Dopo la tragedia, esplode la rabbia. Insorge Papasso e attacca MIT, Anas e Regione
Le dichiarazioni dell’ex sindaco di Cassano Jonio dopo la morte di Chiara Garofalo e Antonio Graziadio. «Accendete le luci al bivio degli Stombi. I cittadini pagano per un servizio che da mesi è spento»
SIBARI (CASSANO JONIO) – La morte di Chiara Garofalo e Antonio Graziadio, i due giovani di Cassano che hanno perso la vita la scorsa settimana nel tragico schianto lungo la SS 106 all’altezza del bivio degli Stombi (leggi qui la notizia), continua a scuotere una comunità intera. Un dolore che ha attraversato il territorio come una frattura profonda e che oggi si traduce in un grido di allarme e responsabilità istituzionale.
A riaccendere i riflettori – e le polemiche – è l’ex sindaco Gianni Papasso, che dopo aver atteso qualche giorno per evitare «strumentalizzazioni» decide di parlare apertamente e riaprire un caso che denuncia da anni. La sua presa di posizione è durissima, un atto d’accusa indirizzato alle istituzioni competenti e accompagnato da una serie di domande rimaste, secondo lui, senza risposta.
«Il momento di tacere è finito»
Papasso non usa giri di parole. «Ho lasciato trascorrere qualche giorno – spiega – per evitare che qualcuno potesse tacciarmi di strumentalizzazioni, davanti ad un evento che ha addolorato il cuore di tutti noi. Ma il momento di tacere, ora, è finito».
Ricorda la tragedia dello scorso agosto 2021, quando tre giovani – due dei quali cassanesi – persero la vita nello stesso tratto maledetto. Rammenta il dramma del giorno delle Palme del 2022, «quando due persone morirono nei pressi dello svincolo di Cassano e una terza rimase in gravissime condizioni». «Sono anni che mi batto per l’ammodernamento della 106 – ribadisce – e per la realizzazione di alcune rotatorie sul territorio di Sibari. Da sindaco sono intervenuto una miriade di volte, senza nemmeno ricevere risposta».
Papasso pubblica anche la copia di una lettera del 2022 inviata alle autorità competenti per chiedere nuovi interventi di sicurezza stradale. «Ho continuato a farlo anche successivamente – aggiunge – senza ricevere, come al solito, nessuna risposta».
«Anas, Regione e Ministero si passino una mano sulla coscienza»
Ora il tono cambia, si fa netto: «È arrivato il momento di dire: basta più morti! Chi di competenza deve intervenire». L’ex sindaco entra nel merito: «Non ci interessano più le passerelle di campagna elettorale, dove si prospettano rose e fiori e poi questo lembo di territorio viene abbandonato a se stesso. Non possiamo avere diritto nemmeno a una rotatoria?». E affonda: «Anas, Regione, Ministero delle Infrastrutture, si passino la mano sulla coscienza e realizzino ciò che i cittadini di Cassano, per il tramite del loro sindaco uscente, hanno per anni richiesto: le rotatorie sulla 106».
L’illuminazione spenta da mesi
Uno dei nodi più gravi sollevati da Papasso riguarda la mancata illuminazione del tratto stradale compreso tra il bivio degli Stombi, i Laghi e l’incrocio per Lattughelle. «Perché l’impianto d’illuminazione pubblica è spento da mesi?» domanda, evidenziando che proprio quell’area, buia e ad alta velocità, è tra le più pericolose dell’intera statale.
«Perché i cittadini continuano a pagare un canone – rincara – se da mesi quell’impianto, in un posto così importante, strategico e cruciale, deve rimanere spento?». E conclude con un appello diretto: «Si intervenga immediatamente. Anche l’illuminazione stradale è un deterrente contro gli incidenti». Le parole di Papasso raccolgono il sentimento diffuso di una comunità che da troppo tempo convive con lutti ricorrenti lungo la “strada della morte”. Il tratto tra Sibari e Cassano è tra i più critici della SS 106, storicamente segnato da deficit infrastrutturali, incroci a raso, scarsa illuminazione e traffico pesante.
La morte di Chiara e Antonio, brillanti giovani con una vita intera davanti, ha riaperto una ferita mai rimarginata. E ora chiama la politica – locale, regionale e nazionale – a una responsabilità non più rinviabile. Perché su quella strada non si può più morire nel silenzio. E la voce di Papasso, oggi, non è soltanto un atto politico ma il grido di dolore di un territorio intero che chiede sicurezza, interventi concreti e una risposta che non può più attendere.