La cariatese Lina Siciliano debutta con il film “Una femmina” al 72esimo Festival del cinema di Berlino
Originaria di Cariati e cresciuta in una casa famiglia di Cosenza, Lina è stata il motore del film. Riconosciuta con intuito sicuro dal regista Francesco Costabile, nonostante quel provino fosse stato uno dei primi
CARIATI - È arrivata a Berlino per il 72esimo Festival internazionale del cinema insieme al compagno Fabio, che è le sempre accanto, ma ha lasciato a casa il figlio Luca, troppo piccolo per le rigide temperature tedesche. La ventiseienne Lina Siciliano, protagonista di “Una femmina”, è al suo esordio cinematografico e questa esperienza per lei non è stata solo cinema. Originaria di Cariati e cresciuta in una casa famiglia di Cosenza, Lina è stata il motore del film. Riconosciuta con intuito sicuro dal regista Francesco Costabile, nonostante quel provino fosse stato uno dei primi. Ma lo aveva capito subito: Rosa era esattamente lei, e così è stato.
Riportiamo di seguito un'intervista che Lina Siciliano ha rilasciato alla giornalista Isabella Marchiolo del Quotidiano del Sud.
Costabile l’ha scelta partendo dalla ricerca di un’attrice non professionista ma di una donna, che portasse sul set le proprie ferite e potesse connettersi spiritualmente con le donne vittime di famiglie di ‘ndrangheta. Cosa ha dato al personaggio di Rosa e cosa ne ha ricevuto?
«È stata soprattutto Rosa ad aiutare me, ha fatto uscire la parte migliore della mia personalità e mi ha guidata dal primo momento. Potrei dire che Lina e Rosa hanno camminato mano nella mano facendo insieme un percorso che mi ha lasciato emozioni fortissime. Abbiamo molto in comune, eravamo due predestinate: la vita aveva deciso per noi e ci aveva assegnato un posto nel mondo, e un destino, a cui noi ci siamo ribellate. Grazie a Rosa ho accettato le mie ferite, che mi sembravano così aperte e dolorose da non poter essere curate. So che alcune non guariranno mai del tutto, restano dentro per sempre. Ma grazie a questo personaggio ho imparato a non nasconderle, a esternarle senza averne paura, ad affrontarle».
Il film si ispira a vicende terribili e crudeli, quelle delle donne che hanno pagato con brutali violenze e con la morte la loro ribellione alle famiglie di ‘ndrangheta. Ha mai avuto paura di fare questa esperienza, di immergersi nella brutalità di quelle storie?
«Ho letto il libro di Lirio Abbate e sono stata colpita da quelle storie, ma ho deciso di non farmi condizionare per il personaggio di Rosa. Il film non trae ispirazione da un singolo fatto ma mette insieme tante donne. E anche io volevo comunicare questo, Rosa non è un’unica donna ma rappresenta un messaggio globale, è un urlo di ribellione che abbraccia tutte le donne che subiscono violenza nel mondo, sottomesse o private di libertà e dignità, e anche quelle che non sono biologicamente donne ma si sentono tali. Questo film è dedicato a loro».
La lavorazione del film ha incrociato il felice evento della nascita di suo figlio. Pensando alle connessioni con il rapporto tra Rosa e la madre scomparsa, ma anche al finale della storia, cosa ha cambiato in lei l’essere diventata madre??
«La considero un’altra affinità, il più importante punto di unione tra me e Rosa. Mi sono accorta di essere incinta alla vigilia dell’inizio delle riprese e Francesco ha voluto rinviare il film per aspettarmi. Ho partorito a dicembre, a maggio ero sul set con mio figlio Luca, che è stato il cardine della mia motivazione, il motivo più forte per gridare al mondo questo personaggio, incentrato sulla potenza della maternità. Come Rosa, ho fatto tutto per lui, mio figlio è il centro della mia vita e in questo film la reciproca appartenenza tra una madre e i suoi figli è la molla del cambiamento. È per i figli che vogliamo costruire un futuro migliore».
Una Calabria selvatica e amara, con le sue contraddizioni, è l’altra protagonista di “Una femmina”. Lei oggi ha lasciato Cosenza e vive a Napoli, riconosce i sentimenti di amore e odio dei personaggi del film verso questa terra?
«Credo che chi nasce qui non odi mai la sua terra, non sarebbe possibile. Nessuno meglio di noi sa quanta bellezza e cultura esista in Calabria, ma il problema è che l’immagine che esce fuori è sempre quella dell’abbandono, di ignoranza e miseria, soprattutto nei piccoli paesi. Il resto lo conoscono pochi ed è perché lo stato non è presente nel modo forte di cui la Calabria ha bisogno. La mancanza di cultura e in molti casi il disinteresse dello stato sono da sempre i motivi per cui la ‘ndrangheta continua ad esercitare il suo potere. Dove c’è cultura la ‘ndrangheta ha perso».
Lina Siciliano si prepara al suo primo red carpet al insieme al cast al completo, per la proiezione ufficiale di stasera del film, nella sezione Panorama del festival. E come capita sempre ai calabresi, ci sarà qualche compaesano tra addetti ai lavori, artisti e ospiti, oltre a una nutrita comitiva di supporter da Verbicaro, sede principale del set. «Me ne sono accorta sull’aereo – racconta l’attrice – ho riconosciuto il nostro dialetto». Quello che nel film è la lingua ancestrale di Rosa, calda di rabbia e passione.
(Fonte quotidiano del sud, foto la repubblica)