Morì folgorato nel Cimitero di Pietrapaola, assolti in appello i titolari delle ditte che stavano svolgendo i lavori
La Corte di Appello di Catanzaro, accogliendo in toto le istanze dei difensori degli imputati, nonché dei responsabili civili, ha assolto gli imputati perché il fatto non sussiste
PIETRAPAOLA - La Corte di Appello di Catanzaro, Sezione Prima, ha assolto i titolari delle due ditte che stavano svolgendo i lavori all’interno del Cimitero di Pietrapaola nel mese di giugno 2010.
Come si ricorderà, il 3 giugno del 2010, perdeva tragicamente la vita un giovane operaio il quale veniva folgorato dai cavi ad alta tensione della cabina elettrica presente nel Cimitero di Pietrapaola; nello specifico, dopo aver parcheggiato l’autobetonpompa per il getto del calcestruzzo per la costruzione di alcuni loculi e dopo aver lasciato il braccio del mezzo vicino ai cavi ad alta tensione, il giovane restava folgorato sul posto nel momento in cui azionava il telecomando del mezzo per muovere il braccio.
Pertanto, venivano rinviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per violazione delle norme di sicurezza sul lavoro i due titolari delle due ditte e successivamente condannati in primo grado dal Tribunale di Castrovillari alla pena di anni due di reclusione, oltre al risarcimento del danno in favore delle costitute parti civili.
La Corte di Appello di Catanzaro, accogliendo in toto le istanze dei difensori degli imputati, Avv. Giuseppe Zumpano, Avv. Araldo Parrotta, Avv. Vincenzo Paolo Sisto, Avv. Gianluigi Zicarelli, nonché dei responsabili civili Avv. Luigi De Gaetano per il Comune di Pietrapaola e Avv. Annamaria Romeo per la Groupama Assicurazioni, in totale di riforma della sentenza di primo grado, ha assolto gli imputati perché il fatto non sussiste evidenziando che la condotta della povera vittima è risultata “anomala” e “abnorme” in quanto non si era attenuta alle istruzioni impartitegli, non sussistendo in tal caso alcuna responsabilità degli imputati.
Avverso la sentenza di appello è stato proposto ricorso in Cassazione.