A due passi dal cielo
Sono passati pochi giorni dalla fine del Campionato del Mondo di Biliardo, che ha visto protagonista Natalino Scorza. L'atleta corossanese conquista il quinto posto e contnua la grande stagione sportiva di Corigliano-Rossano
C'è sempre un momento particolare nella vita di una comunità, in cui si respira all'unisono, si guarda contemporaneamente lo stesso gesto, si spera nello stesso esito di un evento, si gode o si soffre. Lo abbiamo visto con Daniele Lavia che conquistava il tetto del mondo del volley con la maglia azzura e il tricolore sul cuore. Tutta la comunità corossanese ha alzato con lui la coppa, ma ha anche lottato su ogni pallone, esultando o tenendo il fiato sospeso. Poi è arrivata, insieme alla vittoria, la vicinanza, l'orgoglio, il sostegno, il senso di una grande famiglia che si abbraccia.
La bellezza di questi momenti vive nel fatto che non sono, quasi mai, casi isolati: Daniele vince il Mondiale nella stessa settimana in cui Luigi Canotto segna il suo primo gol con la Reggina, controllando di petto un pallone insidioso e incrociando il destro velenoso, fino a trovare il gol della vittoria. Così la scalata della classifica del Campionato Mondiale di Natalino Scorza arriva senza soluzione di continuità, nella vita sportiva di Corigliano-Rossano, facendoci continuare a sognare, a sentirci parte di un qualcosa di grande, bello ed emozionante. Come una meravigliosa figura retorica, la sineddoche, che rappresenta la parte per il tutto.
In quel tutto c'è un campione affermato di uno sport poco raccontato come il biliardo, ma affascinante, psicologico, introspettivo, fisico, tecnico e strategico, che racconta l'interiorità degli uomini. Spesso si dice che lo sport racconta l'atleta più delle parole e per Natalino è sicuramente valida questa regola; il rossanese è infatti un giocatore dal cuore grande, capace di affrontare le partite del mondiale, come affronta la vita: con grande grinta, con una straordinaria voglia di non mollare mai, con la tecnica e la razionalità del giocatore esperto, ma anche capace di tirar fuori dal cilindro un numero di prestigio o un gioco di magia all'interno della partita sostenuto dal talento naturale.
Io ho seguito Natalino partita dopo partita, steccata dopo steccata, filotto dopo filotto, così come hanno fatto tutti i giocatori di biliardo calabresi, tifando e credendoci fino in fondo. Ho rivisto nel gioco di Natalino la straordinaria tenuta mentale di chi affronta la vita a testa alta e il gioco con trasporto ma anche divertimento, attaccandosi all'essenza dello sport dove alla fine ci si diverte davvero.
Nel gioco del biliardo si uniscono variabili e componenti diverse: serve la strategia dello scacchista, ma anche il tocco del pianista, la fisicità del tennista, la resistenza del maratoneta e la mentalità del pugile. Il biliardo è tanto psicologia, quanto fisicità; tanto tenuta fisica, soprattutto in una gara lunga come un mondiale dove si gioca per dieci, a volte anche dodici, ore al giorno, quanto tenuta mentale, perchè i giocatori si alternano al tiro una volta a testa e non si può mai abbassare la guardia, perchè tutto può cambiare da un momento all'altro.
Natalino si è fermato a due passi dal cielo: quinto posto.
Eppure io credo che sia necessario complimentarsi. Pubblicamente. Privatamente. In qualsiasi modo va bene.
Che lo sport è cultura ormai è chiaro a tutti, quello che resta da fare però è raccontare gli sportivi, non come idoli che alzano coppe, ma come uomini che affrontano il susseguirsi delle cose della vita con forza, dedizione, a volte coraggio e spregiudicatezza, altre volte con sacrificio e razionalità. Dovremmo raccontare gli uomini che vincono, così come quelli che perdono.
Io credo che negli sportivi, nei nostri atleti, vivano già degli ambasciatori di radici, perchè raccontano, con il loro gioco e i loro talento, anche la terra dalla quale sono partiti. Nella tenacia di Natalino c'è della "rossanesità"; nella capacità di Lavia di sorridere dopo una schiacciata sbagliata, c'è della "rossanesità"; nella forza di volontà di Gigi Canotto di farsi 30 metri a tutta velocità sperando di ricevere palla, c'è della "rossanesità".
In questo meraviglioso ventaglio sportivo si aprono mari da navigare: i nostri atleti hanno messo il vento del talento, ora sta a noi aprire le vele e condurre la barca della narrazione, per raccontarli sempre di più. Sempre meglio.