradale (in fase di ultimazione nell’ultimo tratto, proprio in queste settimane), le opere maggiori messe in cantiere in questi anni – ci spiega il vice sindaco di Rossano e l’assessore al Turismo, Guglielmo Caputo – riguardano la riqualificazione dello stadio Maria De Rosis in anfiteatro da 3000 posti (1,2 milioni), un parcheggio in zona Sant’Antonio (1,4), la ristrutturazione dei Palazzi Filippelli e De Russis (1,8). Il primo da trasformare in Urban Center e palazzo della associazioni, l’altro da incastrare nel progetto “Albergo diffuso”, quindi ricettività. Realizzata anche la Domus Presepi-Sala espositiva da uno stabile abbandonato ed il recupero della Grotta Porta Portello e del percorso di via d’accesso. Tra i fiori all’occhiello, certamente la rivitalizzazione di Villa Labonia, storico spazio nel cuore del centro storico, oggi divenuto punto di riferimento nella programmazione degli eventi estivi. Per tutti questi interventi sono state impegnate risorse oltre i 5 milioni di euro. RIPARTIRE DAGLI EVENTI DELLA TRADIZIONE? Il marketing territoriale che promozioni i centri, quindi, può risultare decisivo. Per questo gli sforzi degli amministratori si stanno muovendo in questa direzione, riproponendo eventi che siano marcatori della nostra identità storica e tradizionale. A Corigliano le festività dedicate al Santo Patrono, San Francesco (dal 23 al 25 aprile) celebrano la città alta nella sua interezza. Alcune tradizioni sembrano sopite e tutte da riscoprire, come la Gran Festa di via Roma, la sublimazione dell’artigianato locale. A Rossano, ancora, le celebrazioni per la compatrona, Maria Santissima Achiropita, assorbono le attenzioni estive di rossanesi e turisti. Da qualche anno sono rientrati nelle tradizioni locali i Fuochi di San Marco, giunti alla loro 179° edizione, per ricordare la funesta notte del 24 aprile 1836 quando la città fu colpita da un violento terremoto: quartieri interi in festa attorno ai fuochi fra danze e enogastronomia tipica che attirano migliaia di visitatori. Una cosa, in definitiva, è certa. Se solo guardassimo i nostri luoghi con gli occhi di chi li guarda per la prima volta, apprezzandone tutta la magnificenza e la rara bellezza, probabilmente si intuirebbero le enormi potenzialità abitative e turistiche, giacché proprio di turismo potremmo campare.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.