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Tre suore e pochi alunni: chiude dopo quasi un secolo l’istituto di Madre Isabella De Rosis  

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CORIGLIANO-ROSSANO - Chi ha vissuto o vive nel centro storico di Rossano almeno per una volta nella sua vita ha oltrepassato la soglia di quel grande portone di via Caserma Santa Chiara, alle spalle del Liceo Classico San Nilo e a due passi da piazzetta del Commercio. Racchiusa in quei vicoli stretti, quasi inaccessibili, c’è uno dei tanti palazzi che costellano la cittadella bizantina dove da quasi un secolo operano le Suore Riparatrici del Sacro Cuore di Gesù, la Congregazione istituito dalla Venerabile di Dio Madre Isabella De Rosis. Quel palazzo, che per decenni ha ospitato uno degli orfanotrofi più importanti della Calabria con annesse le scuole elementari dove si sono formate decine di generazioni di ragazzi, ora chiuderà i battenti.

Quelli che si stanno vivendo, infatti, sono gli ultimi giorni di scuola assoluti delle scuole paritarie del Sacro Cuore di Rossano centro storico. Poi si abbasserà il sipario. Per sempre.

Un altro pezzo di storia, stracolmo di vissuto scrive la parola fine.

Non solo la carenza di vocazioni, che hanno ridotto quel centro monastico con la presenza di sole tre suore, ma anche i costi esorbitanti per mantenere una struttura così imponente hanno dato un duro colpo a quella realtà che ininterrottamente per tantissimi anni è stata dedita alla formazione e alla crescita dei giovani. Certo, il lento spopolamento del centro storico e la carenza di bambini ha inferto il colpo definitivo ad una situazione precaria, portando l’istituto ad una decisione sofferta ma purtroppo irreversibile.

Ora, l’impegno di tutti, a partire dalle istituzioni comunali, in primis il sindaco Stasi che come tanti giovani della sua generazione ha studiato dalla Suore del Sacro Cuore, per finire a quelle ecclesiastiche e allo stesso Istituto, è quello di non perdere la memoria di questo spaccato di storia che ha rappresentato un presidio essenziale e formidabile per tantissime famiglie e ragazzi rossanesi. La regola non scritta di quell’istituto, che accoglieva orfani, ragazzi poveri e si occupava della formazione di quelli che un tempo erano definiti i figli della Rossano bene, era quella di non creare alcuna disuguaglianza sociale. E li si viveva, si studiava, si giocava tutti insieme senza alcuna differenza di classe, quando ancora le differenze di ceto rappresentavano un elemento distintivo e discriminatorio. Era bello. È stato un esperimento sociale fulgido.

In tanti ricorderanno ancora il limoneto che si estendeva a piano terra dell’istituto o il “camerone”, il “terrazzone” che dominava sulla parte bassa della città e sulla Santa Croce, tutti pullulanti di bambini in grembiule blu, tutti uguali e senza distinzione, tutti amorevolmente accolti dalle tante suore che si sono avvicendate in quella casa/istituto. Non perdere la memoria è la cosa più importante.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.