7 ore fa:Sibari-Roseto, si apre il varco in una nuova galleria: verso l'apertura del corridoio Adriatico-Jonio
7 ore fa:Ancri Cosenza consegna le bandiere dell'Italia e dell'Ue alla scuola "Da Vinci" di Rossano
6 ore fa:Voto di scambio a Co-Ro, Rapani scrive al Prefetto e al Procuratore di Castrovillari
9 ore fa:Ecco i vincitori della tappa di Corigliano-Rossano della Carpigiani Challenge
9 ore fa:Consiglio Provinciale, adottato lo schema di Rendiconto della Gestione 2023
3 ore fa:La rivoluzione (culturale) della Differenziata
7 ore fa: Tutto pronto per la Prima edizione di “Corri per Cariati insieme a noi!”
6 ore fa:Grande trionfo per la prima edizione del Concorso Musicale Internazionale "Premio Harmonika"
5 ore fa:8 Maggio, a Cariati la giornata mondiale della Croce Rossa
5 ore fa:Veloce fronte perturbato in arrivo sulla Sibaritide. Piogge intense a tratti ma la siccità continua

Solo dignità, lavoro e libertà

2 minuti di lettura

Indici urbanistici, volumetrie, vincoli ambientali, vocazioni territoriali, speculazione, fango e letame… tutti “valori” tirati in ballo in modo funzionale ad argomentare e sostenere posizioni. Posizioni più disparate. Sicuramente legittime. Da rispettare.

Il 24 gennaio di quattro anni fa, quando l’editore Enzo Lapietra mi affidò la direzione del giornale (un inciso: L’Eco dello Jonio ha una struttura organizzativa regolarmente registrata che paga le tasse e ha rapporti gestiti da contratto con tutti i suoi collaboratori), affissi in bacheca di redazione un cartello con su scritto “La LIBERTÀ Genera DEMOCRAZIA”. Un mantra che nel nostro habitat, da chi vi scrive passando per tutti gli altri redattori e inserzionisti, rispettiamo con il massimo dovere.

Parliamo, scriviamo e raccontiamo ogni giorno delle tante declinazioni inespresse del territorio in cui viviamo. La narrazione stratificata di un popolo soggiogato dai poteri più alti (Cosenza, Roma, Bruxelles…), dai “coloni”, non ci soddisfa. C’è di più. Nella Calabria del nord-est c’è una élite di potere, fintamente moralista e così incrostata, che adesso deve andare in pensione. Ci raccontano le stesse cose da 50 anni, ora si incazzano pure perché le cose non vanno come devono andare (secondo loro) dimenticandosi che in questo territorio hanno dominato solo e soltanto loro, in potere e pensiero. Se siamo la periferia della periferia è soprattutto colpa di questi soggetti che oggi, su più pulpiti, fanno la predichella, dispensano sermoni e morali, sentendosi nel diritto di dare patenti di moralità agli altri.

Tutto questo mentre c’è una generazione di giovani autoctoni che in larga parte è fuggita via (e che forse non tornerà mai più) e che in altra parte resta anelando il cambiamento. Ecco perché rivendichiamo Libertà, che sleghi i cittadini di questo territorio dalle catene dell’assistenzialismo, dalle catene del precariato, dalle catene di chi ti promette un posto di lavoro (sottopagato) che arriva sempre per un piacere ricevuto.

Qualcuno si può dire contento se un padre di famiglia torna a casa ogni mese con una busta paga da 500 euro dopo essersi spaccato la schiena per 8 ore al giorno (festivi inclusi) nei campi o aver sgobbato in uno stabilimento balneare? Ma di quale civiltà parliamo? Ma soprattutto, quale futuro possiamo avere a queste condizioni?

La libertà è quando si capisce che il turismo e l’agricoltura sono un volano di sviluppo per questa terra solo se chi lavora e manda avanti la baracca viene pagato come un cristiano. Chi fa fronte ostentato su questi due settori si è mai chiesto chi è che guadagna veramente in questo bazar di carne a basso costo?

Mi chiedo: si può continuare a vivere prigionieri dei preconcetti di quanti rifilano pipponi e morali pur essendo stati gli artefici degli sconquassi di questa terra (c’è un elenco infinito di circostante e persone)? Badino bene queste persone, essere liberi significa difendere le proprie idee senza ricevere nulla in cambio. In libertà e coscienza. Perché il pensiero del “do ut des”, del parlare in cambio di qualcosa, è tipico di quelle persone che sono abituate a vivere così. Dalle mie parti si dice che “U’ canǝ e Renz com’è, si pensǝ” (Siamo portati a pensare che le persone siano come noi). E se fosse proprio questa élite a bloccare tutto e volere che nulla cambi per continuare a tenere al guinzaglio le migliaia di persone inconsapevoli di questo territorio? Ve lo siete chiesti?

Anche un posto di lavoro dignitoso in più in questa terra è una manna dal cielo. Perché servirebbe a liberare una persona, una famiglia dal giogo del “padrone”, quello pronto a fare il piacere; a sostituirsi al Padreterno.

Allora, evviva la dignità, evviva il lavoro… Evviva la libertà! Perché da liberi si sceglie, da liberi il gioco della democrazia avviene senza compromessi e sorprese.

E se rivendicare questi diritti fondamentali comporta ricevere quintalati di letame addosso, fate pure… tanto qui abbiamo tante pale.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.