Il punto nascita di Corigliano senza cardiotocografì: a rischio i tracciati per le partorienti
Carenze segnalate da mesi dalle ostetriche ma le richieste all’Asp sono cadute tutte nel vuoto. Il paradosso: c’è la gara d’appalto ma non è mai stato fatto l’acquisto della strumentazione
CORIGLIANO-ROSSANO – «Potremmo trovarci da un momento all’altro a non poter più effettuare il tracciato alle mamme partorienti perché la strumentazione che abbiamo in dotazione è vecchia e mal funzionante e potrebbe rompersi da un momento all’altro». L’allarme arriva diritto dalle ostetriche dell’ospedale spoke “Compagna” di Corigliano-Rossano, dove insiste uno dei punti nascita più importanti e tra i più operativi dell’intera regione, che oggi tornano a scrivere al commissario dell’Asp di Cosenza, Antonello Graziano, affinché si faccia carico di un problema che interessa un reparto che è un vero e proprio fiore all’occhiello della sanità sibarita,ma che non ha strumentazioni adeguate per poter operare.
E quello del monitoraggio fetale è sicuramente un problema non di poco conto, soprattutto nelle ore precedenti al parto. Una fase critica che ha bisogno non solo delle competenze professionali ma anche di un valido supporto tecnologico per prevenire ed eliminare qualsiasi complicazione alle donne partorienti. Oggi questa sicurezza, purtroppo, è a rischio. Perché basterebbe che uno di quei vecchi monitor cardiotocografici si spegnesse e sarebbe un bel problema per tutti.
Una condizione precaria più volte segnalata agli uffici dell’Asp nei mesi scorsi ma senza alcun esito. «Nonostante le numerose richieste di reparto – scrivono le ostetriche - nonostante i solleciti e nonostante i cardiotocografì siano stati già aggiudicati, con regolare gara di appalto, ma mai acquistati, ad oggi noi siamo costrette e a lavorare in condizioni precarie con monitor vecchi e mal funzionanti che non ci permettano a volte di poter accertare il benessere del feto e della mamma».
«Ci chiediamo perché – scrivono ancora nella loro missiva al commissario Asp - ogni volta deve essere necessario un evento avverso per smuovere le acque e soprattutto diteci se effettivamente questa è da ritenersi una buona sanità?»
Le ostetriche del punto nascita del “Compagna” si chiedono ancora «se è giusto che le donne del nostro territorio, anzi le future mamme, non possano usufruire di un servizio di base? Se è giusto che questo stress lavorativo e cattiva gestione aziendale- amministrativa non tenga nessun conto del benessere delle pazienti ed in questo caso dei nascituri? Se è così difficile far in modo che le pazienti e gli operatori sanitari abbiamo le necessarie ed adeguate attrezzature?»
Nonostante le carenze strutturali «cerchiamo – scrivono - di fare il nostro dovere con coscienza cercando di non far pesare sull'utenza le carenze dovute a questa cattiva gestione. Questo implica per noi, oltre che uno stress lavorativo, la continua insicurezza nelle procedure che dovrebbero in realtà essere agevolate da attrezzature funzionanti e bloccano la possibilità del nostro reparto di crescere, migliorarsi e produrre ancora di più».
Ora la questione sta tutta nel trovare una soluzione, soprattutto nel momento in cui esiste una gara d’appalto aperta per l’acquisto del materiale necessario (e quindi anche i soldi, si presume). «È così difficile tenere in considerazione questa richiesta fondamentale per il nostro lavoro? Sono forse importanti altre cose rispetto alla salute di una donna con il suo bambino? Sono stati chiusi alcuni punti nascita, tra cui alcuni strategici, almeno quei pochi che sono rimasti devono essere tenuti per bene, Vogliamo o no offrire una sanità adeguata agli standard nazionali?»