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Storia, monumenti e curiosità su Calopezzati: un piccolo borgo che custodisce preziosi tesori

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CALOPEZZATI - Centro della Sila Greca, Calopezzati in provincia di Cosenza si colloca nell’entroterra, in un’area protetta, ai declivi della collina, a pochi chilometri dalla fascia costiera ionica cosentina a metà strada tra Rossano e Cariati individuata come Regione Agraria n. 17 - Colline Litoranee di Cariati.

Il suo toponimo ha radici greche e la maggior parte degli esperti sostiene che questo derivi dall’unione delle parole καλος (bello) e πίθος (vaso) ossia (bel vaso), così inteso, forse, perché anticamente nel sito di Calopezzati era nota la lavorazione artigianale dell’argilla, oppure da calòs e pitòs (orcio), ma non manca chi vorrebbe il toponimo dalla combinazione dei termini greci calòs (bello) e peza o pezos (punta o collina o pendice) o ancora kalòs, bello, e petsades, da petsàs ossia "lavoratori di cuoio".

    L’attuale centro storico si raggiunge percorrendo in auto la litoranea jonica Strada Statale 106 fino a Calopezzati Marina e successivamente al bivio immettendosi su via XXV aprile. Il territorio nel quale si colloca l’attuale borgo si trova a 217 metri sul livello del mare e si estende su una superficie di 22,30 kmq e una densità di 60,9 ab. per kmq. Confina con i comuni di Caloveto, Cropalati, Crosia, Pietrapaola, Rossano. La sua popolazione, secondo gli ultimi dati Istat è di 1.358 abitanti di cui 657 M e 701 F. I suoi abitanti si chiamano Calopezzatesi. Il santo patrono è Santa Maria Assunta e si festeggia il 15 agosto. 

Dubbie appaiono le sue origini e l’epoca alle quali si può risalire. Due sembrano i filoni di pensiero. Il primo con alcuni storici che la situano intorno al V-VI sec. relazionandola con l'arcaica città greca di Borea presente tra i fiumi Trionto e Nicà. Il secondo, con altri storici, invece, inclini per una sua fondazione, fatta risalire intorno alla prima metà dell'XI secolo, con la presenza di un borgo feudale sviluppatosi nella zona del monastero di San Nicola, alle pendici del colle, dove oggi sorge il paese fondato da monaci di rito greco provenienti dall’Asia Minore durante il momento più alto della propagazione bizantina nell’Italia Meridionale e da molti contadini profughi.

Il monastero diventò ben presto dimora di una comunità religiosa e punto di riferimento, sia per la vita sociale del luogo e sia per chi vi cercava un rifugio sicuro, allo scopo di difendersi dalle continue e ininterrotte incursioni, musulmane lungo la costa ionica, dando vita a gruppi sociali e organizzati che resero Calopezzati desiderata e protetta nel corso dell’epoca feudale. In seguito, il convento fu abbandonato passando sotto la pertinenza del Patirion di Rossano. Assicurazioni in tal senso ci giungono anche grazie al diploma di assegnazione dell’arcivescovo di Rossano a Paolo Mezzabarba, abate del Patirion, da parte di Clemente IV. Si tratterebbe del documento credo più vecchio relativo alla storia del centro ionico-silano dal quale è possibile trarre una maggiore comprensione circa i suoi albori. Venne così meno anche la possibilità di difesa. Così si pensò strategicamente di costruire una Rocca come garanzia di una maggiore sicurezza che ne determinò anche per certi versi la sua evoluzione urbanistica. A sottolinearne la presenza del fenomeno eremitico, di anacoreti dediti alla contemplazione e alle pratiche ascetiche, sono, inoltre, alcune rovine del monastero ancora presenti nel sito denominato Giardinello, dove nei pressi è stata scoperta una laura rocciosa ascrivibile al suddetto fenomeno che tra il VII e il IX secolo riguardò tutto il territorio intorno a Rossano.

Di notizie, concernenti gli insediamenti del V secolo a.C. nel territorio di Calopezzati, negli ultimi anni sono stati non pochi gli archeologi che se ne sono interessati visto il ritrovamento d’interessanti reperti archeologici del tipo laterizio, quali frammenti di vasi, di ceramiche, di tegole e anfore, comprovando se ce ne fosse ancora bisogno, come in tale sito, la lavorazione artigianale dell’argilla era di casa. Tra le fonti storiografiche più accreditate sull’argomento, desta molto interesse e suscita attenzione quanto riporta lo storico Mario Falanga, nella sua interessante monografia su Calopezzati edita da Ferrari, secondo il quale la presenza umana nel territorio di Calopezzati è testimoniata da recenti rinvenimenti di ossidiana e  “le fonti storico-letterarie registrano in tale area la presenza dei Brettii, popolazione anellenica di oscura origine, che si fa risalire agli inizi del IV secolo a.C.. Questi presentano una specificità etnica, modificata nel tempo dalle intense interazioni con gli elementi della civiltà culturale e materiale dei coloni greci e, in seguito, dei romani".

In relazione nel suo territorio sono da annoverare alcune fornaci nella località di Orecchiuta, o Bosco, provate dalla esistenza di addensati di argilla, cotta diverse volte, oltre che di arnesi per lavorarla.  Il sito, -continua il Falanga- secondo quanto riportato dall’archeologo A. Taliano Grasso dell’Università della Calabria, “individuato dopo breve esplorazione, nel 1976, è databile IV-III sec. a.C.”.

Non passano inosservati, inoltre, uno stanziamento brettio presente nella zona collinare di Boréa attivo già nei secoli VI-III a.C., come pure consistente e singolare risultano i prodotti di terracotta venuti fuori nel corso di ulteriori controlli negli anni ʼ90 oppure il ritrovamento di monete in bronzo risalenti al periodo di Thurii, di Crotone, di Corinto e dei Brettii, insieme a terrecotte e altri manufatti trattati a vernice nera e altri materiali ancora rinvenuti nei siti di Gadice, Prato, Carreira.

Secondo Vincenzo Condino nella sua monografia sui castelli in provincia di Cosenza, “La rocca, ad opera dei Normanni e successivamente ad opera degli Angioini, si trasformò in una vera e propria fortezza a pianta quadrangolare. Nel sec. XIII, gli Svevi, la migliorarono nell’architettura militare, nonché nella razionale topografia interna, abbellendola in ogni sua parte, tanto da trasformarla in lussuosa e prestigiosa dimora. Nacque così il castello di Calopezzati. Fra il 1500 e il 1700, lasciando inalterato lo stile svevo, i nobili Sambiase lo arricchirono ancora con decorazioni e opere aggiuntive varie. Furono create infatti, biblioteche, soffitti, camini, uno scalone d’onore, un ponte levatoio. […]  Da notizie storiche accertate si è a conoscenza della cronologia dei castellani che nei secoli ne furono proprietari. Fra i primi intestatari ci furono i membri della famiglia Caputo. Successivamente passò a Covella Ruffo, Contessa di Altomonte. Nel 1447 ne ebbero il possesso i nobili Sanseverino che lo tennero fino al 1570. A questi seguì la famiglia Spinelli di Tarsia, quindi i Mandatoriccio che acquistarono il castello nel 1598. Per diritto di successione, nel 1698, passò ai Sambiase, ultimi intestatari. Oggi, […] è proprietà privata della nobile famiglia Giannone”.

Nel 1799, durante il periodo della Repubblica Napoletana, Calopezzati viene introdotta nel Cantone di Cirò. Agli inizi del nuovo secolo, per la precisione nel 1807, per volere dei Francesi diventa Università nel Governo di Cariati, e successivamente, nel 1811, comune nella Giurisdizione di Cropalati, con annessa Crosia come frazione, sottrattale in seguito durante il ristabilito dominio dei Borbone, ordinamento che resta invariato anche a seguito del riordino amministrativo del 1816.

L’attuale assetto urbanistico risale, invece, agli inizi del XX secolo.

Circa il profilo monumentale, insieme ai ruderi delle mura medievali e al non più convento dei riformati, interessante è il suo castello risalente al 1300 e le Chiese di Santa Maria Assunta, del 1600-1700, di San Giacomo e dell’Addolorata, nella quale è presente la tomba dei Piccolomini d’Aragona e il sarcofago marmoreo dei Sambiase.

 

Bibliografia

Mario FALANGA, Calopezzati, territorio, società e istituzioni (X-XIX sec.), p. 11, Ferrari Editore, Rossano, 2010.

 

 Vincenzo CONDINO, I castelli della Provincia di Cosenza, Itinerari tra i paesaggi castellani, p. 42, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 1996.

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica