Il Natale, la grande città e quell'inquietudine sociale arrivata ai massimi storici: Tutto va bene, madama la marchesa!
Alle latitudini di Corigliano-Rossano si chiude un anno tormentato dalle polemiche e dalla violenza verbale. Occorre abbassare i toni di una discussione a senso unico, ormai troppo spinta e priva di contenuti
Siamo arrivati a Natale. Un nuovo Natale che significa consuntivo di un anno fibrillante (più che scintillante) che a livello globale ci ha piantato in mezzo ad una guerra vecchio stile dall’esito quantomai incerto (dopo il Covid ci voleva!) e alle latitudini della Calabria del nord-est e di Corigliano-Rossano ci ha messo in mezzo a una tempesta perfetta di cattivi pensieri. Un “brainstorming” dove a primeggiare sembrano essere solo i cervelli di cospirazionisti, adulatori, nostalgici e pressapochisti che hanno alimentato un clima di inquietudine sociale che al cospetto persino lo stesso Bauman rabbrividirebbe!
È in crisi la credibilità del nostro microcosmo jonico, quello stretto tra le sponde “sacre e inviolabili” del Crati e del Trionto. Una credibilità di opere e parole che evidentemente – e purtroppo - solo alcuni possono continuare a vantare, in un contesto sociale pieno ormai di spargitori d’odio seriale e cattiverie. Sembra una partita impari, un po’ come quel Milan-Atalanta di 50 anni fa. Per avere un'idea della qualità della discussione che si è innescata in città basta farsi un giro sulle "bacheche" di qualche ex senatore che pur di non essere tacciato come apostata del proprio campanilismo, nell'atto di dover citare Corigliano-Rossano scrivere testualmente Corigliano – …………… Insomma, siamo arrivati al punto di assistere ad una goliardica intepretazione delle cose tra chi vive nella sfiducia profonda e chi invece difende una realtà civica che «meglio di così non si può». Nel mezzo i poveri cittadini liberi sempre più in imbarazzo e contriti rispetto a questo stato di cose.
Dicevamo, c’è chi sostiene, da un lato, che in questa città “tutto va bene, madama la marchesa”; che rispetto al passato, rispetto a quando esistevano due città, va tutto meravigliosamente meglio (investimenti, programmazione, soldi come se piovesse). Chi, dall’altro lato, invece, vorrebbe ritornare all’autonomia bollando la nuova realtà civica fusa di Corigliano-Rossano come il più grande fallimento della storia. Entrambi, però, sembrano stazionare nella stessa metacampo di gioco e nella stessa squadra, indossando l’uno la prima, l’altro la seconda maglia. Dall’altra parte del campo, invece, c’è tutto il resto.
Sintesi: la fusione fa schifo però chi oggi la amministra sta facendo il possibile, di tutto e di più per tenerla viva e in piedi, addirittura facendo meglio di come non fosse stato fatto fino a quando esistevano Corigliano e Rossano.
La verità: c’è una classe politica del tutto nuova che si è trovata a gestire un processo delicatissimo. Sindaco e amministratori hanno sicuramente entusiasmo e volontà, ma il fatto che non abbiano voluto aprire il loro mandato di governo ad una costituente è sicuramente preclusivo rispetto a quanto poteva essere fatto e non è stato ancora fatto (nuovo statuto e programmazione condivisa, su tutti).
Non pensiamo – perché ci rifiutiamo di pensarlo - che ci sia un disegno ordito da dentro per demolire la fusione e salvare Stasi. L’Eco dello Jonio, però, sulla fusione ha da sempre antenne altissime e per questo è stato messo nel mirino della polemica, solo perché sostiene e continuerà a sostenere con fierezza e senza timore alcuno che il progetto di Corigliano-Rossano, non solo rappresenta la più grande rivoluzione culturale fatta da questo territorio nell’ultimo secolo ma è e rimane anche l’ultima cortina difensiva contro il grande sacco di servizi e dignità che, in maniera equa, è stato perpetrato ai danni delle due comunità negli ultimi 20 anni. E su questo si può dire quello che si vuole, addurre ogni tipo di obiezione o temeraria antitesi. Ma è così.
Anzi, diciamo di più. E lo ricordiamo anche per qualcuno poco attento o distratto (quasi dilaniato) solo dalla vena della polemica, dimenticando storie e passato: l’Eco dello Jonio, non solo il cane da guardia della fusione ma il suo progetto editoriale è nato proprio sulla spinta di una nuova città che guarda oltre la città e si spinge verso la grande Sibaritide-Pollino. Lo ha fatto facendo propria l’idea, la visione, l’orizzonte che fu del compianto Franco Fortunato, già sindaco di Castrovillari, figura di riferimento per il mondo democratico e riformista della Calabria e - ne siamo convinti - ancora inavvicinabile, per mentalità e capacità politiche, per alcuni patrocinatori del nulla che troviamo a parlare sulle nostre piazze reali e virtuali. Ma questo è un altro discorso.
Sono tre settimane ormai che chiediamo pubblicamente che si possa mettere in “pasto” all’opinione pubblica la proposta di legge per il referendum abrogativo che si sta sottoponendo alla firma dei cittadini. Silenzio. Le risposte sono invettive, offese e chiacchiere da bar. Anche se, in verità, quella proposta non contiene altro che una formula preconfezionata, iper-confusionaria di due comuni autonomi. Null’altro. Zero prospettive.
Non ci fermiamo. Perché continuiamo a voler essere il “grillo parlante” di questa nuova realtà civica. Ovviamente non abbiamo la verità in tasca e non proponiamo l’assolutezza del nostro pensiero. Anzi, continuiamo ad implorare dialogo e confronto. Ma abbiamo una dote che, probabilmente, non tutti hanno: stiamo tra la gente di questa città e di questo territorio, i nostri occhi e le nostre orecchie stanno tra i cittadini di quest’area della Calabria. Ne percepiamo il sentimento profondo. Lo facciamo confortati dai numeri (8 milioni di pagine visualizzate nell’anno che sta per chiudersi con 350mila lettori fidelizzati). E il feedback che ci torna indietro non è sicuramente quello di un fallimento della fusione. Tutt’altro. Del resto la nuova realtà civica non è un alibi ma è uno strumento in mano ai cittadini e alle loro rappresentanze, spetta dunque ad esse gestirla.
La speranza, dunque, è che questo Natale porti lucidità e il prossimo anno sia prospero di un confronto serio, stretto, serrato e, in ogni caso, chiarificatore. Non tanto per chi c’è adesso ma per quanti questa città dovranno viverla nei prossimi decenni.
Infine, sotto il grande albero dell’opinione pubblica vorremmo trovare – facendo leva sul messaggio dell’arcivescovo Aloise - un dibattito sereno, “disarmato” da violenza verbale. Ma soprattutto vorremmo iniziare a conoscere qual è l’opinione del sindaco Stasi ma anche di qualche consigliere regionale su questi primi 5 anni di fusione.