di MARTINA FORCINITI e SAMANTHA TARANTINO Il riso, tozzi di formaggio incellofanato. È il pacco alimentare per le emergenze. E i
403 migranti sbarcati lunedì scorso al Porto di Corigliano divorano quanto trovano. Tutto d’un fiato. Che poi
l’essere stremati dalla fame e dalla sete è forse una delle ipotesi più piacevoli per chi fugge da paesi in guerra su barconi di gomma in cui si trovano anche quelli che lascerebbero annegare i bambini, gli anziani o le loro stesse madri. È vero, chi arriva a toccare la battigia è tra i più “fortunati” fra quelli che vendendo tutto in terra natia guadagnano qualche centone per partire via mare. La maggior parte, invece, disgraziatamente annega durante il viaggio. Come è successo alle circa
700 vittime delle acque mediterranee nei tre naufragi di questi ultimi giorni. La comunità coriglianese ha aperto loro le porte, ha spalancato le braccia dell’abnegazione. Ma lo sforzo, a detta dell’amministrazione, è quasi insopportabile. «È un’emergenza che era e rimane molto al di sopra delle effettive possibilità di un qualsiasi ente locale». Lo dice il sindaco
Giuseppe Geraci ma a Corigliano lo pensano un po’ tutti, inconsciamente o meno. Intanto,
nel Palazzetto dello Sport in contrada Brillia, ci sono 30 dei 60 minori stranieri non accompagnati, gestiti dalla cooperativa “Strade nuove”.
Altri 30 sono ospitati a Santa Maria delle Grazie, a Rossano, grazie al coinvolgimento attivo dell’amministrazione, della Diocesi, della Caritas, di associazioni e cooperative. E già si mettono in atto le prime prove tecniche di integrazione, attraverso attività ricreative ed esperimenti di socializzazione. Sin dalle prime ore, si è attivato il tam-tam della solidarietà: occorrono indumenti e scarpe per giovani ragazzi, arrivati senza nulla, alla faccia di chi dice che snobbano cibo e abiti. Ma che ne sanno loro di cosa vuol dire viaggiare per giorni in mezzo al nulla, con le onde che sollevano tutto, anche i corpi. E stanno lì sommersi, come capita ormai troppo spesso, tra liquidi corporei e benzina in una miscela corrosiva che toglie il fiato e quella dignità rincorsa in miglia lontanissime. E ancora si sente parlare di razze, utilizzando epiteti inascoltabili per quanto anacronistici.
Emergenza su emergenza nella prima accoglienza dei profughi provenienti dal Ghana e dal centro Africa. Per non parlare delle condizioni sanitarie: nell’ultimo sbarco, infatti, focolai di varicella e probabili sette casi di scabbia allarmano e non poco. Don Pino Straface, portavoce della Caritas diocesana, fa trasparire la sua convinzione che
quest’anno si assisterà a una lunga sequela di sbarchi. Le città devono prepararsi al meglio per affrontare l’emergenza del secolo, magari unite da un unico piano di accoglienza e sostegno. Corigliano e Rossano, quest’ultima in procinto di avere una nuova amministrazione, si spera lungimirante e capace di affrontare questa gestione urgente. Corigliano, dal canto suo, fa sapere l’assessore alle politiche sociali
Marisa Chiurco, in queste ultime ore, riceverà un finanziamento di circa 607mila euro per la realizzazione degli interventi di accoglienza integrata in merito al progetto
del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar) per il biennio 2016-2017. Lo Sprar è l’unico sistema di accoglienza “non emergenziale” affidato con bando pubblico, controllato, monitorato e supportato costantemente dal Servizio Centrale, istituito dal Ministero dell’Interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. Al momento, sono trenta i richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria che saranno ospitati dal Comune. E la garanzia dei servizi spaziano dall’offerta alloggio alla distribuzione del vitto, senza dimenticare gli apporti della mediazione linguistico-culturale, dell’orientamento e accesso ai servizi del territorio, della formazione e riqualificazione professionale, lavorativa, abitativa e sociale.