di MATTEO LAURIA Cenoni farlocchi di fine anno. Vecchie pratiche che, nel terzo millennio, si pensava fossero superate perché anacronistiche, invece, si continua a perseverare in questa direzione. Il dubbio tra i consumatori è se si tratti di un raggiro oppure di mancata professionalità da parte degli addetti alla ristorazione. Sia nell’uno sia nell’altro caso, il risultato sarà il seguente: coloro i quali si rendono protagonisti di disagi e disservizi non sono destinati più di tanto a rimanere sul mercato. I tempi richiedono altro: professionalità! Il problema prevalentemente si pone quando ci troviamo di fronte a soggetti che si improvvisano ristoratori, non contemplabili tra gli imprenditori “puri” di settore. Spesso, tale figura coincide con chi ha già di suo le spalle larghe, poiché, magari, proprietario di vaste aree, alcune anche edificabili, e si diletta in attività ricettive. Sono i casi in cui a lungo termine verranno meno passione e impegno. Si riduce il margine di rischio: a un milionario cosa vuoi che importi se una serata riesca o meno! Né si preoccupa più di tanto di fare una magra figura. È ovvio che non sempre è così. Ci sono persone per bene, serie, con senso di responsabilità e con un’alta dose etica, che esercitano attività di ricezione con estrema dovizia. Tuttavia, la legge del mercato è rigida e spesso non ammette distrazioni, errori e, ancor peggio, ipotesi di truffe. Alla vigilia di
Capodanno, tutto questo è accaduto. E spiace constatare che si specula anche sull’ultimo dell’anno, un giorno importante, di riflessione, di bilanci, di augurio per il futuro. Una sera in cui tutti dovrebbero divertirsi, mangiare bene, vivere il momento con entusiasmo e con gioia, tentando di dimenticare, magari solo per poche ore, i problemi della quotidianità. Invece, durante uno dei tanti eventi organizzati, in sala si diffonde un mormorio di fondo: la gente prende atto del cattivo servizio e commenta con i commensali le pietanze immangiabili. È accaduto in riva allo Jonio. E non certo a costi contenuti: 70 euro a testa. 500/600 cittadini caduti in una vecchia trappola, ordita da chi specula sulle feste della tradizione. Sul piano legale, naturalmente, si rimane impuniti, anche perché chi subisce il danno difficilmente denuncia. D’altronde, in questo caso, il rilievo penale viene meno: si tratta di cibo di pessima qualità, ma non avariato. Tra i commenti: “La cena? Immangiabile e indegna!”. Questi episodi sono un’onta per un territorio come il nostro che mira a valorizzare le arti culinarie, che investe nel turismo enogastronomico, che si caratterizza per la genuinità e la freschezza dei prodotti. Si richiede maggiore cura, più attenzione e rispetto nei confronti di se stessi, dei consumatori, del territorio. Ne va di mezzo la credibilità che, per acquisirla, necessita tanto impegno, ma per perderla basta una serata del genere.