di MARTINA FORCINITI E se dopo aver festeggiato il Carnevale, invece di scrollarci di dosso coriandoli e stelle filanti ci pulissimo le facce da bucce e succo di clementine? Sembra quasi una strategia del terrore, la nostra, pronti a passare di provocazione in provocazione pur di accendere un occhio di bue sulla nuova piaga della Sibaritide. Sulla vera beffa di un prezzo vergognoso - quello a cui viene venduto il nostro oro rosso - che punisce duramente i produttori agricoli della Piana. Una provocazione, dicevamo. Che poi, però, non è così fine a se stessa. E in effetti quello che ai più potrebbe sembrare quasi un insolente insulto, altrove è la solida premessa di un rito cittadino straordinariamente intenso e partecipato.
CLEMENTINE, NON FACCIAMONE UN MARTIRE
Qualcuno è probabile che conosca la storica tradizione del Carnevale di Ivrea, dove la stagione di maschere e allegorie è già iniziata da un pezzo, con il risveglio della città niente di meno che il 6 gennaio a suon di pifferi e tamburi. Da quelle parti, in effetti, la celebrazione è tutt’altro che uno scherzo. E non è un caso che gli Eporediesi impegnino 275 giorni l’anno ad organizzarne i festeggiamenti. I restanti a far festa. E dai preliminari esasperati con sfilate, cortei, street food e concerti, ci si fa strada verso uno strepitoso climax. Che viene innescato da una imponente e grandiosa battaglia di arance. Eccolo il nostro nocciolo duro: tonnellate di succosi agrumi pronti a diventare uno scenico tappeto di bucce e polpa ma protagonisti di una liturgia che trasuda identità e senso di appartenenza alla comunità. E che, manco a dirlo, richiama ad Ivrea 100mila spettatori l’anno. Insomma, se la nostra gustosa clementina da pilastro dell’agricoltura sibarita è destinata a imputridire, dimentichiamoci per un attimo di gettarla a mare o in pasto ai maiali. Non facciamone un martire, ma rendiamola nuovamente protagonista quale perfetto strumento di marketing. Valvola di un turismo esuberante ed emozionale; imperfetto – sì – ma che ci lasci sognare scenari che non facciano paura. In mancanza di prospettive migliori, il ristagno economico si combatte a colpi di frutta. Che dite, ci state? [gallery link="file" columns="2" ids="81053,80960"]