Allarme scuole nell’entroterra della Sila greca: mancano iscrizioni, istituti superiori verso la chiusura
Per il prossimo anno scolastico l’ex Provveditorato non ha autorizzato la prima classe dell’Ipsia di Longobucco: mancano alunni. Allarme Cgil: «Servono leggi speciali altrimenti i paesi muoiono». Rischio desertificazione ad effetto domino
CORIGLIANO-ROSSANO – L’ex Provveditorato agli studi di Cosenza non ha autorizzato la Prima Classe dell'Istituto professionale di Longobucco per l'anno scolastico 2023-24. La notizia, così cristallizzata in un quadro asettico, potrebbe non avere nulla di eclatante. Inquadrata, però, in un più complesso ragionamento territoriale assume contorni drammatici. È questa la conferma – semmai fosse stata necessaria – che i centri dell’entroterra della Sila greca hanno oltrepassato il punto di non ritorno demografico. Il passo successivo, se non verranno assunti provvedimenti utili e stringenti, sarà la totale desertificazione ed il consequenziale abbandono dei paesi.
A lanciare l’allarme è il segretario della camera del lavoro della Cgil di Longobucco, Tonino Baratta: «A rischio il diritto all’istruzione dei nostri giovani». Il sindacalista mette in guardia sulla questione dell’istituto superiore cittadino che dal prossimo anno non avrà più un nuovo corso. Che potrebbe non rimanere un caso isolato. Non solo l’Ipsia. «Al Liceo scientifico – dice ancora Baratta - non si forma la prima classe per mancanza di iscrizioni mentre addirittura le scuole primarie longobucchesi vanno verso l’istituzione delle pluriclassi con la relativa perdita di posti di lavoro». Un vero e proprio effetto domino, innescato dalla carenza demografica e che a catena mette in bilico tutto il sistema scuola – in questo caso – ed il suo indotto. Meno bambini significa meno scuole; meno scuole, meno docenti; meno docenti, meno posti di lavoro; meno posti di lavoro, riduzione inevitabile del prodotto interno lordo non solo del territorio ma dell’intera regione.
Ecco perché il dramma della decrescita demografica, che non è circoscritto solo a Longobucco ma anche ad altri centri interni da Bocchigliero a Campana finendo a Mandatoriccio, e più in generale alla Sila greca e, allargando il giro, a tutti i centri dell’entroterra calabrese, è un gravame che molto presto inizierà a pesare sulle spalle di tutti i calabresi, anche quelli della costa e delle grandi città.
Occorre che la Regione innanzitutto e quindi il Governo centrale assumano provvedimenti concreti per incentivare non solo la natalità ma anche per consentire che nei comuni interni la gente possa continuare a vivere.
«Per affrontare la situazione contingente – ricorda ancora l’esponente sindacale - occorrerebbe una legge che consenta ai ragazzi, ai bambini e ai loro genitori, che hanno deciso di vivere in montagna, di non lasciare il proprio paese, di farlo avendo la possibilità di studiare a prescindere dai numeri e con la stessa dignità di chi vive in grossi centri o in paesi meno isolati». Ma in realtà nei centri montani occorrerebbero servizi volti ad aumentare il tasso di qualità della vita. Su tutto, serve una migliore mobilità pubblica, occorre una rete sanitaria efficiente e la possibilità di connessioni veloci interne e con i principali centri di interesse del territorio. Invece, oggi, ogni paese è di fatto un’isola in mezzo alle vette. Non sarebbe un problema, ad esempio, far confluire tutti gli studenti delle scuole secondarie in un unico istituto superiore, se solo ci fossero strade o mezzi di trasporto veloci che mettessero in connessione Longobucco, Bocchigliero, Cropalati, Campana, Caloveto e Mandatoriccio: tutti paesi che sorgono in un raggio di appena 15 km.
Una delle questioni sulle quali proprio la Cgil ha già annunciato di essere intenzionata ad aprire una vertenza è quella delle fusioni dei comuni. A cosa servono 400 comuni in Calabria? A nulla se non a massimizzare spese e costi di gestione della burocrazia con pochi riscontri per le reali esigenze dei cittadini. Ecco allora che l’istituto della fusione amministrativa potrebbe rappresentare una via d’uscita all’emorragia di servizi all’interno dei comuni, restituendo, quindi, maggiori opportunità e “incentivi a rimanere” ai cittadini. Perché proprio i comuni fusi potrebbero usufruire di incentivi economici e accedere a nuovi canali di finanziamento da destinare alle infrastrutture. Tempo per assimilare questi meccanismi e sfruttare le loro opportunità, abbandonando inutili campanilismi, ce n’è rimasto davvero poco. Occorre avviare da subito, laddove e possibile, azioni di contrasto allo spopolamento e alla desertificazione demografica. Perché le prospettive da qui a 10 anni sono drammatiche.