Il quadro raffigurante l’immagine sacra della
Madonna nera di Schiavonea necessita di interventi urgenti di restauro. I problemi derivanti dall’usura del tempo – secondo la tradizione, il dipinto venne realizzato dal pittore coriglianese noto con il soprannome di
Scamardella, che probabilmente corrispondeva all’identità di
Scipione de Honofris – sono sotto gli occhi di tutti, tant’è vero che la popolosa Comunità del borgo marinaro locale ha confermato, ancora una volta, la sua innata generosità e laboriosità, dando vita ad una fattiva opera di sensibilizzazione delle preposte Istituzioni e ad una raccolta fondi nella Cittadinanza. Una campagna meritoria mossa grazie all’impegno della
Parrocchia Santa Maria ad Nives e della Diocesi di Rossano-Cariati, protesa alla tutela e alla valorizzazione di una tra le più importanti testimonianze di fede, devozione popolare e fervore religioso dell’intera Calabria. È quanto afferma
Gioacchino CAMPOLO, Capogruppo di Forza Italia in seno al Consiglio Comunale di Corigliano Calabro nonché Consigliere Provinciale, che in una Interrogazione presentata all’attenzione del Sindaco della Città, e per conoscenza al Presidente del Civico Consesso, ricostruisce la vicenda storica del dipinto e si sofferma sul restauro del medesimo. La sacra effige della Madonna nera di Schiavonea è avvolta da numerosi racconti e leggende, ma si punterà l’attenzione su ciò che nel 1884 Giuseppe Amato, dopo numerosi studi, ha raccontato nella sua opera letteraria “
Crono-Istoria di Corigliano Calabro”, che sembra la più attendibile e veritiera per far luce sulla immagine nascosta della Madonna, così cara alla Comunità di Schiavonea. Come molte storie e leggende – spiega il Consigliere CAMPOLO – il tutto inizia con il ritrovamento di un qualcosa ed anche questa inizia con il rinvenimento di un’antica pergamena fatta scrivere dal Duca Agostino Saluzzi per conservare la storia della costruzione della Chiesa “
…e che religiosamente era conservata fra le carte e i libri della Platea.” Secondo quando racconta l’Amato, il dipinto fu commissionato dal Duca Agostino Saluzzi dopo l’apparizione della Vergine ad un umile e piissimo pescatore conosciuto come Antonazzo o Antonaccio (ma pare che il suo vero nome fosse Antonio Ruffo) la notte del 23 agosto del 1648. E pare che la
Celeste Signora abbia chiesto la costruzione di una Chiesa in Suo onore. L’autore del dipinto fu un artista del luogo, tale Scamardella, il quale si affrettò a dipingere il quadro seguendo la minuziosa descrizione del giovane Antonazzo, che ne illustrò chiaramente la posizione delle braccia, il colore del trono ed i
colori dell’abito. La leggenda poi narra che un giorno “…:
il volto, il collo, le mani ed il piede destro che fuoriusciva dalla veste aveva cambiato colore dal Roseo-Carne al Bruno-Scuro...”, che il pittore prontamente ripassò. Poi, il 16 marzo del 1649, il Duca diede subito ordine di edificare una sontuosa chiesa “
…essendo così mirabilmente richiesta.”. I lavori di costruzione proseguirono per un po’ di tempo e furono arricchiti da preziosissimi marmi provenienti dalle cave più importanti della Penisola. Il Duca, però, non ancora contento di aver fatto sorgere un tempio così suntuoso, “
…pensò di arricchire il quadro della Signora di Antonazzo con farlo ricoprire tutto, di lamine d’argento, lasciando solo allo scoperto, a venerazione dei fedeli il Volto ed il Collo. Fè ricoprire la Sedia, su cui sta seduta la Vergine, di lamine di argento dorato, e pose sul capo di Lei una mezza corona stellata, di massiccio argento…” Orbene, alla luce di questi studi e ricerche, che testimoniano l’importanza del dipinto e che si tramandando di generazione in generazione nelle famiglie della Comunità di Schiavonea, si rende palesemente chiara la necessità di procedere rapidamente al restauro di siffatta opera d’arte. Ecco perché rivolgo formalmente al Sindaco della Città un accorato appello, certo di farmi interprete delle istanze in tal senso provenienti da larghi strati della popolazione. Poiché, allo stato attuale, mancano seimila euro per completare la somma utile per il finanziamento del restauro del dipinto della Madonna nera, chiedo che il Comune svolga appieno la propria parte, provvedendo a stanziare la suddetta somma. Tutto questo può liberamente avvenire anche senza alcun aggravio per le casse dell’Ente, vagliando fattibili ipotesi e proposte per le quali, sin da subito, lo scrivente dichiara la massima disponibilità, auspicando un confronto con l’Amministrazione Comunale per addivenire ad una soluzione condivisa. Così facendo, si porterebbe finalmente a nuova luce la tela della Madonna nera, favorendo e incentivando, oltre che l’autentica fede dei Cittadini, la promozione del territorio e del suo ingente patrimonio artistico-religioso.