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Il Covid “lascia” 36 posti letto di pneumologia sullo Jonio: perché non creare un centro d’eccellenza?

3 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO – Anche se le condizioni meteo non sembrano essere ancora del tutto clementi si va verso l’estate. Un’estate che in molti sperano abbia molti più spazi di libertà rispetto a quella dello scorso anno. Un’estate che arriva dopo un inverno drammatico per il Sud, la Calabria, la Sibaritide-Pollino e soprattutto per Corigliano-Rossano; dove il vento della pandemia Covid-19 ha spirato più forte che mai. Così forte che nella grande città ionica la Sars-Cov-2 ha “prodotto” quasi 4000 contagi (il 5% della popolazione) e ben 80 vittime. Numeri paurosi e che – seppur lentamente – continuano ad aumentare giorno dopo giorno.

C’è speranza perché la campagna vaccinale sembra essere andata finalmente in porto anche sul territorio e in molti fanno a gara per accaparrarsi il siero dell’immunità. È finito tutto? Non lo sappiamo. Anche lo scorso anno di questi tempi il virus diede forti segnali di debolezza per poi ritornare violento già a settembre. Quest’anno non dovrebbe essere così (si spera) proprio per l’effetto dei vaccini.

Ma volendo essere ottimisti – perché di questi tempi non si può non esserlo – possiamo dire che la fase critica del Covid-19 è finalmente alle spalle: ce lo dicono i politici ma soprattutto ce lo dicono i medici. E per noi questa è una rassicurazione non da poco.

La dote del Polo Covid

Come ogni guerra, pure il coronavirus ha lasciato ferite profonde ma con esse anche le basi per creare nuovi ponti e collegamenti, per dare un input al prossimo e atteso sviluppo. Sul territorio ionico, tra le tante criticità, ce n’è una in particolare: la carenza di servizi ospedalieri e sanitari. Una vicenda atavica che si è acuita in questi mesi di pandemia. E a breve sapremo se la “felice idea” di impiantare un Polo Covid nell’ospedale spoke “Giannettasio” di Corigliano-Rossano sia stata un’idea lungimirante. Aver creato un centro attrezzato per la cura dei malati da Sars-Cov-2 è stato un gesto di grandissimo altruismo, anche da parte della politica locale. Del resto lo ha ribadito e sottolineato più volte anche il sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi. Un Polo Covid che ha permesso, nel concreto, di effettuare nuovi lavori strutturali, attesi da decenni, negli stabilimenti ospedalieri, di avere un nuovo laboratorio analisi, di avere nelle disponibilità una seconda e moderna Tac, e di ottenere – cosa non di poco conto – 36 nuovi posti letto ospedalieri. Un piccolo ma importante bottino di guerra. Un tesoretto.

Che fine farà? Cosa resterà, allora, di quest’anno covid a Corigliano-Rossano? Se lo chiedono in tanti. Allora cerchiamo di dare una risposta. Sicuramente rimarrà un complesso strumentale importante (una tomografia assiale computerizzata, un processatore chimico di ultima generazione, dei letti predisposti alla rianimazione polmonare non sono cosa da poco). Quelli che mancano – come sempre – sono i medici. Ma se si attuasse una riorganizzazione profonda dei due ospedali “Compagna” e “Giannettasio”, sistemando l’area medica in un presidio e l’area chirurgica in un altro, anche questo problema potrebbe esser in parte (non definitivamente) superato.

Una possibile eccellenza calabrese: la terapia intensiva polmonare

E in tutto questo c’è un elemento di novità che potrebbe rilanciare le sorti dello spoke della Sibaritide. Oggi infatti a Corigliano-Rossano ci sono tutte le condizioni per poter aprire – una volta conclusosi il ciclo critico della pandemia – un reparto di Pneumologia con annessa Utir (unità di terapia intensiva respiratoria). Di unità operative complesse di questo livello in Italia ce ne sono soltanto 26: zero in Calabria. Non stiamo parlando delle “generiche” terapie intensive, quelle fondamentali per mantenere in vita i pazienti che arrivano in ospedale in situazioni particolarmente critiche e rappresentano presidi di sicurezza che devono essere sempre disponibili in caso di emergenza, anche a fronte delle normali attività chirurgiche. Bensì di una complessa struttura dedicata alla “rianimazione” polmonare. Che, è giusto precisarlo, non è necessaria solo in caso di Covid. Ma chiunque si trovi ad avere una compromissione respiratoria, di qualsiasi natura, ne ha bisogno.

Dicevamo, in Calabria non ci sono strutture di questo tipo e, ovviamente, tale situazione influisce sulle spese che la Regione ogni anno affronta per la migrazione sanitaria. Ecco allora, l’opportunità di creare dalle sciagure del Covid un centro d’eccellenza unico in Calabria per la cura delle malattie polmonari. Del resto, c’è in tal senso, una direttiva dell’Asp – dell’aprile 2020 – che prevede proprio tale situazione.

Dal momento che le strumentazioni ci sono basterebbe solo dotarle del personale medico e sanitario adeguato. È una buona opportunità per implementare i servizi sanitari dopo la sciagura del Covid. A meno che non ci facciamo ancora una volta fagocitare dalle mille e uno fasi di litigiosità bizantina che purtroppo caratterizzano il microcosmo di Corigliano-Rossano!

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.