di MARTINA FORCINITI E se gli imprenditori fossero i nostri eroi moderni? Certo, fare impresa in Italia è difficile. Che poi gli industriali nostrani continuano a percepire il Mezzogiorno come un’area più arretrata di quanto non sia in realtà. E la Calabria resta al palo, se non cola a picco. Eppure, in una regione che sa tirarsi troppo bene la zappa sui piedi,
quando la passione comincia a coniugarsi con l’imprenditorialità, la calabresità inizia a echeggiare forte e chiara. È un fenomeno sociale e culturale che fa girare la testa. Che incoraggia le nostre aziende a riscoprire l’innovazione, a valorizzare il capitale umano, a sapersi adattare senza rinunciare alla creatività. E allora sarà vero che lo stadio di sviluppo economico influisce sul tasso di imprenditorialità? Sembrerebbe di no, nella misura in cui – in una Calabria che fa da chiudifila in tutte le classifiche Istat – ancora si incontrano lampi di sana imprenditorialità. Quella stessa che, in occasione del ritorno a casa del Codex, ha animato la straordinaria risposta di un territorio all’occasione imperdibile di
educare il mondo a una nuova immagine di sé: solida, di quelle che possono davvero svecchiare il carrozzone calabrese. Ed eccoli là i nostri imprenditori, tutti in fila per far rete, raccolti intorno a un progetto che promette la rinascita di un comprensorio che ha tutte le potenzialità per costruire il domani nel segno del progresso e del talento. Progetto sostenuto dai media, in particolare da quattro gruppi editoriali: RTC Calabria, Agenzia News&Com, Corriere della Calabria e
L’Eco dello Jonio, che hanno cooperato in maniera sinergica. E alle tre giornate dedicate al Codex e all’apertura del Museo, hanno riservato aggiornamenti in tempo reale e la diretta televisiva. «Il ritorno del Codex nella sua sede completa è un investimento che dimostra evidentemente che nella nostra regione è possibile utilizzare risorse per creare sviluppo, per renderla attrattiva». A dirlo è il Governatore Mario Oliverio in occasione della conferenza stampa di inaugurazione del Museo Diocesano e del Codex. «È stata una gara virtuosa, non invidiosa, per far emergere la nostra ricchezza non solo culturale. Per riappropriarci dell’orgoglio verso una terra che – per la sua storia tormentata – favorisce nei suoi figli il vittimismo, incoraggia una cultura subalterna. Ma oggi quel Codex che era partito da principe torna nella sua casa da re, dimostrando che, al di là del massacro d’identità perpetrato a lungo ai danni di questa regione, possiamo far sì che la realtà calabrese si stagli sulle altre per il suo patrimonio culturale».
E chi meglio dell’orgogliosa imprenditorialità calabra può dar buona prova di sé abbattendo gli individualismi: ci si incontra, ci si capisce, si analizzano gli scenari e poi via con la prima missione di sviluppo. Proprio con questo spirito di gruppo, gli imprenditori del nostro territorio hanno accolto l’invito dell’Arcivescovo Mons. Giuseppe Satriano a offrire gratuitamente il proprio contributo per garantire un’impressionante accoglienza professionale alla Meraviglia dell’Umanità. E allora tutti gli investitori coinvolti si sono impegnati nella sponsorizzazione degli eventi e nella logistica, sulla scia di un’operazione che innanzitutto valorizzasse i talenti del territorio. Insomma, una via d’uscita – quella dell’imprenditorialità – che reinventa e si reinventa, pur avendo vita dura. «Dobbiamo costruire realtà vive, intessendo reti, intercettando il sociale e gli imprenditori – ha dichiarato Mons. Satriano –. Basta con i municipalismi e con le individuali speculazioni. Riprendiamoci il coraggio di stupirci per costruire una Calabria più bella». «Da questo momento dobbiamo ripartire come comunità e come territorio – ha ribadito il sindaco di Rossano Stefano Mascaro –. Non cercheremo certo l’elemosina, ma tenteremo di ripartire da ciò che di importante abbiamo. E lo faremo con tutte le forze sane della città».
La Calabria non è un paese per investitori e innovatori? Forse qui abbiamo fatto vincere una politica con molte rughe, in quel cortocircuito perverso che ha gettato la nostra Regione nella stagnazione. Forse per un po’ abbiamo patito la fame perché ci mancano i capitali, le industrie, l’attenzione della politica cialtrona.
Ma la questione che non fa più rabbia, a queste latitudini, è l’autoreferenzialità. Perché se è vero che i nostri imprenditori sono stati capaci di cogliere la portata dell’innovazione – e lo hanno fatto INSIEME – vorrà dire che gli appelli al suo superamento hanno forse vinto a mani basse?