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Cariati, dalle testimonianze di un passato illustre a moderna cittadina turistica e marinara

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Cariati, lussureggiante cittadina costiera e marinara del basso Jonio cosentino, posta sulla litoranea Strada Statale 106 tra Sibari e Crotone, si caratterizza per la sua figura geometrica irregolare e affonda le sue remote origini al periodo magno-greco. Facente parte della Comunità Montana “Sila Greca”, in prossimità del fiume Nicà, l’arcaica (Carie) è immersa in un piacevole territorio collinare identificato come Regione Agraria n. 17 - Colline Litoranee di Cariati, molto interessante dal punto di vista archeologico, confinante con i Comuni di Crucoli (KR), Scala Coeli e Terravecchia (CS).

Circa la sua fondazione, non vi sono informazioni attendibili anche se pare sia molto reale che con il nome di Paternum la città fosse già nota durante la dominazione romana. Ma, altresì, non sono pochi gli storiografi a indicare, che il paese sarebbe stato fondato sulle rovine di Chone, la vecchia colonia magno-greca presente nei pressi del fiume Nicà1. Spiccata è la diversità di altitudine del suo territorio, con una superficie di 27,95 kmq, che raggiunge una quota massima di oltre 400 metri sul livello del mare, sul quale negli anni si è sviluppato urbanisticamente il suo abitato dal mare sino alla collina per una popolazione complessiva di circa 10.000 abitanti e una densità di 304,3 per kmq. Gli abitanti sono chiamati Cariatesi. La sua economia da sempre è costruita prevalentemente su tre indirizzi: l’agricoltura, con particolare interesse per la pesca, tanto da rappresentare uno dei più importanti poli pescherecci del meridione, l’industria e il turismo.

Sull’origine del toponimo Cariati diverse sono le tesi in campo. La storiografia propende per la derivazione dal termine greco: (chàris-grazia) oppure da (chàrita-città carina e bella)2. Ma altre indicazioni propendono per il termine greco karuatis, ovvero cariatide che fa riferimento a un monumento di donna, come secondo altri deriverebbe dal nome di famiglia greco Karyatis vale a dire cittadino di Karya. Altre ipotesi fanno ritenere la sua origine dalla denominazione di un luogo sacro, dedicato alla divinità Diana dea della caccia, dei boschi, delle donne, chiamato (Cariatide Diana); altre ancora da Korion rilevante roccaforte del periodo bizantino, proveniente dal greco Curuai, in altre parole, abitanti di Carie, l’antica città greca. Infine, non si esclude l’ipotesi, che il suo nome sarebbe legato agli attacchi della pirateria saracena guidati da Khayr al-Dīn Barbarossa, secondo la quale gli abitanti per difendersi erano costretti a ritirarsi dalla marina sulle alture in posizioni più sicure e questo spostamento avveniva mediante l’utilizzo di carri da cui in seguito, secondo alcuni, avrebbe avuto origine il toponimo (Carriati), oggi Cariati3.

Riguardo all’aspetto urbanistico ancora oggi si può osservare come il suo borgo, anima del centro storico della cittadina jonica che conosciamo, fasciato da un cordone di robuste mura e torrioni, in epoca bizantina, della quale ne subì l’influenza culturale, si formò come fortilizio e zona attrezzata di difesa, soprattutto contro le incursioni della pirateria saracena delle quali Cariati nei secoli fu spesso vittima dalle frequenti distruzioni e saccheggiamenti fra le quali anche quelle portate a compimento da Scipione Cicala e da Kaireddin Barbarossa, divenendo così punto di riferimento strategico nel meridione.

Secondo alcune fonti storiche e le testimonianze archeologiche, afferenti una tomba di origine Brettia, rinvenuta presso il sito di Salto in contrada Pruìja, tra IV-III secolo a.C., sul territorio di Cariati, insieme ai ruderi di arcaiche dimore, oggetti in  pietra lavorata e di ceramica, è provata la presenza dei Brettii, come sappiamo, un popolo prevalentemente votato alla pastorizia e alla lavorazione dei campi. Influente anche la dominazione subita da parte dei Romani soprattutto nell’ambito religioso tanto da essere residenza vescovile sin dal principio della religione cristiana. Nel corso del periodo feudale, nell’anno 1000, a partire dall’età normanna dopo l’assedio di Roberto d’Altavilla detto il Guiscardo, Duca di Calabria, nel 1059 Cariati è innalzata prima al ruolo di Contea con feudatario lo stesso Guiscardo e poi, nel XVI secolo, a quello di principato con il suo borgo pronto a mostrare la sua singolare immagine medievale di centro fortificato dall’autorevole passato. Molti furono i feudatari che si alternarono nel possedimento feudale del territorio ad iniziare, secondo quanto riportato dal sito del Comune, da Matteo Cariati, feudatario nell'anno 1260, sul cui cognome gli storici non sono certi; mentre all'inizio del Trecento si parla di Gentile di San Giorgio, cui seguirono i Ruffo di Montalto4,  sotto la cui amministrazione fu confermata come sede vescovile, e ai quali nel tempo si sostituirono altre famiglie e casati quali quelle dei Riario, poi dei Sanseverino, dei Coppola, dei Borgia sino agli Spinelli, che sono ricordati dalla storia come Principi di Cariati. Questi ultimi ne controllarono il possesso fino al 1806, anno in cui furono applicate le leggi eversive sulla feudalità applicate dai Francesi, e l’anno successivo proprio dall’amministrazione francese Cariati viene nobilitata come sede di Governo del Circondario. Va altresì ricordato che durante il governo degli Spinelli i territori di Terravecchia e Cariati, pur non avendone il possesso e l’intestazione, furono amministrati per molti anni dai Sambiase.

Nella sua storia molti furono i cariatesi a seguito del cardinale Fabrizio Ruffo, contro la Repubblica Partenopea. Cariati non fu tra l’altro immune al fenomeno del brigantaggio del quale sperimentò gli effetti riprovevoli essendo stata più volte circondata dai Francesi, durante il loro decennio allo scopo di debellare il triste fenomeno, essendo Cariati uno dei punti strategici per i briganti che utilizzavano la cittadina jonica come loro nascondiglio. La città, inoltre, risentì delle medesime difficoltà che incontrarono tutte le Comunità meridionali nel difficile passaggio all’Unità d’Italia. A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso fino ai nostri giorni Cariati è andata via via rafforzando le sue potenzialità nel settore della ricezione turistica e affermando la sua passione marinara.

Infine, le tracce del suo insigne passato è possibile coglierle attraverso il suo patrimonio archeologico e artistico-monumentale. Agli scavi e scoperte archeologiche di cui si è già accennato e allo stesso borgo medioevale ben mantenuto con le sue sinuose viuzze e le sue poderose mura si devono menzionare alcuni interessanti esempi monumentali come Porta Pia conosciuta anche come Porta Nuova, accesso basilare al Borgo medioevale, la Cattedrale di San Michele Arcangelo, con le sue tre navate, il Palazzo Vescovile e del Seminario, costruzioni del Seicento, il Torrione della Valle, la Torre civica con Orologio, l’Oratorio della Madonna della Catena, la Chiesa dei Minori Osservanti o di Santa Filomena, risalente al XV e certamente il monumento più rilevante della cittadina jonica.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] Cfr. Cariati, La storia del nostro Comune in http://www.comune.cariati.cs.it

2 Cfr. La Storia di Cariati, in http://nuke.ilbelpaesecalabria.it.

3 Cfr. Cariati in http://it.wikipedia.org/wiki/Cariati.

4 Cfr. http://www.comune.cariati.cs.it/index.php?action=index&p=76.

 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica