Medicina a numero chiuso, un casotto che ha inguaiato come non mai la sanità calabrese - VIDEO
Ne è convinto il commissario Asp di Cosenza, Antonello Graziano, svelando alcuni punti deboli del diritto alla salute sul territorio e (alcune) strategie al vaglio, per superarli
CORIGLIANO-ROSSANO – Certamente l’inaugurazione dell‘Utic, l’Unità di terapia intensiva coronarica e con essa anche la nuova ala del Reparto di Cardiologia, allo spoke di Corigliano-Rossano (leggi qui), sembra aver segnato una linea di confine tra vecchia e nuova sanità nel territorio della Sibaritide.
Sforzo notevole da parte del commissario ad acta alla sanità, Roberto Occhiuto, del suo entourage e del commissario dell’Asp di Cosenza, Antonello Graziano. La strada però è ancora lunga e tortuosa e tra gli elementi che restano ancora ostici da gestire, sicuramente c’è quello della mancanza di personale sanitario.
In questo specifico contesto, ci rivolgiamo ad Antonello Graziano, chiedendogli come mai i pronto soccorso sono cronicamente afflitti da carenza di operatori: «Ho iniziato la mia carriera proprio facendo turni in pronto soccorso e avendone vissuto e conosciuto le dinamiche, posso affermare che il reparto emergenza è una cartina tornasole dello stato di efficienza di un servizio sanitario».
«Per cui va da sé che il problema del reparto emergenza, riguarda non solo lo spoke di Corigliano-Rossano o le strutture sanitarie in Calabria, ma questo è un problema nazionale. Nonostante ci sono grandi professionalità, grandi competenze in ambiti sanitari, abbiamo infermieri e Oss ma ahimè, mancano medici», puntualizza Graziano.
Quando domandiamo da cosa dipende, il commissario Asp risponde a lettere chiare: «Innanzitutto dobbiamo rendere attrattivi questi posti al personale sanitario, inoltre vi è il vincolo del numero chiuso per accedere alle scuole di specializzazione che rende ancora più rigida e ostica la situazione, non da ora ma da sempre, per cui, anche se ora le maglie strette dell’accesso si stanno allentando finalmente, i risultati li vedremo solo tra 8-10 anni». Insomma, Medicina a numero chiuso è stato un casotto che ha inguaiato come non mai la sanità italiana, soprattutto quella calabrese che da sempre è poco appetibile e che lo rimane oggi, ancora di più.
«Abbiamo cercato di sopperire alla carenza di personale anche pregando il personale già in servizio di fare turni aggiuntivi, rivolgendoci ad agenzie interinali e prendendo in esame i medici in pensione, sempre per sopperire a questo vuoto. Diciamo che ce la stiamo mettendo tutta – afferma Graziano - abbiamo evitato che si potesse chiudere il pronto soccorso di Trebisacce con l’innesto di un nuovo medico, perché i due in servizio per motivi di salute, non possono lavorare e non è stato facile».
E allora come si fa? Il commissario Asp ritorna sul valore strategico del piano messo in atto dal nuovo management aziendale di cui è a capo: «Anche queste stesse strutture, adibite a spazi dedicati alla formazione potrebbero diventare un polo attrattivo, perché i medici oltre che alla gratificazione economica, hanno volontà di crescere professionalmente e la formazione è la base di lancio per poterlo fare. Una struttura del genere oltre ad essere naturalmente rivolta alla buona sanità, potrebbe essere proiettata al percorso formativo».
Un'altra soluzione l'ha tracciata lo stesso presidente Occhiuto intervenendo domenica scorsa a Corigliano-Rossano: «Ho chiesto al Governo che venga adottato per i medici lo stesso trattamento che in Calabria si adotta per le forze dell'ordine. Chi delle forze di polizia viene a svolgere incarichi di pubblica sicurezza nella nostra regione ha un trattamento economico più alto, che sia così anche per il comparto sanitario. Del resto se la sanità calabrese è commissariata dallo Stato ci sarà un motivo, ha bisogno di maggiori attenzioni. E noi - ha chiosato Occhiuto - su questo dobbiamo far leva».