Sembra difficile da credere, ma nel 2016 la Calabria ha rallentato. Diciamolo con il linguaggio utilizzato dal rapporto di Bankitalia sull’economia regionale. «La crescita dell’attività economica si è attenuata. Gli indicatori disponibili segnalano in molti casi, un rallentamento rispetto al 2015. Quando l’andamento del Pil aveva beneficiato di alcuni fattori eccezionali. Quali l’annata particolarmente positiva del settore primario e l’afflusso di fondi pubblici connesso con la chiusura del ciclo di programmazione comunitaria 2007-2013». Dunque si torna indietro. E «i divari negativi rispetto ai livelli pre-crisi rimangono ampi». Secondo informazioni preliminari di fonte Prometeia, citato nel rapporto, il Pil del 2016 risultava ancora inferiore di circa 13 punti percentuali rispetto al 2007. Un dato «quasi doppio rispetto alla media nazionale (-7 per cento). Anche se in termini pro capite questa divergenza si riduce a seguito della diversa dinamica della popolazione».
LE IMPRESE
Un’occhiata all’attività industriale. «Nel 2016 nel complesso è rimasta stabile». E le «indicazioni più favorevoli provengono dalle imprese di maggiori dimensioni e da quelle esportatrici». Mentre «prosegue il calo del settore delle costruzioni». Cresce il comparto turistico, anche se il segno più si concentra nei mesi estivi. E «il commercio al dettaglio ha in parte beneficiato dei timidi segnali di recupero nei consumi delle famiglie». Un passaggio sul porto di Gioia Tauro, dove «il traffico di container è tornato a crescere, ma rimane lontano dai livelli pre-crisi». La redditività delle imprese diventano è aumentata, ma «le scelte di investimento risultano ancora improntate alla prudenza. E ciò si riflette in un aumento delle disponibilità liquide». È come se la crisi avesse paralizzato gli imprenditori e la loro voglia di rischiare. I prestiti alle imprese, invece, dopo un triennio di contrazione, «mostrano una lieve ripresa, più intensa per quelle di maggiori dimensioni. L’andamento riflette l’aumento della domanda di credito, a fronte di condizioni di offerta stabili dopo l’allentamento registrato nei due anni precedenti. L’onere dei debiti bancari si è ridotto, permanendo però su livelli elevati nel raffronto con il resto del Paese».
BANKITALIA: IL LAVORO VA GIÙ
È il mercato del lavoro a segnare più che mai il passo. «Nel corso del 2016 – si legge nel rapporto – si sono gradualmente esauriti i segnali di recupero che si erano registrati dalla metà del 2015». Una dinamica «connessa anche con la situazione del lavoro dipendente, che ha visto interrompersi la crescita delle posizioni a tempo indeterminato dopo la riduzione degli sgravi contributivi. È tornata a scendere la quota dei nuovi contratti stabili; anche l’incidenza di lavoratori a tempo parziale ha ripreso a crescere». Sono gli effetti post Jobsact, che muovono il dibattito politico nazionale. «Tra i disoccupati – scrivono i tecnici di Bankitalia –, due terzi si trovano in tale stato da più di dodici mesi; la durata dell’inoccupazione influisce negativamente sulla probabilità di trovare un impiego e sulle caratteristiche dei futuri lavori ottenuti. Nell’insieme, le deboli condizioni nel mercato del lavoro gravano in particolare sui giovani e le donne».
LE FAMIGLIE SPENDONO DI PIÙ
Dal 2015 il reddito e i consumi familiari sono tornati ad aumentare, dopo le forti contrazioni degli anni precedenti. Tra le principali voci di spesa, crescono ancora nel 2016 gli acquisti di beni durevoli, che di frequente erano stati rimandati durante la crisi. Si registra una ripresa anche per le transazioni di immobili residenziali. La percezione delle famiglie circa la propria situazione economica rimane comunque peggiore di quella media italiana; vi incide la maggiore quota di famiglie in condizioni di disagio economico. I prestiti erogati alle famiglie continuano a crescere, riflettendo in prevalenza la domanda di finanziamenti in espansione.
LA FINANZA PUBBLICA
«Negli ultimi anni – specifica il rapporto – la spesa corrente delle amministrazioni locali è cresciuta, nonostante le misure adottate per contenere il costo del personale». Tra i Comuni «rimane limitato il ricorso a forme associative, che potrebbero fornire un’offerta più ampia di servizi pubblici locali, riducendone nel contempo il costo attraverso il conseguimento di economie di scala e di scopo. Gli investimenti pubblici – segnalano i tecnici Giuseppe Albanese (coordinatore), Tonino Covelli e Iconio Garrì – sono tornati a calare nel 2016 dopo il picco registrato nella fase di chiusura del ciclo di programmazione comunitaria 2007-2013. La pressione fiscale locale sulle famiglie si è lievemente ridotta, a seguito della sostanziale abolizione della Tasi, ma si mantiene al di sopra della media delle Regioni a statuto ordinario. Al contrario, pochi comuni calabresi applicano l’imposta di soggiorno. È tornato a crescere il debito delle Amministrazioni locali, la cui incidenza sul Pil è superiore al resto del paese».
Fonte: Corriere della Calabria