“La navicella del mio ingegno, per correre migliori acque, si eleva verso nuove frontiere”: già,
il sud si eleva e sembra proprio aver raccolto e fatto suo il significato racchiuso in questa frase di
Dante, contenuta nel
Purgatorio de
La Divina Commedia. Non c’è che dire: per il meridione l’elezione di
Matera a
capitale della cultura 2019, che così ne diventa ambasciatrice in Europa, è un riconoscimento che aspettavamo da millenni, millenni in cui la nostra cultura, fatta di incroci di popolazioni, di vissuti e tradizioni che si sono intersecati, ha lasciato sui suoli le tracce di un’antichità che ancora parla, più viva che mai. Come non emozionarsi di fronte a quel boato di voci entusiaste, che ancora risuona fino alla costa jonica, per la premiazione di quei “
sassi” che, come le piramidi di Giza o l’Acropoli di Atene, ora conosceranno il piacere di essere universali. Come si arriva a questo punto è presto detto: alla base, un progetto fondato sulla fiducia nelle proprie potenzialità e in una classe politica vincente, che non ha perso tempo dietro a polemiche sterili e quei sassi li ha valorizzati sul serio. E noi? Quelle grida soddisfatte le lanceremo mai al cielo? Potremmo e dovremmo. Sembra quasi un cliché dire che qui tutto parla di cultura, ma tant’è. Se non fosse così, il nostro
Codex Purpureus Rossanensis non sarebbe stato scelto dall’Unesco quale patrimonio dell’Umanità. Da qui si può partire e, se ci si sa fare, il percorso è tutto in ascesa. Intanto, nella cultura non si taglia, non si blocca, non si sorvola. Anzi, se tanto mi dà tanto, l’investimento vuol dire futuro. Vogliamo vedere file di bus turistici deviare verso la nostra città, quasi come in uno strano pellegrinaggio, per ammirare le pagine rosse di un codice che è arte e insieme sacralità? Facciamolo tornare, nel frattempo, e al suo arrivo accogliamolo nel caldo abbraccio di chi lo sente proprio e, per questo, vuole farne il “traino” di un progetto che non si prepari nell’arco di una settimana e il cui valore poi si consumi nell’arco di un solo anno. “
2015 Anno del Codex”: è un buon inizio, ma i nostri politici devono volere di più, magari con l’aiuto del nuovo vescovo che, nell’intervista esclusiva a “
L’Eco dello Jonio”, prometteva l’individuazione di «percorsi e iniziative che possano meglio far risaltare il valore storico, artistico ed ecclesiale di questa perla preziosa da noi custodita». In quel noi, speriamo che l’
Arcivescovo Satriano, il
nuovo presidente della Provincia Mario Occhiuto e il governatore che verrà, racchiudano un territorio intero. Dopotutto, siamo in prossimità delle elezioni regionali e, al di là dei vari “vedremo” e “faremo”, noi restiamo con i piedi per terra. Fiduciosi, sì, ma concreti.