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Manifesto per una nuova Ellenizzazione

20 minuti di lettura

Il nostro territorio, bagnato dal mitico mare Jonio, dalle profonde acque color zaffiro, protetto tutto intorno dalle selvose montagne della Grande Sila che, degradando in dolci colline coperte di castagni, querci e olivi, si spandono in una larga campagna ubertosa, ricca di alberi di ogni frutto, maggiormente agrumi allineati come soldati e dalle chiome bronzine, e di boschi di pacifici ulivi secolari, dai tronchi maestosi e attorcigliati su cui nascono robusti rami sempre pieni di foglie argentee e di grappoli di olive dai cangianti colori, è di rara e paradisiaca bellezza.

Sul finire di questa ferace pianura – verso est – a mezza quota, su un pianoro, è incastonata Rossano che, superba, con le sue rubre pareti rocciose alte decine di metri, è una naturale e inespugnabile fortezza a cui si accedeva da sette porte un tempo ben munite.

 Alla sommità dei dirupi, a strapiombo sulle sottostanti fresche valli, v’è una ininterrotta e suggestiva teoria di case, vera merlatura della fortificazione, che nasconde alla vista:

  • Innumerevoli edifici pubblici e privati, eleganti, dalle linee architettoniche classiche ed equilibrate.
  • Una grande e bella piazza centrale su cui si affacciano residenze signorili e una neoclassica torre civica con orologio quadrifronte.
  • Tutt’intorno, collegate da larghe strade e pittoresche viuzze, molte altre piazze, spesso adornate di monumenti, che conformano una varia pianta urbana in parte medievale e in parte ottocentesca.
  • Molte costruzioni, grandi e piccole, sono contornate da giardini (uno dei quali, tra i più belli, fu ottusamente espropriato per far posto ad un orribile edificio scolastico) e orti sempre ombrosi che danno frescura e respiro al panorama. Tutti vanno censiti per salvarli dalla barbarie del tempo presente.
  • Splendide Chiese i cui diversi stili testimoniano il secolo di costruzione.

Prima degli sciagurati editti di Giuseppe Bonaparte, nel periodo in cui fu Re di Napoli (1806-8), prima delle infauste leggi eversive del 1861/1862 e prima dei numerosi, orribili e disastrosi terremoti a molte chiese erano annessi conventi di frati e di suore che alla soppressione subirono razzie e ruberie di ogni genere. Così anche per monasteri e castelli foranei: in special modo, all’inizio dell’800, l’abbazia del Patire, abrogata dal Bonaparte, subì saccheggi e spoliazioni violenti: il prezioso altare fu smontato e ricostruito nella chiesa di Schiavonea e il fonte battesimale oggetto di baratto da parte di Compagna Giuseppe con un banchiere americano che l’ha poi ceduto al Museo di New York, mentre la ricca biblioteca andò dispersa.

Il più prezioso tra i monumenti superstiti è il Tempietto di San Marco, gioiello simbolo dell’arte bizantina, risalente al IX/X secolo.

V’è, poi, la stupenda chiesa della Panaghia e quella monumentale del Patirion con i suoi splendidi mosaici e con le vestigia della famosa abbazia.

Un’attenzione particolare, per le sue dimensioni e il suo splendore, merita la Basilica-Cattedrale con l’annesso complesso del Palazzo Arcivescovile della Curia e del Museo diocesano.

Sulla porta principale, in una nicchia, v’è una pregevole scultura in marmo bianco dell’Assunta, a cui nessuno fa caso, opera (1832) dello scultore napoletano Angelo Viva (allievo del Sammartino autore del “Cristo velato”).

Questo mirabile monumento porta, evidenti, i segni architettonici delle epoche in cui gli Arcivescovi vi hanno lasciato traccia. Sulla facciata, dalle composte linee barocche, v’è la dedica alla Madonna protettrice della città: “Per Te Virgo Maria Achiropita Civitas Decoratur”.

L’interno del tempio, costituito di cinque navate, è di austera eleganza, interamente rivestito di pregiati marmi policromi fino alle arcate, sopra le quali vi sono, come nelle tre absidi, luminose e pregevoli pitture che narrano la fondazione della chiesa. Il soffitto è a cassettoni, di ornata fattura e con figure sacre in bassorilievo, il tutto impreziosito da rilucente oro zecchino. Barocchi sono i molti altari marmorei a mosaico, il più ricco dei quali è quello che custodisce l’icona bizantineggiante dell’Achiropita, al centro della navata principale, di fronte al quale v’è un incantevole pulpito in marmo sorretto da un’erma con busto d’angelo.

Nel palazzo arcivescovile, tra le tante belle sale, fa spicco il “Salone degli Stemmi” e la cappella Palatina. Meravigliosa la raccolta di quadri esposti. Nel museo, oltre all’unicum, eccelso, del Codex Purpureus Rossanensis e agli altri preziosi oggetti e paramenti che attestano il fasto di una arcidiocesi storica e prestigiosa, è custodito uno stupefacente busto argenteo della Madonna Achiropita, mirabile scultura dell’arte orafa napoletana del ’700, che viene portata in processione il 15 di agosto.

A mano sinistra della facciata del Duomo si staglia nel cielo il massiccio campanile a cupola maiolicata. La cella campanaria- è questa la prima pubblica e forte denuncia che faccio col presente documento- presenta su ciascuno dei quattro lati monofore ove sono sistemate le quattro più grandi campane delle sei che costituiscono un concerto maggiore (con accordo di prima, terza, quinta e ottava).

Le campane da molti secoli sono l’invito melodico della Cristianità diffondendo il loro suono il più lontano possibile, in città e oltre.

Questa “Voce della Cattedrale” fino a qualche mese addietro chiamava a raccolta i fedeli, annunciava i riti religiosi lieti e tristi e convocava il capitolo della cattedrale (che forse non si riunisce più).

I cittadini tutti erano attenti a questo “richiamo di fede” e sapevano interpretare per quali riti era l’appello. Ora sono ammutolite (come anche tutte le altre campane della città, ognuna con un suo distinto e specifico suono, alcune delle quali sostituite da registrazioni su disco).

È la volgarità ignorante del tempo presente!

Ne vengono suonate un paio, le più piccole, senza alcuna diatonia che, percosse elettricamente e monotonamente, diffondono un suono fastidioso.

L’ultima volta che la campana grande distese il suo lento e grave suono in chiave di basso, è stato quando ha “suonato a morto” in occasione, forse, della “morte della città”. Ora non si sente più perché anche Dio non sta tanto bene, malato di materialismo acuto: basta fare un salto in Chiesa per constatarne la desolazione.

La seconda, specifica denuncia, ancora più grave e allarmante, riguarda la condizione di estremo pericolo di crollo in cui versa l’edificio architettonico più puro, antico e pregiato della città, monumento nazionale, la Chiesa di San Marco. Circa tre anni addietro, un nubifragio ha fatto crollare il muro di cinta del Tempio, travolgendo il cancello d’ingresso e il piccolo campanile a vela, la cui campana, la più antica e bella perché istoriata, è andata in frantumi senza che chi di dovere si preoccupasse di raccoglierne i pezzi per una ricomposizione e rifusione.

Al posto del muro crollato sono stati poggiati cubi di cemento per evitare ulteriori smottamenti. La precaria e provvisoria soluzione è diventata, a quanto pare, più pericolosa oltre che definitiva e, comunque, l’inerzia è dolosa e irresponsabile. Tale condotta testimonia la assoluta ignoranza di chi governa il Comune, nonché della Chiesa locale e della Sovraintendenza ai monumenti.

È fondamentale, per amministrare una città, conoscerne la storia e i monumenti che la documentano, altrimenti non se ne è degni per incapacità, insensibilità e spregiudicatezza.

In proposito voglio narrare un evento di cui, sono sicuro, tutti i predetti richiamati alle loro responsabilità non ne sono a conoscenza. Nell’estate del 1973 alcune agenzie turistiche del Nord-Europa, pubblicizzarono questa notizia: “Visitate l'italia prima che gli Italiani la distruggano".

(Oggi, noi cittadini di Rossano abbiamo motivo e titolo per riappropriarci della pubblicità e dire: “Visitate Rossano prima che questi amministratori finiscano di distruggerla").

L’annuncio ebbe una grande risonanza internazionale tanto che il Governo italiano, per protesta, sollecitò la riunione del “Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa” che decise per il 1975 di proclamare l’anno europeo per il nostro patrimonio architettonico. Il tema d’impegno proposto dal Segretario generale europeo fu:

 “Un avvenire per il nostro passato”

L’Italia promosse un’azione legislativa nazionale seguita da quella regionale (Presidente era Guarasci che legiferò per la salvaguardia dei più importanti centri storici calabresi mediante progetti finanziati).

L’iniziativa comportò una serie di incontri preliminari che, con il contributo di studiosi europei, si tennero a Reggio Calabria ove dal 30 aprile al 2 maggio 1976 si svolse l’ultimo dei quattro convegni previsti.

Il comitato comprendeva eminenti studiosi tra cui il prof. André Guillon della Sorbona di Parigi, il prof. André Jacob dell’Università di Lovanio in Belgio, il prof. Agostino Pertusi della Cattolica di Milano, Presidente era la prof. Fernanda De Maffei della Sapienza di Roma.

L’interesse degli studiosi si concentrò soprattutto su Rossano, sede dello Stratego di Bisanzio anche perché qui erano le principali e le più numerose testimonianze dell’epoca, in particolare San Marco, Patirion e Panaghia. Per la prima volta si seppe che la montagna dell’abbazia era chiamata “Montagna Sacra”.

Rossano era rappresentata dal suo più illustre studioso, Mons. Ciro Santoro, che tenne una appassionata e dotta prolusione, molto apprezzata e pubblicata negli atti del convegno.

Ne seguirono importanti lavori di consolidamento e restauro.

Dopo di allora piccole manutenzioni.

Ora nulla, solo incapacità, indolenza, insensibilità operativa: un disastro, una vergogna per la città.

Per chiudere questo argomento, giorni fa si è tenuto un convegno (10 agosto 2022) dal titolo “L’altrove, qui” ma il tema era sbagliato e forse doveva essere: “Quello che era qui, ora è altrove”.

La paralisi che da circa quattro anni ha colpito Rossano senza che ci sia la speranza che “schiariscano le tenebre e si possa accendere una luce”, mi ha fatto ricordare l’invito accorato di Cacciaguida a Dante per fare qualcosa, ritornando tra i vivi, al fine di scuotere Firenze dall’abbandono in cui versava:

“E lascia pur grattar dov'è la rogna" (Paradiso, XVII-V.129)

I cittadini ingenui ma anche i numerosi servitorami e i tanti piaggiatori e galoppini che durante le ultime elezioni amministrative fecero eco al candidato sindaco che già si presentava spiantato, senz’arte né parte, solo con una stagionata mini-laurea, sono rimasti delusi e sfiduciati perché da subito si sono resi conto che sarebbero andati incontro a un malgoverno di enormi proporzioni, mai sperimentato prima in maniera così grave.

Questi - absit iniuria verbis - con l’abilità del rigattiere e del piazzista, si era allenato e preparato con cura demagogica e opportunistica a cavalcare l’onda, sempre agitata, del malcontento politico presente specialmente tra i frustrati, i parassiti e i vagabondi, ai quali piace vivere di promesse e di facili prebende elargite dal potere.

Vinte le elezioni, alla prova dei fatti, la distanza tra le promesse e le aspettative si rivelò incolmabile per incapacità politica del ciarlatano addottorato che è bravo solo quale mezzo almanaccatore e mezzo mistagogo, senza scrupoli e senza rimorsi.

Il nostro è soggetto senza idee, senza un programma e senza una visione del futuro; non ha ethos né etica ed è privo di amore per la propria terra. A ciò si aggiunge una marcata propensione per la cura degli interessi particolari sia personali che dei suoi galoppini. La sua giunta e i suoi consiglieri, ovviamente, per incapacità politica sono al di sotto di lui.

Alcuni esempi, tra i tanti, ci danno un quadro della situazione:

  • L’assunzione continua e spregiudicata, ormai illecita prassi (che spera gli sia di giovamento alle prossime elezioni), di amici e galoppini quali dipendenti comunali (o raccomandati presso aziende del territorio), aggirando maldestramente norme e regolamenti o frapponendo ostacoli, con raggiri e artifici, ai non graditi candidati;
  • Affidamento diretto di lavori pubblici e gare per servizi e forniture mediante la parcellizzazione della spesa per aggirare i limiti e i vincoli antifrode delle leggi, per cui un’unica gara è frazionata in molte altre. La legge esclude in materia ogni discrezionalità proprio per evitare favoritismi, illeceità e corruzione (Legge 120/2020). Una insolita fioritura di incarichi professionali a soggetti compiacenti, al fine sperato di crearsi ulteriore clientela. Tutto, ovviamente, con danaro pubblico generosamente profuso: tanto paga Pantalone.
  • Lo studiato blocco di rilevanti lavori pubblici già progettati e finanziati (anche da precedenti amministrazioni) e dolosamente non appaltati per avviarli sotto le prossime elezioni al fine di trarne evidenti benefici elettorali (vecchio sistema di Ia Repubblica che “Il nostro” voleva combattere e che invece ha sposato).

Ciò potrebbe costituire reato di voto di scambio, oltre che grave danno economico per l’Ente che, per la congiuntura recessiva in atto, vede giorno dopo giorno lievitare i conti di manodopera e materiali.

Il rischio è duplice: aumento dei prezzi e seria probabilità di non potere realizzare le opere appaltate e finanziate.

L’opposizione consiliare (che è pressoché assente) e l’autorità anticorruzione dovrebbero vigilare, ma non è così, e segnalare gli illeciti alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica.

Ritornando alla citazione di Dante circa l’invito rivoltogli da Cacciaguida, aggiungo i versi successivi:

“Che se la voce tua sarà molesta nel primo gusto, vital nutrimento”

“lascerà poi, quando sarà digesta”

“Questo tuo grido farà come vento”

“che le più alle cime più percuote”

(Dante – Paradiso XVII - VV. 130/134)

Tante sono le tribolazioni che noi rossanesi abbiamo sperimentato in questo ultimo lustro del secolo corrente:

  1. La chiusura del Tribunale, scelleratezza che ha allontanato la giustizia dal cittadino creando un grave vuoto istituzionale. Troppi maestrucoli hanno parlato a vanvera senza competenza e senza autorevolezza;
  2. Il depotenziamento dell’Ospedale Civile che di fatto priva il cittadino del suo diritto costituzionale alla salute. La roboante propaganda di regime sulla costruzione del nuovo ospedale – ancora poco oltre le fondazioni dopo 15 anni – è un concione che il lancio di coriandoli non può nascondere. Gli ammalati continuano a morire e i disagi sono enormi perché sballottati in vecchie ambulanze per raggiungere lontani ospedali. Con la scusa del contenimento della spesa (da fare eliminando sprechi e cacciando i ladri), non si investe nel bene più prezioso della persona anche perché interessi privati, che tutti sanno ma non chi di dovere. E, producono profitti illeciti proprio e chi è ai vertici (“Intelligenti, pauca”);
  3. La fusione dei Comuni.         
    Operazione, questa, dalla complessa è difficile tematica che necessitava di un preliminare studio di fattibilità per valutarne con certezza sia gli aspetti negativi che quelli positivi che ne sarebbero derivati. Tutto fu fatto con faciloneria e approssimazione anche perché c’era chi sperava di mettere le mani sulla nuova più grande città. Inoltre, la legge Regionale istitutiva della fusione, la n. 2 del 02/02/2018 (quanti 2, presagio d’insuccesso) s’è rivelata del tutto lacunosa, imprecisa e mal formulata da chi forse presumeva di avere la caratura del legislatore. Soprattutto non è stato valutato il serio e grave rischio della perdita di identità anche di uno solo degli Enti interessati, cosa avveratosi per Rossano. A tutto ciò si è aggiunto, nella fase anteriore alla prima elezione degli organi del nuovo Comune, una gestione commissariale del tutto deficitaria ad opera di un funzionario di prefettura privo di esperienza e di capacità oltre che animato da interessi partigiani. Costui, cosa più grave, non ha inteso dotarsi (forse neanche lo sapeva) di uno statuto provvisorio (art. 3, 7° comma della L. R.) ed invece ha applicato quello “del Comune di maggiore dimensione anagrafica” cioè di Corigliano rispetto a quello di Rossano conforme al T.U.E.L. 267/2000 e senza verificarne la “compatibilità”. Gli organi eletti (Sindaco e Consiglio) si sono rivelati, alla prova, culturalmente impreparati, inadeguati e incapaci a soddisfare le mutate esigenze del nuovo Ente sia in termini di rappresentatività che di servizi; oltre che per ignoranza evidente delle norme. L’azione di governo del Consiglio, anche all’interno dello stesso schieramento politico, si caratterizza per evidenti contrapposizioni a tutela di interessi localistici e senza una visione unitaria e una programmazione dello sviluppo. Il sindaco (ma anche i consiglieri comunali, muti nella circostanza) operano, nelle rispettive attribuzioni, in violazione sia dell’art. 15, 2° comma del D. Lgs. N. 267/2000 sia dell’art. 6, 1° comma della L.R. n. 2/2018. Infatti, “entro sei mesi dalla loro elezione” il Consiglio Comunale (non gli “organi del comune di Corigliano Rossano”: è uno dei tanti strafalcioni della L.R.) doveva approvare il nuovo statuto. Sono trascorsi oltre tre anni e mezzo e ancora lo statuto non è andato all’esame del Consiglio. Di quest’atto, il più importante  per la gestione del Comune, circolano diverse bozze, tutte pressoché uguali. La  qualità principale dello Statuto ( dell’ultima bozza che circola) è l’amorfismo per essere, nel suo complesso, conforme ( rectius, copiata) alle centinaia di statuti della gran parte dei Comuni d’Italia (Internet docet).
    Pe il nostro c’è una aggravante speciale: manca una Presentazione, o Introduzione che dir si voglia, necessaria per la speciale circostanza eccezionale della fusione di due grossi comuni, per illustrare le nostre peculiari caratteristiche storiche, artistiche, culturali, paesaggistiche ed anche economiche e produttive. La Legge (art. 7 comma 1 della L.R. istitutiva e l’ art. 16 del D.Lgs 267/2000) impone di “Preservare l’identità storica e culturale”. Altro che maggiore numero anagrafico di uno dei due comuni (poche centinaia di cittadini non annullano differenti qualità storiche, culturali, artistiche e di ruolo rivestito per oltre due millenni). 
    L’incipit dello Statuto è un misero, deludente e avvilente “Preambolo”. Ancor di più gli articoli del I Titolo, specie l’art. 1.    
    Oggi si parla di “Bellezza” nella sua accezione più ambia e ricca, tanto è vero che all’esame del Parlamento v’è una modifica dell’art. 1 della Costituzione: l’aggiunta di un 3° comma così formulato:         
     “La Repubblica Italiana riconosce la bellezza quale elemento costitutivo dell’identità nazionale, la conserva, la tutela e la promuove in tutte le sue forme materiali e immateriali, artistiche, culturali, paesaggistiche e naturali”.          
    V’è anche calendarizzata in Parlamento una legge ordinaria per “La bellezza, la sua conservazione, la repressione degli abusi e la promozione del senso civico”.
    Di tanta bellezza storica, artistica, paesaggistica e naturale Rossano fa parte per essere stata protagonista, per come dimostrerò, per oltre duemila anni.          
    Lo Statuto doveva aprire con una adeguata descrizione storica, artistica, paesaggistica e geografica  dei due Comuni e non con un “Preambolo” e un ‘art. 1 insignificante, che non ha nulla di nobile e di elevato né dal punto di vista letterario né da quello tecnico-giuridico.
    Il riferimento agli “Enti c.d. esponenziali” ha un significato solo criminologico che è previsto dal Codice di procedura penale (artt. 91, 505, e572 c.p.p.) ,non altro alto valore come può  dare solo il richiamo della Bellezza, della Storia, della Cultura, dell’Arte, la qualità delle risorse e lo spettacolo della natura.                                 .
    Nello specifico si tratta del diritto riconosciuto agli Enti di costituirsi parte civile nei processi di criminalità di un certo allarme sociale come potrebbero essere (è bene che lo sappiano gli interessati)  quelli per corruzione.  
    Forse sarebbe stato più utile, dopo il richiamo alla “Bellezza, alla Storia, all’Arte, alla Cultura e alla Natura”, un articolo per promuovere il “senso civico” delle nostre popolazioni per ricondurci alla antica civiltà che non  è persa ma sopita.     
    Manca, poi, la regolamentazione urgente di un concorso di idee per il nome della nuova Città.
    Concorso di idee che, dopo una selezione dei nomi più probabili, deve sfociare in un referendum popolare perché i cittadini sono quelli che devono fare tale scelta.           
     Molta è l’aria fritta che c’è nello Statuto che, invece, deve, essere essenziale, concreto e, soprattutto, chiaro e applicabile.  Trattandosi del più importante atto di vita del Comune, il vuoto normativo è reato perché il termine a tutti gli effetti è essenziale e perentorio e, poi, tre anni di ritardo oltre quello dei sei mesi previsto, è più che sufficiente per ipotizzare il reato anche per i danni che ne sono conseguiti specialmente alla comunità di Rossano di cui, in base all’art. 7 della L.R. bisognava e bisogna “preservare e valorizzare l’identità storico-sociale”. Per come non è avvenuto e per come dirò.
  4. L’esito della prima elezione dopo la fusione.                                       
    È stato disastroso e frutto di una sconvolgente emotività di cui v’è spiegazione plausibile fondata su un a critica ragionata. In una democrazia come la nostra, non proprio perfetta, caratterizzata nell’ultimo decennio da instabilità politica ed economica, è facile che nei tempi torbidi si risveglino sia nelle classi sociali più deboli che tra i profittatori (anche per istigazione di aspiranti governanti poco onesti) istinti di protesta e di rancore che sfociano in ribaltamenti del fronte politico al potere. Questo clima, appunto, favorisce i furbi senza scrupoli, specie se fannulloni squattrinati, che hanno la smania di sostituirsi a coloro che detengono la gestione della cosa pubblica per prenderne il posto e sistemarsi a spese di noi cittadini. Costoro, pertanto, cavalcano il dissenso, illudono gli sprovveduti e attirano nella loro rete i parassiti che non mancano mai. Nel maggio 2019, data delle ultime elezioni locali, questa tattica demagogica, carica di invettive e di facili promesse, ha fatto presa e portato al successo il sindaco ora in carica. Va ricordato che era stata già sperimentata, vittoriosamente, nelle elezioni politiche del marzo 2018 da un movimento politico qualunquista e populista fatto di sfaccendati sfasciacarrozze che in effetti hanno definitivamente disastrato economicamente il quadro politico esistente e le elezioni di questi giorni hanno comportato il ribaltamento di quegli illusionisti inetti e in mala fede. È ormai fatto consolidato che la manipolazione del consenso da parte di impostori, che non hanno mai dato prova nella loro vita privata di essere capaci in qualche cosa di onesto e produttivo, è pratica illusoria, provvisoria, di breve durata e, come tutte le eccitazioni emotive, presto svapora, creando negli onesti proteste e malcontenti maggiori dell’originaria suggestione. Al furbastro di turno è caduta la maschera, senza intervento di chicchessia, per sua incapacità, inadeguatezza e mancanza di corredo culturale per agire per il bene comune ed anche, per come già detto perché è “in tutt’altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato.”, tanto per usare il celebre viatico del Giusti.

In conclusione, dai pochi (ma gravi) esempi fatti si deduce che le “Piaghe d’Egitto”, di biblica memoria, gli editti napoleonici, le leggi eversive postunitarie e i molti orribili terremoti, che nei secoli passati hanno squassato dalle fondamenta Rossano, sono stati meno disastrosi di questa ultima attuale sventurata gestione della cosa pubblica. Né alcuna speranza o fiducia può essere riposta nella Giunta in carica perché le lacune del sindaco lo portano, per ovvi motivi, a circondarsi di persone con tacche di capacità qualitative e quantitative inferiori a quelle del capo, perché solo così può tenerli sotto controllo.

Non dobbiamo assolutamente dimenticare tutte queste tribolazioni che ci porteremo fino alla fine, visto che non possiamo sperare in una “comoda ritirata” (il “commodus discessus” dei latini) dal momento che il sindaco non sembra disposto, a quel che pare, a rinunciare a perseguire, finché gli è possibile, i propri interessi personali. Ma non dobbiamo neanche perderci d’animo e avvilirci.


Da qui l'esigenza di un Manifesto per una nuova Ellenizzazione

L’orgoglio delle nostre radici ci impongono un nuovo inizio, con coraggio, con entusiasmo, senza tiepidezza d’intenti, gelosi della nostra storia e delle nostre prerogative. Da oltre duemila anni, Rossano è stata sempre città leader nel territorio e in Calabria. Dopo la caduta di Sibari e di Thurio divenne municipio e avamposto militare romano. L’imperatore Adriano vi costruì un grande porto che poteva ospitare oltre trecento navi. Fu sempre centro di primo piano per la sua importanza culturale, artistica, religiosa e militare e il suo splendore e la sua potenza aumentarono per oltre sei secoli sotto l’impero di Bisanzio quando fu eletta a sede dello Stratego.

Il grande generale di Giustiniano, Belisario, nel 540 vi stabilì il suo quartiere generale per la lotta contro i Goti. Ospitò a lungo l’imperatrice Teofano, moglie di Ottone II, e la corte germanica, nel periodo della guerra contro i Saraceni che lo sconfissero e fecero prigioniero in una battaglia navale. Ottone II riuscì a fuggire buttandosi in mare dalla nave, raggiungendo a nuoto la spiaggia di Rossano (892).

Ruggero d’Altavilla la incendiò per rappresaglia perché aveva dato asilo al fratello Boemondo durante la lotta per la successione al trono dopo la morte di Roberto Guiscardo. Boemondo, primo genito, qui morì e poi fu sepolto a Canossa. Qui molti monaci basiliani, durante il loro esodo, trovarono rifugio nei monasteri portando con loro dall’oriente il Codex Purpureus, gemma preziosa dell’arte miniaturistica oltre che testo evangelico tra i più antichi.

Numerosi e famosi i suoi monasteri, chiese, castelli, palazzi e monumenti sia urbani che foranei, molti dei quali distrutti dai frequenti terremoti. Di essi v’è traccia in due documenti storici toponomastici: la pergamena dei principi Aldobrandini, nel museo di Frascati, opera dell’Abate Pacichelli del 1600 e la incisione in rame di Tommaso Piatti del 1700 che è nel comune di Rossano.

È Patria di Santi, Papi, letterati, giuristi, scienziati ed eroi:

  • Beato Giorgio, Beata Teodora, San Nilo, San Bartolomeo, Beata Isabella De Rosis; Abate Silvestro De Franchis;
  • dei Papi Giovanni VII; Giovanni XVI; URBANO VII; (probabilmente anche di Papa S. Zosimo);

di illustri medici:

  • Donnolo Shabbtai, Bruno da Longobucco, Mario Paramatti, Nicola Giannettasio;
  • di Giovanbattista Paladino eccelso calligrafo;
  • di musicisti: Gaspare Fiorino; Domenico Scorpione;
  • di giuristi: Vincenzo Amarelli; Giuseppe Toscano, Alfredo De Marsico;
  • di condottieri ed eroi: Oliviero Somma, i dieci nobili capitani che al comando di don Diego Cavaniglia nel 1480 difesero Otranto dai Turchi; Luigi Minnicelli, Garibaldino; Antonio Roberto Falco, tenente medaglia d’oro (1918), Vincenzo Zumpano eroe della seconda battaglia dell’Amba Alagi sotto il comando del Duca Amedeo D’Aosta  (17/05/1941);
  • fu sede di due Accademie, quella degli Spensierati e quella dei Naviganti;
  • prestigiosa e antichissima Sede Arcivescovile;
  • il suo porto, dotato di arsenale, fu sede di Dogana e Fondaco
  • fu feudo della principessa Bona Scorza, anche regina di Polonia, della principessa Olimpia Aldobrandini, della principessa Cobella Ruffo, dei principi Marzano, dei principi Borghesi.

È questa una sintesi del tutto incompleta ma che dà un’idea del grande ruolo culturale, artistico, religioso, scientifico e militare che la città di Rossano per oltre duemila anni ha avuto.


Bisogna riprendere il cammino oggi scelleratamente interrotto.

Bisogna far valere l’importanza della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre prerogative perché ci spetta il giusto ruolo e riconoscimento anche nel presente e nel futuro.

Bisogna che tale ricchezza abbia il suo peso anche nel nuovo comune, senza gelosie, senza invidie, senza paesanismi che sono nocivi per tutti e soprattutto per chi tenta di usarla contrapponendo minori valori che vanno comunque sommati alla maggiore ricchezza.

I sentimenti di invidia e gelosia in questa singolare circostanza politica e amministrativa che sta vivendo la nuova comunità cittadina non sono propizi in una fase che deve vederci uniti per un comune interesse al progresso e allo sviluppo.

I sentimenti di avversione o, peggio, di ostilità, rivalità e antagonismo (in breve, di campanilismo) non possono prevalere su oggettive e inconfutabili valutazioni che storia, cultura e arte documentano.

Il nostro passato non è una colpa ma lo offriamo alla aggiunta comunità, nostra sorella, per condividerlo insieme con orgoglio e rispetto.

L’invidia non può generare frustrazioni è uno dei sette vizi capitali, è madre di confusione in natura, nemica della concordia, rodimento dell’anima e del cuore di chi la nutre.

Genera sentimenti di avversione, nuoce alla storia e alle bellezze del passato e brucia le speranze del futuro.

Per questo nuovo cammino c’è bisogno del contributo dei cittadini più onesti e disinteressati che sono poi i migliori, quelli che nutrono un sincero e profondo amore per la propria città e le proprie radici.

Abbiamo il dovere di tramandare questo prezioso passato alle generazioni future perché attraverso la storia si diffonde la linfa necessaria per un domani migliore.

Viviamo in una terra di paradisiaca e incomparabile bellezza che ha ospitato le più antiche civiltà del mondo, quella ellenica e quella romana.

Una terra resa ancora più bella dalle opere dell’uomo: è’ nostro dovere non solo  preservarla mai aggiungere bellezza alla bellezza, cultura alla cultura, arte all’arte, scienza alla scienza, civiltà alla civiltà.

Eliminiamo le incertezze, i dubbi e mettiamoci in marcia schierati come una falange e armati come gli opliti.

Centro Storico di Rossano, il giorno di S. Francesco d’Assisi.

Pino Zumpano

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.