In giorni in cui si parla di
trivelle nel mare Jonio, di anni in cui si discute di energia pulita, scorgendo il libro dei ricordi si arriva agli anni ’20, periodo in cui i cambiamenti geo-politici si alternavano a quelli culturali. A
Rossano in quegli anni si respirava aria di innovazione tecnologica e infrastrutturale affidata ad alcune mani imprenditoriali. Sono gli anni delle costruzioni di strade e vie di comunicazioni fondamentali, della teleferica che serviva da trasporto dalla montagna fino allo Scalo, anni di lavori per la canalizzazione del
torrente Celadi e del suo conseguente imbrigliamento, ma sono soprattutto gli anni in cui c’era fame di energia elettrica. Al 1925 risale una documentazione fotografica molto interessante che fa notare uno spaccato di imprenditoria alla ricerca di energia sfruttando la nostra più grande risorsa: l’acqua. Si tratta della
centrale idroelettrica lungo il
Trionto, il grande fiume che nasce dal cuore della
Sila e che trova spazio nel grande letto della vallata dell’
entroterra longobucchese, fino a sfociare nella porzione di mare Jonio che poi da qui prende il nome in
Capo Trionto. Questo impianto (
Sullacca) che prendeva il nome da alcune località che attraversava fu ingrandito successivamente all’acquisto da parte dei
fratelli Smurra, dai signori Via di Longobucco. Fu proprio
Tiberio Smurra conosciuto come “
colui che portò la luce a Rossano”, che realizzò la vera e propria centrale idroelettrica ampliando quella di località Sullacca con quella di Castellaccio sul Trionto e di Puntadura, due salti di fondamentale importanza per una centrale che portò Rossano ad essere una delle prime cittadine ad avere il servizio elettrico. Dai documenti fotografici di quegli anni ‘20 è emozionante vedere come sulla storica banchina di Sant’Angelo, luogo di attracco di bastimenti e piccole imbarcazioni di antica memoria, il camion con la dicitura “servizio illuminazione”, diventava oggetto di attrazione per una piccola folla che attorniava il mezzo, come fosse unico punto di interesse. Una bella esperienza che viene dal passato che potrebbe essere un interessante esempio di archeologia industriale per un territorio, quello ionico, che ha sete di riconoscimenti oltre che di molte altre cose; ma questa è un’altra storia. Nei mesi scorsi nella cittadina di Bivongi è stata riconsegnata al pubblico, come reperto storico industriale, l’antica centrale idroelettrica che insieme a quella di Rossano fu una delle prime per il rifornimento del servizio elettrico, di un grosso territorio. In tempi di disastri ambientali pensare all’energia pulita e dai costi bassi come risorsa delle centrali idroelettriche rappresenterebbe davvero una marcia in più. E luce fu... come disse qualcuno.