«Ci facciamo il mazzo, rischiamo la vita e siamo precari da sempre». La storia al limite dei medici del 118 dell’Asp di Cosenza
L’emergenza Covid ha riportato alla luce una vertenza che dura da anni. Molti dei medici del Servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica sono stati contagiati dalla Sars-Cov-2. Per loro, però, non esiste il congedo per malattia: «Stiamo a casa senza stipendio».
CORIGLIANO-ROSSANO – Ci sono storie nelle storie all’interno del sistema sanitario calabrese che fanno accapponare la pelle. Il bubbone scoppiato un mese e mezzo fa con la vicenda Cotticelli sta portando alla luce tutta una serie di situazioni al limite.
Predicati di malagestione, di cattivissima organizzazione e di un atavico malcostume, stratificatosi nel corso degli anni, che va dall’impossibilità dei medici a poter contare su un sistema informatico degno di questo nome (è di pochi giorni fa l’ennesimo scandalo evidenziato da Report sul caricamento dei dati Covid giornalieri nell’Asp di Cosenza), alla disorganizzazione totale dei pronto soccorso, sempre a corto di medici e infermieri oltre che di presidi sanitari e di posti letto, finendo – appunto – alla drammatica vertenza dei medici del 118 del servizio di urgenza ed emergenza (SUEM).
Si badi bene, questi sono i disagi, anzi i drammi quotidiani della sanità in Calabria e nell’azienda provinciale di Cosenza che si sono solo accentuati con l’emergenza Covid. E oggi ritornano alla luce insieme a tanti altri guai e gridano vendetta.
È il caso, dicevamo, dei medici del 118. Quelli che, per intenderci, quando accade un qualsiasi evento per cui è necessario l’intervento sanitario d’emergenza fuori dagli ospedali, sono sempre sul posto. Sono i medici che vediamo intervenire per gli incidenti stradali, per tamponare situazioni critiche domestiche, quelli che viaggiano a velocità assurde su strade spesso poco sicure, quelli che (come spesso accade) sono vittime della violenza di cittadini riottosi. La loro vita è sempre a repentaglio.
Proprio di recente ha fatto il giro dei social e dei diversi dibattiti la storia di uno di loro, operativo nella postazione di Rossano, che ha contratto il Covid proprio durante il servizio. Non è stata una convalescenza semplice, la sua, accompagnata da ricoveri e dalla solitudine del suo contratto di lavoro.
Tanti i medici del 118 contagiati dal Covid
Ma non è l’unico caso di contagio ad aver colpito i circa 50 operatori del Suem in provincia di Cosenza. Ci sono stati altri medici che hanno vissuto le stesse vicende. E tutti sono rimasti a curarsi, dopo aver prestato il loro servizio ed essersi ammalati durante il lavoro, senza che lo Stato gli concedesse il minimo conforto economico. Non è una mera questione pecuniaria ma semplicemente di diritti non riconosciuti.
«Ci facciamo il mazzo, rischiamo la vita e siamo precari da sempre». Questo lo sfogo dalle “prime linee”. «Siamo da sempre in questa situazione – ci racconta uno dei medici che fa servizio in uno dei centri 118 dell’Asp di Cosenza. Non abbiamo – questo lo sfogo – alcun diritto che dovrebbe essere riconosciuto a chi compie un lavoro usurante e sempre a rischio. Non abbiamo ferie pagate, tantomeno il diritto ad essere retribuiti quando siamo in malattia. Non esistono tredicesime né ferie. Insomma siamo la fanteria da macello della sanità calabrese».
«Dopo anni e anni di servizio potremmo essere mandati a casa dalla sera alla mattina»
Tra l’altro, parliamo di padri e madri di famiglia che sono costretti a turni estenuanti anche a causa della carenza di operatori sanitari. «E forse questo – continua a raccontarci con rammarico il dottore – anche un bene. Perché se domani ci fosse un numero maggiore di medici che volesse prestare servizio all’emergenza urgenza rischieremmo anche di essere mandati a casa. Perché molti di noi, pur lavorando da anni per conto dell’Asp, non hanno un contratto di lavoro che li tuteli». Insomma, una situazione paradossale e grottesca.
I numeri e le differenze
Nell’Asp di Cosenza sono operative 18 postazioni di Servizio 118. Per ognuna di loro, secondo lo schema organizzativo, dovrebbero essere assegnati 6 medici. In realtà, nella maggior parte dei casi, ne sono operativi 3 per un totale di poco più di 50 operatori sanitari d’emergenza urgenza che lavorano a turni diurni e notturni.
Solo una ventina di loro sono titolari con sede fissa. Tutti gli altri lavorano a rinnovo contrattuale semestrale. Chi pensa però che i titolari, pur contandosi sulla punta delle dita, abbiano un contratto di lavoro incluso di diritti accessori, si sbaglia. Infatti, chi è medico di 118 non ha gli stessi diritti di un qualsiasi altro medico che lavora all’interno delle strutture ospedaliere.
Ricordavamo pocanzi del congedo per malattia. Chiunque abbia un contratto di lavoro subordinato degno di questo nome ha il diritto ad essere retribuito anche in caso di assenza per motivi di salute, sia essa per causa di lavoro o meno. Non è così per gli operatori del 118 che nella malaugurata ipotesi in cui dovessero assentarsi dal loro luogo di lavoro proprio per problemi di salute, la loro indennità sarà decurtata per i giorni d’assenza.
Ciò accede perché questa tipologia di medici viene pagata ad ore. L’Asp sottoscrive per loro un’assicurazione che gli riconosce risarcimenti ma solo dopo le riscontrate valutazioni del caso. Insomma, se una di queste persone si ammala e rimane a casa per più di 15 giorni per un mese incasserà meno della metà dei soldi che gli spettano.
Non hanno diritti accessori e i loro stipendi sono più bassi dei loro colleghi ospedalieri
Non solo, a questi medici che il più delle volte compiono un lavoro salvavita e che, quindi, sono il vero fronte dell’efficienza del complesso sistema sanitario, non è riconosciuta la tredicesima tantomeno il compenso per la loro attività nelle ore notturne. Di ferie, invece, nemmeno a parlarne.
A mettere la ciliegina sulla torta è, infine, il trattamento economico vero e proprio. Mentre un medico ospedaliero (ad esempio, di Pronto soccorso) guadagna uno stipendio compreso tra i 2.700 e i 2.800 euro mensili (netti) oltre alla tredicesima, alle ferie, ai congedi parentali e per malattia e al bonus di 120 euro per notte di servizio, un medico del SUEM, qualora riuscisse ad arrivare al tetto massimo di ore mensili (152), siano esse state effettuate di giorno o di notte, la sua ricompensa sarà poco meno di 2550 euro.
Questa è solo una delle tantissime storie assurde e paradossali che si consumano in un sistema sanitario che, ancora oggi, nonostante proclami e promesse rimane fermo ad un palo.