L’Arcidiocesi di Rossano-Cariati celebra la giornata della vita consacrata
Di castità, povertà e obbedienza ha parlato l’Arcivescovo mons. Aloise nella sua omelia, durante la celebrazione eucaristica che ha riunito nella Chiesa Cattedrale di Rossano Cariati, i religiosi e le religiose
CORIGLIANO-ROSSANO - Ringraziare, promuovere e celebrare il dono della Vita Consacrata alla Chiesa sono i verbi che 27 anni fa hanno spinto, l’allora Papa Giovanni Paolo II, a istituire la Giornata della Vita Consacrata proprio nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio. Essa è un’icona eloquente – scriveva - del totale dono di sé a Dio, soprattutto per tutti coloro che, osservando i consigli evangelici, sono chiamati a riprodurre nella Chiesa e nel mondo “i tratti caratteristici di Gesù: vergine, povero e obbediente” (San Giovanni Paolo II, esortazione apostolica “Vita Consecrata”).
Di castità, povertà e obbedienza ha parlato anche l’Arcivescovo mons. Maurizio Aloise nella sua omelia, durante la celebrazione eucaristica che ha riunito nella Chiesa Cattedrale di Rossano Cariati, i religiosi e le religiose che operano sul territorio diocesano. Con i loro voti queste sorelle e questi fratelli ricordano a tutti che è possibile vivere casti, distaccati e pienamente liberi pur nell’obbedienza alla volontà di Dio. Citando il messaggio che il Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata ha preparato per questa 27° giornata, l’Arcivescovo ha invitato, più volte, i consacrati a “ricordare con gratitudine l’immensa grazia della loro vocazione ad essere memoria vivente del modo di esistere di Gesù.
«In quella che nella tradizione orientale era conosciuta come la Festa dell’incontro, l’Arcivescovo ha ricordato ai presenti i tanti incontri che il vangelo della liturgia del giorno propone: Gesù incontra il suo popolo, ci viene incontro incrociando il passato e il futuro, il vecchio Simeone incontra la luce delle Genti, Anna esulta di Gioia per l’incontro con Gesù; è incontro di generazioni, incontro che non può non riportarci al nostro incontro con Colui che ha cambiato la nostra vita… e ha fatto di noi uomini e donne dell’incontro. Tutti noi siamo partiti da un incontro… non chiudiamo allora, per paura dell’altro, la porta dell’incontro, non chiudiamo la porta delle relazioni a nessuno e superiamo la tentazione di guardare più lo schermo del cellulare che il volto del fratello o della sorella che ci sta accanto. La vita consacrata nasce e rinascere sempre di nuovo da questo incontro con Gesù povero, casto e obbediente da cui si sono lasciati trasformare, anzitutto i fondatori e le fondatrici delle rispettive congregazioni», che oggi contano su un numero particolarmente elevato di sorelle e fratelli provenienti da altre culture anche nella nostra Chiesa locale.
«Ne è stata espressione la danza di tradizione indonesiana che ha accompagnato la presentazione delle offerte, o l’inno di lode di tradizione indiana che ha concluso la preghiera eucaristica. Possa ogni incontro con Dio e con i fratelli ravvivare la brace di quel legno che il fuoco ha consumato o affievolito. Bastano poche braci per far ripartire un fuoco. Nel caminetto di casa, prima di andare a dormire si aveva cura di coprire con la cenere i tizzoni ancora accesi. L’indomani, scavando un po’ e soffiando via la cenere, ritrovavi le braci, vivide e calde, con le quali era semplice attizzare il fuoco».
Con questa immagine ha concluso la celebrazione mons. Aloise riprendendo il messaggio iniziale che sr. Antonia, responsabile dell’Usmi Diocesana, aveva rivolto ai religiosi presenti servendosi della Parola del Lunedì, che le Monache Agostiniane, hanno inviato all’inizio di questa settimana “Braci” appunto per significare come operi l’incontro con Gesù nella preghiera. Come l’aria soffiata da un mantice ripristina il contatto con le “braci” allo steso modo lo Spirito, può ravvivare la vita di tutti consacrati e le consacrate per la missione.