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Laura Ferrara: "Ecco perché l'agenda sull'immigrazione di Juncker non è una vittoria"

2 minuti di lettura
di LAURA FERRARA* Una settimana impegnativa quella appena conclusasi a Strasburgo. Il dibattito più atteso ha riguardato l'Agenda sull'immigrazione che, come annunciato dallo stesso Juncker, dovrebbe basarsi su quattro pilastri: ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare, gestire e rendere sicure le frontiere esterne della Ue, proteggere i richiedenti asilo e creare una nuova politica della migrazione legale. In Italia non sono stati in pochi a cantar vittoria per la proposta che riguarda la ripartizione dei migranti in quote obbligatorie negli Stati membri, fortemente voluta, prima delle altre forze politiche, dal M5S. Tuttavia, il fronte della solidarietà e dell'equa ripartizione della responsabilità tra i 28 Stati Membri, previsto dall'art. 80 del TFUE, sembra assottigliarsi sempre di più, mentre cresce la riluttanza nell'accettare le quote obbligatorie. Emerge una sottile ipocrisia. Si é parlato di approccio olistico e dimensione europea, ma i maggiori sforzi vengono compiuti dagli Stati che per posizione geografica, sono direttamente interessati dai flussi, come l'Italia. Risuona forte l’eco dei no alle quote di Gran Bretagna, Francia, Polonia e altri Paesi dell’Est. Ai minuti di silenzio, convegni, interviste, incontri, vertici, che non hanno sortito significativi cambiamenti, così come al piano di Juncker, il Movimento 5 Stelle ha proposto azioni concrete: modificare immediatamente il regolamento di Dublino che obbliga il rifugiato politico (che abbiamo comunque il dovere di accogliere) a permanere nel primo Paese in cui arriva. Il Regolamento era stato avallato da Pdl e Lega nel 2003. I rifugiati che arrivano in Italia quasi mai vi vogliono rimanere. Va data loro la possibilità di scegliere il Paese europeo dove stabilirsi, in conformità del principio della libera circolazione delle persone nell'area Schengen. Istituire dei corridoi umanitari, offrendo soluzione legale ai richiedenti asilo che ne hanno diritto. Aprire delle agenzie dell'Unione europea per potenziare le ambasciate degli Stati membri nei Paesi nordafricani in modo che possa partire, in maniera sicura, solo chi ha bisogno di protezione internazionale. Inasprire le pene per i mercanti di uomini e considerare gli scafisti al pari degli omicidi con arresto immediato e requisizione dei mezzi di imbarco. Controllo e totale trasparenza sull’uso dei fondi destinati all'accoglienza: bisogna estirpare le organizzazioni criminali da questo sistema. Questo ci aspettavamo da un Consiglio che si rivela invece sordo e cieco di fronte all'immane tragedia che si sta consumando nei nostri mari e alla crisi umanitaria a cui l'Italia da sola non può far fronte. Grande enfasi è stata data all'operazione militare EUNAVFOR MED per smantellare il sistema della tratta di esseri umani, identificare e neutralizzare i barconi dei trafficanti prima che vengano utilizzati. Tutto questo senza una risoluzione dell'Onu e senza coinvolgere le autorità libiche che sono pronte a reagire in caso di violazione della loro sovranità nazionale. L’Europa ha un senso solo se porrà al centro della sua azione valori quali uguaglianza, rispetto, dignità, cooperazione e solidarietà. Questo affermavo a fine marzo, in occasione della presentazione del rapporto sui diritti fondamentali di cui sono relatrice, e questo ribadisco ancora oggi. Così come si presenta oggi, l'Europa, di fronte alla grande sfida che si ritrova ad affrontare, appare debole, un’istituzione aleatoria. Non dà alcuna continuità agli annunci ed alle proposte di buon senso per fronteggiare il fenomeno dei flussi migratori nel Mediterraneo. Il sistema di accoglienza italiano e le regioni come la Calabria, la Sicilia e Puglia, si ritroveranno ancora in prima linea a gestire flussi di uomini, donne e minori non accompagnati che fuggono dai loro paesi. *Portavoce Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo - membro commissione Libe e Juri  
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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