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Il Covid, la Calabria, il nuovo lockdown e quella lettera premonitrice di Jole Santelli

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C'è una lettera del 13 settembre scorso indirizzata al premier Giuseppe Conte e con la firma in calce del presidente Jole Santelli, che letta con il senno di poi, nella fase attuale, rappresenta l'esempio plastico di come purtroppo oggi la Calabria sia costretta a far fronte all'emergenza combattendo con il fatidico filo di spaghetto. Saremo in zona rossa, e dopo vi spiegherò anche cosa significherà per noi zona rossa, pur non avendo numeri spaventosi di contagio. Però quei "pochi" che ci sono fanno paura. Perché? Perché non abbiamo posti letti, non abbiamo terapie intensive, non siamo stati capaci di potenziare il nostro sistema di tracing. «La fase Covid (la prima fase, quella primaverile, ndr) - scriveva la compianta presidente della Regione Calabria, poco meno di due mesi fa - è stata gestita dalla Regione in assoluta sintonia con il Governo nazionale. Il nuovo piano sull’emergenza, invece, su richiesta dei commissari è stato predisposto dagli stessi senza alcun coinvolgimento della Regione, e varato dal Ministero competente. Il nuovo piano ribalta totalmente l’impostazione precedente e per quanto mi riguarda lo trovo di difficile attuazione». Ed è così che siamo senza letti, senza rianimazioni, senza nulla di nulla. E domani chiudiamo.  Lettera premonitrice, dettata - e lo diciamo senza timore di essere tacciati per partigiani - da una evidenza disarmante. Quest'estate, quando si poteva fare qualcosa, quando si doveva organizzare la rete di emergenza, si è preferito dare priorità ad altro. E oggi ne paghiamo le conseguenze. «Nella riunione con il commissario Arcuri e i ministri Speranza e Boccia - scriveva ancora la Santelli a Conte il 13 settembre scorso - Arcuri ha specificato che nelle Regioni in cui è presente il commissariamento ad acta la Regione non è soggetto attuatore. Non m’interessa essere soggetto attuatore di un piano che non condivido, ma è necessario che i calabresi sappiano che il Governo si sta assumendo tutta le responsabilità della gestione sanitaria del Covid in Calabria e che la Regione è stata totalmente esautorata». Parole rimaste inascoltate. Mentre oggi siamo nella selva oscura. Alle porte di un nuovo lockdown e - udite, udite - alle porte, anche, di una proroga, ancora più stringente del decreto Calabria, quello che ha piazzato commissari in ogni angolo della sanità calabrese. Lo chiamano lockdown soft, quello che si dovrebbe aprire da domani e che, insieme a Piemonte e Lombardia coinvolgerà anche la Calabria. Soft perché non chiuderanno le industrie. Ma quali industrie abbiamo in Calabria, se non quella del turismo e la piccola media impresa del commercio che sono già state messe in ginocchio e da domani dovranno abbassare definitivamente le saracinesche, in ogni caso? Qui non si tratta di essere negazionisti: in Calabria nessuno ignora il Covid e, ancora una volta, i calabresi sapranno dimostrarsi popolo disciplinato e attento. Faremo sacrifici? Li dovremo fare per forza. Ma questa volta i sorrisi non potranno essere ammiccanti tantomeno compiacenti verso chi sancirà la chiusura. Per due ordini di motivi: il primo perché bisognava pensare ad un lockdown realmente soft anche per la Calabria (non adeguato a quello delle grandi regioni che a potenziale economico ci surclassano 100 a 1), il secondo perché prima di pensare di chiudere la Calabria sarebbe stato opportuno un profondo esame di coscienza sulle responsabilità e gli errori commessi. E non veniteci a raccontare la storia della movida esagerata, dell'insofferenza e della riottosità alle regole. Noi calabresi, difronte al Covid, non siamo stati così. Eppure con 26 posti occupati in terapia intensiva su due milioni di abitanti ci chiudono, al pari della Lombardia che su 10 milioni di abitanti ha già in terapia intensiva 418 persone a fronte di una soglia critica di 500 posti. Marco Lefosse - Direttore de L'Eco dello Jonio    
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.