L'Onesto Fantasma: il delirio del dolore
L'opera, intensamente psicologica, interpretata da Gianmarco Tognazzi, Renato Marchetti e Fausto Sciarappa è andata in scena al Metropol lo scorso 3 febbraio. Chi non ha mai sofferto l’incolmabile dolore della perdita?
CORIGLIANO-ROSSANO - Il delirio della sofferenza per il rimorso di non poter colmare la mancanza, riappianare i diverbi e dichiarare il proprio affetto verso le persone a noi più care, ma decedute, è il tema trattato dallo spettacolo “L’onesto fantasma” di Edoardo Erba, andato in scena lo scorso 3 febbraio al Cinema–Teatro Metropol di Corigliano-Rossano.
L’opera, intensamente psicologica, ha coinvolto il pubblico in una vicenda incentrata sul senso dell’amicizia dei tre attori, interpretati da Gianmarco Tognazzi, Renato Marchetti e Fausto Sciarappa, che si incontrano e scontrano in scene recitative di e metateatro ripensando l’opera tragica di William Shakespeare, “Amleto”, per ricordare e far rivivere il reale protagonista della vicenda, l’amico e collega scomparso.
Ad ogni dialogo si percepisce il dolore reale posto in scena dal regista, ma si ha la sensazione di una enorme potenzialità inespressa, come se la storia faticasse a decollare e non certo per mancanza di elementi in gioco. Anzi, di ingredienti ve ne sono quanto basta. Mettiamo in evidenza, il sentimento mal celato dell’invidia, sia nei confronti dell’amico scomparso, sia verso quello, tra i tre superstiti, che ha avuto più successo professionale, l’affetto travagliato tra ciascuno dei partecipanti e l’amore viscerale per la recitazione.
Eppure, solo nella parte finale dell’opera viene esposto tutto il pathos della vicenda; probabilmente per dare voce ad una prova recitativa essenziale, con pochi apici emozionali, che ha palesato realisticamente la generalità dell’esperienza ad ognuno dei presenti, quale eventualità della vita. Il contatto diretto con l’attore su un palco teatrale regala allo spettatore la possibilità di immedesimarsi ed avvicinarsi alla vicenda con prossimità, per vivere il medesimo destino del protagonista, prerogativa di più difficile espressione sul grande schermo, dove, pure gli stessi attori della rappresentazione, sono di casa.
I complimenti vanno al regista per aver voluto mettere a nudo un difficile travaglio interiore, che di certo non ha mancato di innestare riflessioni nel pubblico presente ed all’organizzazione del Cinema-Teatro Metropol, per aver incluso nel cartellone una pièce teatrale di non facile fruizione, ma di profondo pathos.
di Francesco Russo