di SAMANTHA TARANTINO Un percorso turistico culturale fruibile dodici mesi l’anno.A Rossano è possibile percorrendo un antico tracciato sentieristico lungo circa 1 chilometro e che dall’altezza di 400 metri scende verso valle con un dislivello di qualche centinaio di metri. Tutto mantenuto ancora preservato. Si trova nella zona più antica e probabilmente più suggestiva del centro storico. Come ingresso, una porta che introduce in uno scenario suggestivo. Porta Rupa, così come è stata nominata, conduceva e conduce ancora oggi, fino all’oratorio del Pilerio (dal greco πυλερός protettrice della porta, custode della città) coevo delle altre chiese, che tra il X e il XII secolo caratterizzavano questa parte della città. L’oratorio mononavata con abside rivolta ad oriente, è dedicato alla Madonna del Pilerio, parte integrante del culto e della liturgia bizantina. Le immagini sacre della Vergine per l’arte bizantina avevano senso in alcuni punti strategici della città. Il Pilerio rossanese da qualsiasi punto si guardi, nasce su un acroterio naturale (promontorio) in cui gli strati di roccia rossa fanno da contorno e da fortezza. Un legame tra i fedeli e la Vergine che ancora oggi rimane immutato.
Continuando a percorrere il sentiero, che per soli 50 metri è pulito ed illuminato, raccogliendosi per qualche minuto nel silenzio che il panorama mozzafiato invita a fare, si resta a pensare a ciò che il nostro ricco passato bizantino ha lasciato. Per gli amanti del trekking, o semplicemente per chi vuole prendersi il gusto di andare oltre, inciampando in sterpaglie ed arbusti, il sentiero tracciato e selvaggio parte dalla chiesa fino al torrente Celadi.
Il grande letto è stata via di comunicazione attraverso tratturi tracciati da transumanze e da muli fino alla fine degli anni ‘60. Polmone verde di un’economia contadina in cui la forza dell’acqua veniva sfruttata dai mulini, per la macinazione del grano e di altri cereali, prima della scoperta dell’energia elettrica. E lungo il Vallone Aranci, che già il nome richiama il riconoscibile agrume, nostro patrimonio identitario, si ripercorre la via dei mulini, tra i più numerosi lungo il Celadi, che silenziosi attendono di essere riconosciuti, censiti e studiati per ritornare ad essere simboli di una comunità.
Una valle che in pochi chilometri regala storia, un microclima ed una macchia mediterranea di roverella, ginestra, erica, ed oleandro ancora incontaminate, ed anche benessere. C’è tutto e non manca proprio nulla, forse solo una buona dose di forza di volontà. Cos’altro potrebbe desiderare un assessore al turismo?