Parlare dei centri storici non è mai facile perché si rischia di cadere sempre in un eccesso, in quanto può diventare un luogo della memoria e quindi dell’idealizzazione, una ricerca a ritroso alla scoperta di valori di un tempo, di fronte ad una realtà mediocre e priva di contenuti. Oppure il luogo dove le contraddizioni di una falsa modernità, si danno appuntamento per formare una realtà ibrida e multiforme. Il
centro storico di Cariati, arroccato su una collina, completamente circondato da una cinta muraria, vive del presente e del passato con i suoi palazzi nobiliari, la cattedrale e, soprattutto, la sua storia, per nulla minore o secondaria. Del presente parlano la recente ristrutturazione urbanistica, la sua illuminazione, i suoi vicoli aggraziati e accoglienti, le stradine pulite, popolate di turisti d’estate e silenziose negli altri periodi dell’anno, le sue poche attività commerciali limitate al periodo estivo. Eppure fino agli inizi degli anni sessanta questo centro storico pullulava di vita, contava la presenza di una banca, della sede vescovile, di un seminario diocesano, del Comune con tutti i suoi uffici, della caserma dei carabinieri. Era qui che si svolgevano le principali festività civili e religiose che richiamavano numerose persone dai centri della Diocesi che si estendeva fin quasi a Crotone. Già la Diocesi che, privata di quasi tutto il suo territorio, oggi è accorpata a quella di Rossano. Oggi il centro storico conta poche centinaia di abitanti, rispetto alle migliaia di un tempo, perché molti lo hanno abbandonato, preferendo la marina e contribuendo così non poco al suo disordine edilizio. Ma per non rimanere prigionieri dei fasti del passato vogliamo parlare, oggi, con chi ha scelto di vivere nel centro storico perché qui non ha mai smarrito la sua dimensione. Anzi! E non si tratta solo di persone anziane legate alla tradizione, ma anche di professionisti e artigiani, che alla tradizione hanno saputo miscelare cultura e professionalità.
Cataldo Caruso, ottantacinquenne, meglio noto col soprannome di famiglia “
Cataviri i ra cuntent”, una vita di lavoro all’estero, è la persona che ha quasi il compito di custode di questo centro con la sua presenza continua e costante, all’ingresso del “Ponte”, la principale via d’accesso al centro storico. E’ lui che sembra concedere il visto d’accesso a tutti, locali e non. È lui la storia vivente del borgo, che fa le ore piccole d’estate, gioiosamente invaso dai turisti e che poi va a letto con le galline d’inverno. Non si può immaginare il borgo medioevale senza la presenza di Cataldo Caruso perché è un pezzo di storia, che speriamo ci venga conservato il più a lungo possibile. Ma non è solo in questo compito. Lo coadiuvano altri personaggi più giovani che, pur potendo andare altrove, con le loro professioni, hanno scelto il centro storico per viverci e farlo vivere; parliamo del
dottore Gesualdo Cocone, valente pediatra, e del pluripremiato artigiano
gelatiere Luigi Fortino, che si ritrovano, quasi quotidianamente, sul piccolo spiazzo della gelateria di quest’ultimo, trasformato in ceck point. E proprio in questo posto, come una volta nei vecchi crocicchi dei paesi, è possibile notare, per lunghi periodi dell’anno, gruppi di persone, giovani, che ascoltano, come se fossero favole, le storie locali dai nostri personaggi eletti a custodi, vere icone di un tempo che non ha fretta di correre per arrivare. Non mancano sul corso principale e nelle viuzze adiacenti, altri personaggi e altre storie, scampoli di vita e di attività che sostituiscono, ahimè, le grida gioiose di bambini che qui da tanto tempo non nascono più. Ma questa è un’altra storia.