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Quell'antica Villa romana che giace (sconosciuta) sottoterra sugli argini del Coscile

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SPEZZANO ALBANESE - Una villa rustica del periodo tardo repubblicano “dorme” sotto una casupola agricola in località Grotta di Malconsiglio a Spezzano Albanese.

Oltre 3 mila metri quadri di costruzione che rispetterebbe in pieno lo schema vitruviano secondo il quale – accanto all’abitazione del proprietario – troverebbero spazio gli alloggi dei servi, le stalle, i magazzini, i depositi e i laboratori. La villa rustica in questione presenta anche un grande frantoio dove avveniva la lavorazione di uva e olive. La posizione strategica vicino al fiume Coscile inoltre, ha fatto intuire agli studiosi dei primi del Novecento che proprio da questa residenza agricola potessero partire piccole imbarcazioni piene di vino e olio destinate a Thurio e ad altre mete del Mediterraneo.

Casetta Lupinacci - centro dello scavo della Grotta del Malconsiglio - (da "Alla ricerca di Sibari" di Edoardo Galli)

La convinzione che la piana di Sibari fosse uno scrigno di tesori inesplorati era palpabile già dai primi del ‘900. Sotto la nostra terra si cercava la Roma antica. Anzi, a dire il vero si cercava la Magna Grecia. La scoperta di questa residenza romana, che al di là dei basamenti, delle tecniche architettoniche e delle anfore e suppellettili di sicuro interesse archeologico, incuriosiva anche per la posizione strategica e per la sua funzione commerciale.

Si deve proprio al calabrese Edoardo Galli, al quale nel dicembre del 1923 gli venne affidata la nuova Soprintendenza ai Monumenti della nostra regione, l’operazione di scavo alla grotta del Malconsiglio. I soldi però erano pochi. Emblematico l’intervento in aula da parte del sen. Paolo Orsi, che all’epoca denunciava «poco più che 48 milioni destinati alla direzione per le Belle Arti su un bilancio dell'Istruzione Pubb1ica di un miliardo e cinquanta milioni circa. La medesima disponibilità - commentava tristemente al Senato il prof. Orsi nella seduta del 2 giugno 1927 - che ha annualmente il Museo Metropolitano di New York».

Per proseguire al meglio i lavori, durante i quali si è partiti a scavare dal perimetro verso la casupola che insisteva sulla grotta, si sarebbe dovuto, parole del Galli, «demolire il vecchio nucleo costruttivo nonché la casetta abitata dall’affittuario». Ma i soldi finirono. E gli scavi pure.

E poi? E poi il nulla. Questi 3 mila metri quadri di storia, di architettura, di commerci tra popoli del Mediterraneo sono rimasti sepolti sotto terra e, coltre ancor più pesante, sotto l’indifferenza di tutte le Amministrazioni che si sono avvicendate e che – con grande probabilità – non sapevano e non sanno tuttora neppure cosa c’è sotto quel terreno.

Ad essere a conoscenza che sotto quei campi agricoli si celasse un mondo parallelo erano i proprietari del terreno stesso, all’epoca la famiglia Lupinacci, i contadini e coloro che possedevano gli appezzamenti confinanti. Il segreto dell’esistenza di questa villa è dunque morto insieme a loro.

Pare inoltre che adesso, quell’appezzamento così attenzionato nei primi del Novecento, sia stato venduto ad un cittadino di Corigliano Rossano. Sola all’idea viene in mente la scena di Totò che prova a vendere la Fontana di Trevi.

Certo, la fontana è ben più nota e soprattutto visibile. La villa in questione è invece sconosciuta ai più, ancora sepolta, inesplorata e inesplorabile. E pensare che su eBay si possono acquistare le riproduzioni dei ruderi della Grotta del Malconsiglio. E se avessimo saputo riportare i ritrovamenti in superficie così come aveva tentato di fare Edoardo Galli nei lontanissimi anni Venti, su cosa potremmo contare adesso?

Impossibile intanto quantificare e capire quanti oggetti di terracotta, anfore, vasi, statuine possano essere stati trafugati dal momento in cui, per carenza fondi, sono stati interrotti gli scavi e rinterrato tutto.

Sta di fatto che la villa c’è. Quindi: adesso che si fa?

Casetta Lupinacci in una immagine recente (dal Blog di Domenico Nociti)

 

Valentina Beli
Autore: Valentina Beli

“Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare” diceva con ironia Luigi Barzini. E in effetti aveva ragione. Per chi fa questo mestiere il giornalismo non è un lavoro: è un’esigenza, una passione. Giornalista professionista dal 2011, ho avuto l’opportunità di scrivere per diversi quotidiani e di misurarmi con uno strumento affascinante come la radio. Ora si è presentata l’occasione di raccontare le cronache e le storie di un territorio che da qualche anno mi ha accolta facendomi sentire come a casa. Ed io sono entusiasta di poterlo fare