2 ore fa:Natale di solidarietà a Cariati: doni e sorrisi per i bambini delle famiglie più fragili
1 ora fa:Natale non è per tutti: la Caritas che resta aperta mentre la povertà cresce
22 ore fa:Anche i Marcatori Identitari Distintivi nel calendario dell’Ente Parchi Marini Regionale della Calabria
23 ore fa:Nei piccoli Comuni la politica esplode in piazza e a Pietrapaola lo scontro diventa pubblico
20 ore fa:Il monito della pedagogista Renzo: «La scuola ha perso voce, autorevolezza e coraggio»
19 ore fa:Quel Natale che suonava al camino... ricordando Salvatore Romanello
22 ore fa:Bimbi, sorrisi e partecipazione vera per il Natale di Saracena
21 ore fa:Ricerca e tutela, il 2025 si chiude con un bilancio positivo per le Riserve di Tarsia e Foce del Crati
23 ore fa:Barbieri al Tg3 per raccontare i piatti tradizionali della Vigilia in Calabria
21 ore fa:Eco dello Jonio, quando i numeri diventano comunità: ecco il 2025 del glocal che ha scelto di restare libero

Da Selinute al museo di Sibari: è arrivata la giovane e divina Metopa. Colma un vuoto

1 minuti di lettura

SIBARI - Fino alla fine del mese di marzo sarà possibile ammirare presso il Museo Nazionale archeologico della Sibaritide lo splendido volto di divinità che ornava una delle metope del Tempio E (attribuito ad Hera), proveniente dall’antica Selinunte, un’antica città greca situata sulla costa meridionale della Sicilia, fondata nel VIII secolo a.C. da coloni megaresi.

«Questo capolavoro - dichiara il direttore Filippo Demma - uno dei pochi originali greco-occidentali, dal valore elevatissimo sia dal punto di vista culturale sia legale, va a riempire quel vuoto, all'interno del MuNAS, di opere della prima metà del V secolo a.C., dalla distruzione di Sibari alla nascita di Thuri».

Si tratta di una testa femminile di stile severo, in pregiato marmo bianco, che era inserita in una composizione detta acrolito, ovvero una figura con testa, mani e piedi in materiale pregiato e il resto del corpo, che veniva coperto dalle vesti, solitamente in legno. ll marmo, solitamente utilizzato per esaltare la nudità femminile, mostra i segni di diversi strumenti di lavorazione.

Il tempio venne edificato intorno al 460-450 a.C., in stile dorico, e costituisce una delle soluzioni architettoniche più rappresentative della Grecia occidentale, al suo interno si conserva ancora la base che ospitava la statua della dea Hera. Mentre un fregio dorico decorava le pareti della cella (lo spazio centrale), il pronao e l’opistodomo (spazi prossimi alla cella) erano decorati con una serie di metope, tra le quali il nostro acrolito. Una serie di queste metope, insieme ad altri frammenti rinvenuti durante campagne di scavo dell’Ottocento, sono conservati nel Museo Regionale Archeologico di Palermo “Antonino Salinas”.

«La scultura – ha spiegato il direttore Filippo Demma – fa parte delle collezioni del Museo Regionale Archeologico di Palermo “Antonino Salinas” ed arriva grazie ad un programma di collaborazione che ha consentito all’Istituto palermitano di esporre temporaneamente la coppa fenicia da Francavilla Marittima, normalmente conservata al MuNAS, nel percorso della interessantissima mostra “Sicilia//Grecia//Magna Grecia”, attualmente allestita a Palermo».

 

Luigia Marra
Autore: Luigia Marra

Mi sono diplomata al Liceo Classico San Nilo di Rossano, conseguo la laurea in Lettere e Beni Culturali e successivamente la magistrale in Filologia Moderna presso Università della Calabria. Amo ascoltare ed osservare attentamente la realtà di tutti i giorni. Molto caotica e confusionaria, ma ricca di storie, avvenimenti e notizie che meritano di essere raccontate.