Tavernise rompe un altro argine: nella maggioranza Stasi si apre una nuova crepa
Le dimissioni del consigliere dalla commissione Turismo sono un segnale politico pesante: critica ai maxi-eventi, elogio alle iniziative pop che rigenerano la città. Una scossa che rimette in discussione identità, metodo e direzione dell’Esecutivo
CORIGLIANO-ROSSANO - Da mesi nella maggioranza Stasi si avverte una vibrazione costante, un tremolio quasi impercettibile che però tutti sentono e nessuno può più ignorare. Non siamo al terremoto, almeno non ancora. Ma le scosse di assestamento continuano, e l’ultima – nitida e politicamente leggibile – porta la firma di Salvatore Tavernise, consigliere di maggioranza, un altro dei senatori dell’era Stasi, uomo considerato dialogante, pacato, poco incline ai gesti clamorosi.
E proprio per questo, il gesto di dimettersi da presidente e membro della commissione “Strategie, Integrazione, Turismo, Marketing territoriale” pesa più di molti proclami gridati nelle piazze.
Il fatto si è saputo ai margini dell’ultima riunione di commissione di ieri. Nella lettera protocollata il 6 dicembre scorso, Tavernise ricorre a un linguaggio istituzionale, misurato ma tagliente, quasi chirurgico. Parla di «mancata condivisione delle scelte amministrative», di un ruolo «reso di fatto superfluo», di un confronto che «non si è mai realmente sviluppato». Una sciabolata secca nelle gambe dell’Esecutivo Stasi.
«Ho profondo rispetto – ci dice oggi il Consigliere Tavernise, che abbiamo sentito per cercare di andare a fondo alle sue motivazioni - per il ruolo delle commissioni consiliari. Ed essere sono nate per essere luoghi di analisi, progettazione, partecipazione. Se questi spazi di verifica e proposta vengono svuotati, non ha senso occupare una posizione solo formale». Tac.
Parole che sembrano scolpite per non ferire nessuno. Ma dietro il compassato formalismo, c’è molto di più.
Quando si esce dal perimetro della diplomazia, infatti, Tavernise ragiona con una lucidità che tradisce una certa amarezza. Non usa toni aggressivi, non spara a zero. Ma mette sul tavolo il problema vero: la strategia culturale e turistica della città sta camminando su un binario che non lo convince più.
In realtà la platea degli scettici si amplia di giorno in giorno. Il nodo, spiega, è semplice: «Spendiamo cifre imponenti per i maxi-eventi, mentre le iniziative che davvero rigenerano la città vivono con poche centinaia o poche migliaia di euro».
Il riferimento non è casuale. Mentre il prossimo concerto di Capodanno con i Negramaro in piazza Salotto a Corigliano scalo viaggia verso una spesa vicina al mezzo milione di euro, la finale di Pruppetish – che ha riempito Piazza Steri, animato il centro storico e riportato vita vera sotto i vicoli di Rossano alta – è costata appena 4.000 euro, come certificato dalla determina comunale.
E qui Tavernise si accende, parlando non più da amministratore, ma da cittadino che osserva la città e la sua anima: «Con poco si può fare tantissimo. Abbiamo visto cosa accade quando si dà spazio alle associazioni, quando si puntano i riflettori su ciò che siamo davvero. Non servono per forza i grandi nomi: serve una programmazione diffusa, costante, coinvolgente. Serve una programmazione anche trasversale, che considera la manutenzione, il decoro, gli impianti pubblici, il verde, l’igiene urbana, i centri storici elementi importanti per uno sviluppo completo della città».
È una linea politica chiara. E non è nuova. E proprio sul rapporto tra centri storici, territorio e rigenerazione, Tavernise condivide totalmente la riflessione già emersa sulle pagine del nostro giornale (Una polpetta ha acceso la città) che offre una fotografia dolente e autentica di due centri storico svuotati e costretti a vivere di strappi invece che di continuità.
Tavernise non lo dice brutalmente, ma il concetto è limpido: la città si è assuefatta ai grandi concerti come forma principale – e talvolta unica – di politica culturale.
Una scorciatoia efficace, certo. La più semplice. Quella che garantisce piazze piene, selfie, ritorni d’immagine immediati. Ma una scorciatoia, appunto.
«Il problema – spiega – è che quando scegli sempre artisti di altissimo profilo, costruisci un modello che poi non riesci più a ridimensionare. La comunità si abitua. Diventa una dipendenza collettiva».
E qui la riflessione si allarga a tutta la maggioranza. Perché se un pezzo di squadra inizia a interrogarsi su questo modello, vuol dire che la crepa si allarga. Non è più solo un malumore. È un tema politico. E vuole dire anche che la scelta non è ampiamente condivisa.
Il ragionamento di Tavernise, in realtà, è coerente con ciò che si è visto nelle ultime settimane: un evento popolare e di comunità che esplode con poche risorse; le associazioni che mostrano quanto il territorio sia vivo; i centri storici che reagiscono non appena gli si concede una scintilla; la comunità che chiede più continuità, meno spot, più sostanza. Un assioma che sembra non fare una piega o, quantomeno, dimostra di funzionare ogni qualvolta viene attuato.
È una visione diversa di turismo, cultura e socialità: territorio invece che cachet milionari, programmazione invece che fuochi d’artificio.
Una visione, insomma, che, se accolta, cambierebbe radicalmente la postura della città. Ecco perché in questo quadro, le dimissioni di Tavernise possono diventare una bomba. Perché sovvertono il principio di visione dell’Esecutivo Stasi che finora, almeno da chi lo osservava da fuori, sembrava monolitico, granitico, imperturbabile e – quindi – unanimemente giusto.
Poi c’è il dato politico: dentro la maggioranza si sta muovendo. Qualcosa che tocca strategie, identità, scelte politiche più intime. Qualcosa che non si risolve con una foto di gruppo o un comunicato di dieci righe.
La maggioranza Stasi ha già vissuto negli ultimi mesi altri sussulti. Questo, però, ha un sapore diverso, lo stesso che si ebbe con le dimissioni immediate e repentine di Liliana Zangaro da consigliere comunale: è un segnale che nasce dall’interno, da un componente storico.