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Dal Crati all’Isarco: quel treno che può riportare il mondo a Sibari

4 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO/BOLZANO - C’è un treno che attraversa l’Italia da sud a nord, cucendo paesaggi, climi, identità e immaginari che sembrano inconciliabili. È il Frecciarossa Sibari-Bolzano. Parte dalla stazione della Piana, si riversa sul Tirreno e, attraversando pianure e città, risale l’Appennino arrivando nel cuore del Trentino Alto Adige, a pochi chilometri dal confine Italiano, tra le Dolomiti. Da un capo all’altro, dal Crati all’Isarco, i nostri Manzanarre e Reno.  È lo stesso treno che, simbolicamente, racconta due estremi del turismo italiano: il Sud della grande storia magnogreca e il Nord dell’organizzazione, degli eventi, delle esperienze strutturate.

Noi lo abbiamo preso per andare a Bolzano. E il viaggio è diventato racconto.

Bolzano non è solo una città. È un meccanismo culturale che funziona. I mercatini di Natale, attrazione iconica e riconoscibile a livello europeo, non sono un evento isolato ma l’innesco di un vero effetto domino: musei, parchi, installazioni artistiche, mobilità sostenibile, enogastronomia, attività per famiglie. Tutto è connesso, tutto dialoga.

Il Mercatino di Natale di Bolzano, certificato Green Event, accoglie ogni anno migliaia di visitatori tra piazza Walther, il Parco di Natale lungo l’Isarco e il Parco dei Cappuccini. Non è solo consumo: è narrazione. Artigianato locale, prodotti regionali, musica, riti dell’Avvento, attenzione all’ambiente, incentivi a raggiungere la città in treno. Il Natale diventa esperienza culturale diffusa, non folklore.

Dentro questo sistema, la cultura alta dialoga con quella popolare. Ed è qui che il viaggio cambia passo.

L’incontro con Ötzi: la preistoria che parla al presente

Il cuore pulsante della nostra visita è stato il Museo Archeologico dell'Alto Adige, custode di una delle testimonianze più straordinarie della storia umana: Ötzi, l’Uomo venuto dal ghiaccio.

La forza di questo museo non sta solo nell’unicità del reperto, ma nel modo in cui viene raccontato. Ötzi non è esposto come una reliquia, ma come una persona. Un uomo di oltre 5.000 anni fa, con le sue scarpe termiche, i suoi utensili, le sue ferite, il suo DNA. La tecnologia di conservazione, la narrazione scientifica, il rispetto etico dell’esposizione trasformano la visita in un’esperienza emotiva e conoscitiva profonda.

I numeri parlano chiaro: oltre 310.000 visitatori nel solo 2024, più di 6,5 milioni dal 1998. Un museo “piccolo”, se misurato in metri quadrati, ma enorme per impatto culturale e turistico. È la dimostrazione che, quando la storia viene resa viva, diventa attrattore globale.

Il Natale dei bambini: l’esperienza dentro l’esperienza

C’è poi un livello ancora più profondo, quello che riguarda i bambini. Nel Parco dei Cappuccini, alle spalle della pittoresca Chiesa dell’Annunziata, il Natale diventa un vero e proprio mondo da abitare. Laboratori, manualità, racconti, cucina tipica, conoscenza degli animali, giochi, teatro. Tutto gratuito. Tutto pensato per creare relazioni.

Qui spicca l’esperienza dell’Associazione Genitori Adottivi e Affidatari Altoatesini, guidata da una straordinaria Michela Morganti che porta avanti, insieme ad altre associazioni, un progetto che è, letteralmente, un’esperienza nell’esperienza: famiglie che accolgono altre famiglie, bambini che imparano facendo, comunità che si riconosce. Non intrattenimento, ma educazione emotiva. Non evento, ma valore.

Sibari: la grande bellezza che aspetta di essere raccontata

Ed è qui che il pensiero torna a sud. Torna a Sibari. Torna alla Sibaritide, che non ha la neve, non ha le luci di Natale alpine, ma possiede qualcosa di altrettanto dirompente, speciale, potremmo dire tranquillamente unica: una stratificazione – è il caso di dire di questi tempi - di storia, cultura e paesaggio che non ha eguali.

Il Parco Archeologico di Sibari nel 2024 ha superato i 215.000 visitatori, con un trend in forte crescita anche nell’estate 2025, oltre 140.000 presenze in pochi mesi. Numeri che certificano una ripresa strutturale e collocano Sibari tra i grandi poli culturali del Mezzogiorno. È tanto ma ancora troppo poco. Sybaris, infatti, non è solo un sito archeologico: è una destinazione esperienziale totale. Magna Grecia, paesaggio, tradizioni, cibo, mare, borghi, identità. E lo stesso Museo Archeologico della Sibaritide non è certo il Museo del Trentino Alto Adige, un bomboniera – sì – ma che racconta uno spaccato di storia che per dimensioni e spazio temporale non è assolutamente quello che offre lo spazio espositivo di Casa Bianca.

La differenza, oggi, non sta nel valore dell’offerta, ma nella capacità di sistema.

Invertire la marcia del treno

La vera sfida, allora, è una sola: invertire la marcia di quel treno. Se Bolzano riesce a portare visitatori da tutta Europa grazie a un evento identitario che genera cultura, perché la Calabria del nord-est non dovrebbe riuscire a portare trentini, altoatesini, viaggiatori del Nord sulle sponde della Sibaritide, non solo d’estate, ma tutto l’anno?

Qui non manca la materia prima. Manca il racconto condiviso. Manca il ribaltamento del pregiudizio. Manca la consapevolezza che promuovere Sybaris, la Sibaritide, la Calabria del nord-est non è difesa campanilistica, ma investimento culturale. Ed è quello che oggi sembra mancare nella narrazione di questo territorio che appare più preoccupato a difendere confini (guai a chi sposta di un millimetro i paletti del rivelato) che non a cercare un modo – e di motivi, prospettive e possibilità ce ne sarebbero a iosa – per creare la grande Sibari. Che – attenzione – non sarebbe un’invenzione ma un dato di fatto, in un’are condivisibile dal Fiume Sinni al Torrente Nicà. Basterebbe solo volerlo, smontando i paletti della supponenza e della saccenza.

Bolzano ci insegna che la bellezza, quando è organizzata, diventa orgoglio identitario, in un villaggio esteso che va da Merano a Bressanone sotto un’unica visione territoriale. Sibari, invece, ci ricorda che la bellezza, quando è antica, ha bisogno solo di essere ascoltata e raccontata. Insieme.

Il treno passa già. Sta a noi decidere se continuare a salirci solo per andare via, o se finalmente usarlo per far arrivare gli altri. E raccontare, senza complessi, che anche qui – tra mare, storia e identità – esiste una magia che dura tutto l’anno.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.