Il settore pubblico della sanità calabrese proclama lo sciopero per il 22 luglio
Usb Calabria: «Non soltanto per la tutela dei diritti di lavoratrici e lavoratori, ma per rivendicare un diritto alla salute e alle cure per tutti gli abitanti della nostra Regione»
CATANZARO - «L’Usb Calabria pubblico impiego indice per giovedì 22 luglio (10.30 c/o cittadella regionale) lo Sciopero regionale del settore pubblico della sanità, non soltanto per la tutela dei diritti di lavoratrici e lavoratori, ma per rivendicare un diritto alla salute e alle cure per tutte/i le/gli abitanti della nostra regione».
È quanto si legge in una nota stampa dell’Unione Sindacale di Base (Federazione Pubblico Impiego Calabria) che così continua: «Uno sciopero che vuole la proroga immediata per quei 1500 “eroi/angeli/santi” - come sono stati definiti da politici, dirigenti e amministrazioni i medici, infermieri, operatori - al lavoro durante l’emergenza pandemica, a cui il contratto di lavoro scade a fine luglio. È uno sciopero per i diritti di lavoratrici e lavoratori ma anche contro la classe politica dirigenziale, i tecnici e l’amministrazione regionale. Contro ‘ndrangheta e massoneria che sulle spalle della cittadinanza hanno sempre mangiato, lucrando dall’accreditamento delle strutture private e esternalizzando servizi. Contro la migrazione sanitaria, sia delle figure professionali che delle/dei pazienti».
«È uno sciopero – spiegano - per chiedere che i finanziamenti europei erogati per la Calabria siano spesi per migliorare la rete e le strutture sanitarie pubbliche su tutto il territorio regionale. Perché se questi fondi non vengono destinati concretamente al finanziamento della salute pubblica, non potranno essere assunte o stabilizzate nuove lavoratrici e lavoratori, medici, infermieri, Oss. Le liste d’attesa da sempre chilometriche, quadruplicate in tempo di pandemia, saranno ingestibili; non potranno essere riaperti i presidi e le strutture ospedaliere chiuse (18 negli 11 anni di commissariamento) e non si potrà in alcun modo sostenere e implementare la medicina territoriale, condannando di fatto le/i calabresi a subire una sanità che non rispetta i LEA, che abbassa la prospettiva di vita media e che costringe alla fuga le e i pazienti».
«Invitiamo – concludono - tutte/i le/i calabresi a scendere in piazza perché la tutela del diritto alla salute è inscindibile dalla tutela del diritto dei quelle persone che nella sanità ci lavorano. Scendiamo in piazza per: La proroga dei contratti delle 1500 lavoratrici e lavoratori sanitari dell’emergenza Covid; Un piano di stabilizzazione e la conversione dei contratti co.co.co in contratti veri, che tutelino chi lavora.Nuove assunzioni; la riapertura di ospedali e strutture chiuse; l’aumento dei posti letto in tutta la regione; il rafforzamento della medicina territoriale; l’internalizzazione di tutte le cooperative che si occupano di servizi sanitari e ospedalieri; il ripristino dell’indennità per i medici di continuità assistenziale-emergenziale; aumento dei finanziamenti per la rete di emergenza/urgenza».