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Prosegue lo smantellamento della centrale Enel, ma sul futuro del polo industriale è calato il silenzio

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CORIGLIANO-ROSSANO – Sono impressionanti le immagini in presa diretta “rubate” sui cantieri della centrale Enel di contrada Cutura a Corigliano-Rossano. Da mesi ormai operai e mezzi sono a lavoro per smontare, pezzo dopo pezzo, quel grande colosso di ferro e cemento che per quasi 50 anni ha dominato sulla Sibaritide e che per quasi 40 ha garantito un congruo stipendio a centinaia di famiglie di questo territorio.

Insomma, Enel è una realtà che alla Calabria del nord-est ha dato tanto. Certo, ha anche preso altrettanto “compromettendo” – come sostiene qualcuno – le altre vocazioni di quest’area. Anche se, a dire il vero, in pochi hanno davvero capito quali siano le vocazioni di Corigliano-Rossano e della Sibaritide: se turistica, agricola, industriale o… pastorale (ne avevamo parlato due anni fa in questo editoriale). E il grande dilemma è che non lo hanno capito innanzitutto i giovani, bombardati come sono di promesse mai realizzate in una terra che in realtà non offre nulla se non fiumi di parole e belle speranza. Ma questo è un altro amaro discorso.

Il fatto è che ancora una volta questa città, questa grande città oggi di 80mila abitanti, sembra mancare di prospettive e visione. E così, come sta sfuggendo giorno dopo giorno il piano di ammodernamento della Statale 106 (dove ancora non c’è una convergenza su un’idea progettuale), anche le sorti del polo industriale di proprietà Enel sembra essere avviato verso questo amaro destino.  

L’ultima interlocuzione tra l’Amministrazione comunale di Corigliano-Rossano ed il colosso energetico risale al dicembre scorso. Da quando il sindaco Stasi ebbe a bacchettare nientemeno che l’Università della Calabria, rea di non aver risposto alla manifestazione di interesse dell’Agenzia di Coesione territoriale sul tema degli ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno (ne avevamo parlato qui). Un’opportunità persa per sostenere una proposta di riconversione concreta del sito che portava verso lo sviluppo di nuove tecnologie per la filiera dell’idrogeno. Erano tutti d’accordo e mancò solo l’essenziale supporto dell’Ateneo. Da allora si sono interrotto il dialogo ed il confronto sul da farsi. Come se quella fosse l’unica, irrinunciabile e possibile proposta. Silenzio totale. Fino a quando? Non lo sappiamo. Ma abituati ai tempi lunghissimi è probabile che si sia già chiuso il capitolo Enel dell’era Stasi. Speriamo di no.

Intanto i lavori di smantellamento della storica centrale di produzione termoelettrica proseguono a ritmi serrati. Nelle settimane scorse è stato smantellato l’ultimo dei 4 blocchi caldaia. Le turbine sono già state smontate da tempo e trasferite in altro sito. In questi giorni, invece, si stanno bonificando i grandi serbatoi dell’olio combustibile e subito dopo l’estate inizierà la loro demolizione. Subito a seguire verrà demolito anche il blocco centrale e le ultime a “cadere” e sgombrare il campo dall’imbarazzo della centrale saranno le due torri camino. Tutto questo lavoro dovrebbe essere completato, salvo imprevisti, entro la fine del 2024.

Ma l’Enel, ad ogni modo, anche una volta che la vecchia centrale non ci sarà più continuerà ad investire sul territorio. Questo perché nel piano di dismissioni rientrava solo la vecchia centrale, costruita negli anni ’70, mentre la centrale più piccola a turbogas degli anni 90 continuerà a funzionare e a soddisfare il fabbisogno nazionale energetico almeno fino a completamento della colossale transizione ecologica varata che si dovrebbe concretizzare entro il 2050. Ma anche la demolizione della vecchia centrale crea business e lavoro. Enel, infatti, ha firmato un protocollo con le tre sigle sindacali confederali per favorire l'utilizzo di manodopera locale e soprattutto le maestranze dell'indotto che lavorano da tempo in centrale. Proprio allo scopo di evitare lo stillicidio di proteste. Insomma, finché continuerà la fase di demolizione ci sarà lavoro. E poi? Nessuno – ancora una volta – sta pensando al futuro.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.