Collegi in Calabria, Barbuto (M5S): «Calabresi divisi ancora una volta. Non è la denominazione del collegio che conta»
La Deputata: «Si continua a ragionare settorialmente, ma solo con un progetto unitario si potrebbe dare un impulso importante a tutta la Regione»
ROMA – «Sbaglia chi esulta e parla di occasioni uniche per il territorio della Sibaritide, sol perché il collegio prende il nome dal comune più popoloso e come mi è capitato di leggere in questi giorni, ma sbaglia anche chi, quale “novello Masaniello”, incita alla rivolta perché Crotone non avrebbe più collegio elettorale. Entrambe le cose lasciano non poco perplessi perché, sia pure in forma diversa, esprimono la stessa sconfortante certezza. L’unità dei calabresi è, purtroppo, ancora molto lontana».
Questo è quanto afferma la deputata del Movimento 5 Stelle Elisabetta Barbuto in merito alle polemiche sorte in seguito alla formazione dei nuovi collegi in Calabria.
«I nuovi collegi - afferma - in Calabria sono 5 e Crotone rientra nel n° 1, insieme a Corigliano Rossano e una vasta parte dell’alto Jonio. Il fatto che la circoscrizione potrà essere indicata, ai soli fini identificativi, con il nome di Corigliano-Rossano dipende dal fatto che quest’ultimo risulta essere il comune demograficamente più popoloso della stessa, ma ciò non significa che Crotone sarà in qualche modo privata delle sue prerogative o che non avrà la possibilità di esprimere i propri rappresentanti».
«Giusto per chiarire le idee, evidentemente un po' confuse – incalza la deputata pentastellata -, nell’ultima competizione elettorale del 2018 il territorio del collegio senatoriale che ha visto l’affermazione della senatrice crotonese Margherita Corrado era praticamente lo stesso di quello che attualmente sarà il nuovo collegio per la elezione degli uninominali camera».
«Dunque, non è la denominazione del collegio che conta – continua Barbuto -, ma poter esprimere, secondo il proprio credo politico, la preferenza per l’uno o per l’altro candidato dei vari schieramenti che sia di Crotone o di Corigliano o di un’altra località. Sarà, infatti, piuttosto determinante nella fluidità del panorama attuale, che i partiti sappiano scegliere persone valide, credibili e capaci di ricomporre, di unificare, di costruire per l’intero collegio che andranno a rappresentare e, quindi, per l’intera area jonica».
«Ricordiamo, infatti, che stiamo parlando di elezioni nazionali – aggiunge - e non di elezioni regionali, elezioni con le quali vengono designati i rappresentanti nazionali che dovranno dare impulso ad una politica di un intero paese cercando di indirizzarne la direzione verso principi di equità e di giustizia sociale ai quali non si possono sottrarre tutti i parlamentari del sud da qualunque parte dello stesso provengano. Elezioni per regimentare le quali ancora, peraltro, è in discussione la nuova legge elettorale».
«Ma si continua a ragionare settorialmente, per territori, senza comprendere che solo con un progetto unitario e con un’azione territoriale sinergica si potrebbe dare un impulso importante a tutta l’economia della regione ed al suo tenore di vita. Divide et impera, dicevano i romani. Noi continuiamo a dividerci da soli e quasi a dolerci dei successi o dei traguardi altrui. Significativo l’episodio di Catanzaro che è giunto a far ricorso al TAR di Roma pur di sottrarre a Crotone la sede della nuova sede della soprintendenza archeologica».
«I veri traditori della Calabria sono tutti coloro che ancora ragionano così. Ma c’è di peggio, se possibile. E cioè quelli che si permettono anche il lusso di additare gli altri come traditori con il solo scopo di acquisire consenso per agire (in buona fede o in male fede lo dirà la storia) come teste di ponte al solo fine di favorire la colonizzazione della Calabria da parte di un partito, quale la Lega, che l’ha sempre disprezzata rendendosi, peraltro, corresponsabile di scelte che l’hanno reiteratamente mortificata nel tempo. Timeo Danaos et dona ferentes diceva Laocoonte ai Troiani per convincerli a non portare il famoso cavallo dentro le mura della città. Sappiamo tutti come finì. Forse Dante, oggi, avrebbe veramente materia nuova per scrivere un’appendice al suo Inferno» conclude.