Ora bisogna aprire una vertenza generazionale
Con Stasi, non ha vinto una linea politica, ha vinto la volontà di una giovane generazione che con il suo voto ha deciso di essere protagonista. Ma la delega non può bastare; serve uscire fuori e mettersi a disposizione della collettività
Le elezioni comunali dell'8 e 9 giugno scorsi hanno segnato un momento cruciale nella storia politica di Corigliano-Rossano: la rielezione di Flavio Stasi a sindaco ha rappresentato non solo una riconferma della sua leadership, ma soprattutto la chiusura – questa volta definitiva e tranciante - di un lungo capitolo del passato politico della città. Che questo passato sia stato bello o brutto, non importa; oggi siamo davanti ad un reset. Con Stasi non ha vinto un singolo partito, sicuramente non ha vinto il Partito Democratico e nemmeno il Movimento 5 Stelle, nonostante fossero parte integrante della coalizione. Hanno dato il loro contributo, come hanno fatto tutte le altre forze in campo, ma non ha vinto una linea politica. Con Stasi, al contrario, ha vinto la volontà di un'intera generazione di cittadini, compresi tra i 18 e i 50 anni, che con il loro voto hanno deciso di prendere in mano le sorti del territorio e di esserne protagonisti.
Questo momento storico ha posto le basi per un cambiamento, ma la sfida vera inizia adesso. Il voto espresso in modo deciso dalle generazioni '70, '80, '90 e dai millennial non deve infatti trasformarsi in una semplice delega di potere. Il rischio che il "blocco sistemico", che ha dominato per decenni, continui a prevalere è alto. È imperativo che le nuove generazioni, ora, inizino a dare il loro contributo concreto e attivo per il loro futuro e quello dei più piccoli, tutelando memorie e identità.
Le grandi questioni che affliggono da decenni quest’area della Calabria – mobilità, occupazione, sanità, sviluppo agricolo e turistico, capacità produttiva e incapacità salariale – devono essere liberate dai vecchi retaggi e dai preconcetti che le frenano. Questo rinnovamento può avvenire solo se coloro che hanno portato un giovane sindaco come Stasi a rompere con il passato, decidono di scendere in campo, far sentire la loro voce e avviare un vero processo di riscatto. Non possiamo più permettere che gli interessi di pochi (direttamente interessati e quindi mobilitati) prevalgano sulla collettività. Non è più accettabile vivere in un territorio caratterizzato da una mentalità stagnante e conservativa dell’esistente. Non più, serve progresso. E serve conquistarlo ora, forti di un’identità e di un’etica territoriale,
La scelta di campo fatta dagli elettori di Corigliano-Rossano comporta una responsabilità enorme che non può e non deve essere racchiusa in una mera delega. Sarebbe il più grande peccato per l’impianto democratico di questa città. Ora è il momento della partecipazione attiva alle decisioni. È fondamentale che si portino coloro che sono stati eletti a "miti consigli" quando il bene collettivo è minacciato dagli interessi di pochi. Gli amministratori e i governanti, anche con il potere a loro disposizione, possono fare poco se non sono sostenuti da una comunità che rivendica attivamente i propri diritti, e non solo con il lamento o la protesta sui social.
È qui che entra in gioco la necessità di una vertenza generazionale. Serve a creare una comunità partecipe, consapevole, unita e pronta al confronto, e se necessario, anche allo scontro. Abbiamo avuto troppi uomini soli al comando in questi anni. Oggi, finalmente, abbiamo l'opportunità di costruire una nuova classe dirigente, aperta, plurale e, perché no, anche divergente e rivoluzionaria. Ma ognuno deve assumersi la propria responsabilità, dedicare tempo alla cosa pubblica, uscire dall'individualismo e mettere a disposizione della collettività un po' del proprio ego. Solo così si potrà completare il processo rivoluzionario che le nuove generazioni di Corigliano-Rossano hanno avuto il coraggio di innescare.
La nostra città ha bisogno di questo cambiamento, e solo noi, uniti e attivi, possiamo realizzarlo.