Laghi deposita un’interrogazione su caccia al cinghiale e rischi causati dai Soa
Laghi chiede anzitutto quale sia il numero dei capi di cinghiale abbattuti complessivamente nell'ultimo triennio sul territorio regionale, e poi, a seguire, a chi sia affidato lo smaltimento dei Sottoprodotti di Origine Animale
CATANZARO - Se da un lato l'elevato numero di cinghiali in Calabria determina gravi danni alle attività agricole e rappresenta un rischio per la salute umana e animale, dall'altra si aggiungono rischi e danni che possono essere causati dai Soa (Sottoprodotti di Origine Animale) derivanti dall'attività venatoria. Per questo il Consigliere regionale Ferdinando Laghi ha depositato una interrogazione proprio in merito allo smaltimento dei sottoprodotti, derivati dalla caccia al cinghiale.
«Diverse le domande contenute nell'interrogazione - riporta la nota. Nello specifico, Laghi chiede anzitutto quale sia il numero dei capi di cinghiale abbattuti complessivamente nell'ultimo triennio sul territorio regionale, e poi, a seguire, a chi sia affidato lo smaltimento dei Soa e attraverso quali modalità; se siano stati adottati provvedimenti atti a garantire che tutte le operazioni relative allo smaltimento siano eseguite secondo la normativa vigente, onde evitare rischi di natura sanitaria e contaminazioni ambientali. Nell'interrogazione a risposta scritta, inoltre, Laghi chiede alla Giunta regionale se siano state individuate modalità e soggetti deputati al controllo di queste attività e se la regione Calabria abbia stipulato, direttamente o indirettamente, convenzioni con strutture autorizzate allo smaltimento dei Soa».
«La questione dello smaltimento dei sottoprodotti derivanti dalle attività venatorie sui cinghiali rappresenta un problema nel problema - dichiara il Consigliere Laghi - che rischia di aggiungere danno a danno, per l'impatto che i Soa, non correttamente smaltiti, hanno sull'ambiente e, conseguentemente, sulla salute pubblica, anche alla luce della peste suina (Psa) presente sul territorio regionale, che non può non annoverarsi tra i rischi più gravi».