Vicenda Baker Hughes, la reazione rovente dell'USB: «Caso che restituisce visione povera della Calabria»
La voce fuori dal coro del sindacato autonomo che si schiera contro il mainstream politico, industriale e sindacale calabrese e difende le scelte di Stasi: «Gli investimenti industriali non vanno accettati ad ogni costo»
CORIGLIANO-ROSSANO – Continua a rimanere caldo, anzi rovente, il clima in città e su tutto il territorio regionale attorno alla vicenda Baker Hughes. La multinazionale, ricordiamo, ormai due settimane fa, ha deciso di ritirarsi da un investimento di 60 milioni di euro a causa delle più volte evidenziate lungaggini burocratiche e “cavilli tecnici” sorti durante l’iter autorizzativi e - come sottolinea oggi in modo pungente in una nota la Confederazione Cosenza dell’Unione Sindacale di Base – di una «presunta avversione da parte del sindaco Flavio Stasi».
L’USB scende a gamba tesa nella polemica attaccando tutti e differenziandosi dal coro del mainstream calabrese che dalla politica per finire alle organizzazioni di categoria passando per i sindacati confederali hanno espresso chiaramente un’unica posizione: è stata una follia aver perso un investimento che avrebbe potuto innescare la leva del progresso, dell’occupazione e dello sviluppo in un’area della Calabria, quella del nord-est, che continua ad attraversare una lunga e profonda crisi economica.
Ma sono proprio le «alleanze trasversali» che insospettirebbero tanto da spingere il sindacato a lanciare una controffensiva a difesa del primo cittadino di Corigliano-Rossano che, oggi, a tutti gli effetti sembrerebbe l’unico sul tavolo degli imputati. E la nota dell’USB colpisce duro accusando tutti gli attorni in campo a voler «piegare» il sindaco ai desiderata dell'investitore, «senza alcuna considerazione per il piano urbanistico comunale» o per il corretto iter autorizzativo. Secondo USB, infatti, questa logica «riflette una visione povera della Calabria, relegata al ruolo di regione più povera d’Europa, dove una multinazionale può fare ciò che vuole».
In particolare, il sindacato denuncia l'assenza di un «ragionamento a lungo termine sull’impatto ambientale e sulle conseguenze dell’investimento», ponendo al centro del dibattito il diritto delle comunità locali a condizioni di vita dignitose e sane e ricordando le lezioni dimenticate dai casi della Pertusola e della Marlane.
Non solo, il sindacato critica aspramente chi implora Baker Hughes affinché rimanga. «Una mentalità» scrivono – che restituisce l'idea di una Calabria periferica e alla mercé di chiunque prometta lavoro». «Gli investimenti industriali – aggiungono dalla Confederazione dell’USB Cosenza - non vengano accettati a ogni costo». «Agli investitori privati – sottolineano - va imposto di offrire garanzie, rispettare i territori e le regole, e riconoscere chi li rappresenta. Non sono salvatori della patria, non hanno come missione il miglioramento delle condizioni dei calabresi: sono società che legittimamente decidono di investire per fare profitto, nessuna beneficenza, come alcuni vorrebbero far credere. Noi, al contrario di molti altri, non ci genuflettiamo di fronte a nessuno. Chi pensa che, purché si crei lavoro, ogni investimento debba avvenire in deroga a qualsivoglia legge e idea di sviluppo, ha la memoria corta e non vuole il bene dei calabresi».
«Chi, in queste ore, - sottolineano ancora dal sindacato - fa l'alfiere degli interessi di Baker Hughes si faccia un esame di coscienza sul proprio operato e sul contributo che offre a questa terra, e si impegni per investimenti su salute, messa in sicurezza del territorio e produzioni industriali innovative, al passo con le **sfide **di questo tempo. Il porto di Corigliano – conclude la nota - deve acquisire maggiore centralità, sfruttando le enormi possibilità che la Sibaritide e il Mediterraneo offrono e che chi dirige l'Autorità portuale, attualmente, è totalmente incapace di cogliere. Auspichiamo che il dibattito pubblico vada oltre il tifo per Baker Hughes».